dal manifesto
14 Marzo 2002 Allegre feste, idilli aziendali...e licenziamenti La nuova impresa, a partire dagli Usa, viene incontro a tutte le esigenze dei dipendenti che vivono l'intera giornata nel campus aziendale dal quale si ritirano solo per andare a dormire. Un'anticipazione da Le Monde Diplomatique, in edicola domani col manifesto IBRAHIM WARDE* Secondo le ultime statistiche dell'Oil (Organizzazione internazionale del lavoro) negli Stati uniti si lavora più a lungo che in ogni altro paese del mondo, fatta eccezione per la Corea del sud e la Repubblica ceca: nel 2000, gli statunitensi hanno trascorso in media 1979 ore sul posto di lavoro, cioè 36 ore in più che nel 1990. Una situazione in controtendenza rispetto a quello che succede in qualsiasi altro paese e che contraddice l'affermazione, su cui concordano eminenti sociologi, secondo la quale ricchezza e prosperità portano alla riduzione dell'orario di lavoro. Per Benjamin Hunnicutt, storico del lavoro e del tempo libero all'Università dello Iowa, "il lavoro è diventato una nuova ideologia, una nuova religione". Secondo l'economista Juliette Schor, bisogna lavorare sempre di più per compensare il calo continuo di potere d'acquisto e poter comprare tutti gli oggetti che diventa necessario possedere, sotto la pressione congiunta della pubblicità, delle convenzioni sociali e dell'emulazione dei propri simili. Questo superlavoro lascia poco spazio alla famiglia, al tempo libero, alla comunità di appartenenza o all'impegno civico. Ma questo vuoto viene ormai colmato dall'impresa stessa. Come ha fatto osservare la sociologa Arlie Hothschild, il luogo di lavoro, più conviviale e più caloroso del domicilio - non si tratta qui di fabbriche - per un numero crescente di lavoratori dipendenti, fa funzione di vera e propria "casa". Il nuovo approccio delle risorse umane, diffuso dai giganti della nuova economia (Microsoft, Oracle, Cisco, Apple, Amazon ecc.), quelli stessi che per le classi dirigenti globalizzate incarnano il progresso tecnologico e sociale, consiste nel venire incontro ai bisogni materiali, psicologici ed affettivi dei dipendenti. La sede sociale di queste imprese è un campus - il vocabolo suggerisce un nido idilliaco e conviviale e al tempo stesso un ambiente giovane e spigliato - che offre anche asili nido, palestre per la ginnastica, campi sportivi, bar, assistenza di terapisti, consultori per le persone in lutto (grief counselors), una tintoria, un ufficio postale, sale per la "pausa", con bevande e aspirine, e persino un servizio di "portineria" che si può occupare di ordinare dei fiori o di comprare dei biglietti di teatro. Insomma, l'obiettivo non è di permettere ai dipendenti - soprattutto quando si tratta di quadri dirigenti medi o superiori - di lavorare meno, ma al contrario di lavorare di più in migliori condizioni, poiché il benessere accresce la produttività. Queste gabbie dorate fanno sognare... Nelle classifiche delle "imprese dove si lavora bene", pubblicate con regolarità nella stampa economica, i datori di lavori maggiormente ricercati non sono più quelli che offrono i vantaggi tradizionali (buoni salari, vantaggi sociali, piani di carriera o garanzia di lavoro a vita), ma coloro che sono riusciti a creare "un'atmosfera gioiosa". Secondo un recente sondaggio della rivista Fortune, devono venire rispettati tre criteri: il senso della missione, una leadership che sia fonte di ispirazione e le risorse di un campus. Nota però Dave Arnott, professore di management alla Dallas Baptist University, che questi tre criteri corrispondono alle tre caratteristiche essenziali dei culti: devozione, capo carismatico e separazione della comunità dal mondo circostante. All'interno delle imprese preferite dai lavoratori qualificati, l'impegno ossessivo nel lavoro viene giustificato sia con l'idea di vivere una grande e bella avventura (costruire l'avvenire, cambiare il mondo) che attraverso un clima da guerra santa (contro i concorrenti, contro il governo, contro gli arcaismi) che ha favorito la competitività accanita degli anni `90. Le motivazioni di ordine finanziario arrivano solo in seconda battuta. Lo slogan di moda è "non si tratta di soldi, ma di avvenire". Ragione di più per sfiancarsi senza risparmio: difatti, l'arricchimento non dipende dallo stipendio, ma dalla crescita del valore delle stock options nel quadro di una "nuova economia" che sembrava sfidare le leggi della gravità. Questa devozione viene amplificata dal culto del capo. Il presupposto carisma (dal greco: dono della grazia) dei grandi dirigenti, come Steve Jobs (Apple), Bill Gates (Microsoft), Larry Ellison (Oracle), Jack Welch (General Electric) o Herb Kelleher (Southwest Airlines), è valso loro una cieca venerazione da parte dei dipendenti - e anche da parte del pubblico molto interessato alle loro opere, alle loro imprese, ai loro successi. La separazione della comunità dal mondo circostante interviene quando le società coccolano i dipendenti e offrono loro confort fisico e morale. I dipendenti non hanno quindi più nessun pretesto per lasciare il campus (salvo, forse, per andare a dormire) o per cercare contatti con il mondo esterno. (....) Come nei culti religiosi, l'indottrinamento permanente - seminari di formazione, ritiri, sedute plenarie - permette di instillare i valori della casa, di inculcare un discorso mobilitante e di addormentare lo spirito critico. Il credo dell'impresa (la sua missione, gli obiettivi) viene recitato come se fosse un catechismo. Gli inni e gli slogan - che abbondano di metafore sportive e marziali - vengono scanditi con entusiasmo. Perfino gli abiti che vengono indossati - sovente decorati con il logo della società - provano la devozione nei confronti del datore di lavoro.(....) Con lo scopo di mantenere in vita un clima di euforia permanente, la società Health Care and Retirement Corporation insiste sull'importanza degli abbracci (hugs) e impone ai dipendenti un seminario della durata di undici ore sull'argomento. Difatti, secondo Harley King, direttore delle risorse umane, "l'essere umano ha bisogno di otto-dieci abbracci al giorno - quattro come minimo". Nondimeno, due restrizioni vengono imposte per evitare i rischi di molestia sessuale: premunirsi di un permesso e non limitare gli abbracci alle persone più attraenti. L'era del superlavoro è stata accompagnata da una rivoluzione nella gestione delle risorse umane. La precarietà del posto e l'aumento del carico di lavoro sono stati accompagnati da un discorso sulla libertà e sulla realizzazione personale. Nel nuovo idioma si dice che i dipendenti che subiscono un calo del potere d'acquisto, intascano dei "redditi psichici". (....) Per esempio, nel settore del fast food, tutti o quasi hanno il titolo di manager. D'altronde, un'innovazione del gigante della distribuzione Wal-Mart ha fatto scuola: tutti i dipendenti, la maggior parte dei quali percepiscono il salario minimo, vengono chiamati "associati". E in un certo senso lo sono davvero, visto che il loro fondo pensione gli conferisce una parte - infinitesimale... - della proprietà della compagnia. Allo stesso modo, più l'autorità viene concentrata in poche mani, più si diffonde il concetto di "responsabilizzazione" (empowerment). (....) Grazie al boom di Internet, la frenesia del superlavoro ha toccato delle punte. Allora la gente lavorava a perdifiato - e contemporaneamente era contenta... In alcune start up, i più motivati erano orgogliosi di far sapere che dormivano in ufficio. Ma che importanza aveva allora dover lavorare sedici-diciotto ore al giorno, visto che veniva fatto in un ambiente ludico e festivo! Il divertimento era in effetti sempre a portata di mano: calcetti, palloni da basket, frisbees e altri giochi e giocattoli facevano parte dell'arredamento. L'allegria organizzata era di rigore e tutto era pretesto per "fare festa" - sempre tra colleghi: merende, aperitivi di addio, ubriacatura obbligatoria del venerdì sera. Il crollo dei valori tecnologici in Borsa e soprattutto l'inizio della recessione hanno messo fine a queste grandi avventure, ma non allo spirito che le animava. I licenziamenti di massa servono da pretesto per i "pink slip (lettera di licenziamento) parties", grandi feste destinate a mettere in contatto nuovi disoccupati e datori di lavoro, anche se questi ultimi di questi tempi sono sempre più rari. * Università di California, Berkeley.