Sulla pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi

Il clamore suscitato su stampa e TV dalla pubblicazione delle dichiarazioni dei redditi è immotivato.

Si grida alla violazione della privacy o, come accade dalle roboanti pagine di Beppe Grillo, al favoreggiamento del racket e dei sequestri.

Ma si tratta di argomenti fuori bersaglio, perché non è evidente se la situazione economica di una persona sia da considerarsi dato sensibile allo stesso titolo delle preferenze sessuali, dell'appartenenza religiosa o delle scelte politiche. I redditi infatti vanno dichiarati allo Stato, contrariamente agli altri dati, e sono richiesti da molti enti privati per l'erogazione di vari servizi (e.g. a una banca per l'accensione di un mutuo). Inoltre i mafiosi non hanno certo bisogno di leggere i redditi per sapere quanto pizzo chiedere né per pianificare un sequestro.

Al contrario, in una nazione in cui l'evasione fiscale è uno dei massimi problemi, il secondo dopo il monopolio televisivo, non si può che festeggiare come un atto di civiltà e di trasparenza la “messa in chiaro” dei redditi degli italiani.

Fra i due valori contrapposti della privacy e della trasparenza, in Italia è opportuno sacrificare la prima alla seconda, specie per quanto riguarda l'azione dei personaggi pubblici, spesso proni a pratiche discutibili e al confine con il malaffare. Ciò vale anche per il dibattito sulle intercettazioni, che dovrebbero essere largamente liberalizzate: in un paese in cui l'informazione è preda dell'autocensura e in cui sono frequentemente emanati “editti bulgari” di vario tipo (l'ultimo di Petruccioli contro Santoro) è un bene maggiore la diffusione di notizie che altrimenti verrebbero insabbiate che non la tutela della privacy dei Sottile, Mastella, Savoia di turno. Se una persona decide di avere una vita pubblica (cosa che nessuno la obbliga a fare) di fatto rinuncia alla privacy; d'altro canto non credo che a nessun impiegato possa dar fastidio se si viene a sapere che i suoi redditi annui netti ammontano a 18.000 euro.

Al contrario, che si venga a sapere che Beppe Grillo con il suo blog-azienda macina tre o quattro milioni di euro all'anno può dare molto fastidio all'appeal demagogico delle sue posizioni.

Misure come la pubblicazione dei redditi permettono alla società di capire meglio se stessa, di toccare con mano la propria vergognosa diseguaglianza: questa è la ragione per cui danno fastidio a cui comanda e sono gradite a chi tira la carretta. Quindi che ben vengano.

Tommaso Bruni
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