Dall'obiezione di coscienza all'omissione di assistenza
Olivia Fiorilli
[17 Luglio 2008]
 
 
Milano, ospedale Niguarda, 8 luglio.
Ad una giovane donna di origini ucraine in preda a forti dolori in seguito ad 
un aborto terapeutico, il medico anestesista di turno si rifiuta di 
somministrare antidolorofici. Si dichiara obiettore di coscienza, come 14 dei 
19 medici che operano nel reparto, come il 50,4 per cento degli anestesisti in 
Italia. Ma il marito della donna protesta. Interviene il primario del reparto, 
Maurizio Bini, che somministra morfina alla donna. Bini, insieme agli altri 
medici del reparto, chiederà al comitato di bioetica dell’ospedale di chiarire 
se in questo caso l’obiezione di coscienza sia stata lecita o meno.

Nel frattempo il caso viene sottoposto dal marito della donna alla Cgil 
Funzione Pubblica.
Secondo il sindacato si tratta di «omissione di atto dovuto per l’assistenza 
del paziente», di cui sarebbero responsabili sia il medico che l’ospedale. La 
Cgil chiede un’indagine nei confronti dell’anestesista e una presa di posizione 
da parte dell’ordine > dei medici. «Che l’ordine dei medici si pronunci sul 
tema dell’obiezione di coscienza che non può essere invocata in questo caso, 
perché alleviare il dolore è un preciso dovere dei medici». Il sindacato chiama 
in causa anche la Regione Lombardia – amministrata dall’anti-abortista 
Formigoni – perché emani un codice etico sulla 194. E minaccia proteste nel 
caso non vengano presi provvedimenti.

 Nel frattempo è passata sostanzialmente sotto silenzio la delibera approvata 
ieri dal Consiglio superiore della magistratura in merito ai fatti del 
Policlinico di Napoli risalenti al febbraio scorso. Le forze dell’ordine 
avevano fatto irruzione nell’ospedale, richiamati da una telefonata anonima che 
denunciava un caso di «feti-cidio» e avevano interrogato – con tanto di 
sequestro delle «prove», vale a dire la cartella clinica e il feto – una donna 
appena uscita dalla sala operatoria per un aborto terapeutico. Il Csm ha 
assolto, con un solo voto di scarto, il pubblico ministero che ha autorizzato 
l’intervento delle forze dell’ordine. «Quel che è certo è che il magistrato ha 
disposto accertamenti congrui ed opportuni rispetto alla situazione che gli era 
stata rappresentata», si legge nella delibera, che aggiunge che nessun rilievo 
è stato avanzato dalla donna interessata.

Ma il dibattito di questi giorni sull’aborto si sostanzia anche delle 
affermazioni del papa. Benedetto XVI è da poco giunto in Australia.

 In attesa del raduno di giovani fedeli previsto per domani, il pontefice si è 
sbizzarrito. Dai crimini nei confronti degli aborigeni all’ambiente, Ratzinger 
non ha mancato di tornare a battere sul tasto dell’aborto. «La creazione di Dio 
e’ unica ed e’ buona. Le preoccupazioni per la non violenza, lo sviluppo 
sostenibile, la giustizia e la pace, la cura del nostro ambiente sono di vitale 
importanza per l’umanità. Tutto ciò non può però essere compreso a prescindere 
da una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vita umana dal 
concepimento fino alla morte naturale, una dignità che è conferita da Dio 
stesso e perciò inviolabile», ammonisce il papa. Che poco dopo accosta il tema 
della violenza domestica contro donne e bambini a quello dell’aborto. «Come può 
essere che lo spazio umano più bello e sacro, il grembo materno, sia diventato 
> luogo di violenza indicibile?».

E’ infine di ieri la notizia della presa di posizione della consulta di 
bioetica sul tema dell’aborto e dell’identità di genere. L’occasione è stata la 
ratifica di un documento dell’Onu dedicato alle «persone con disabilità». In 
una postilla al testo firmata da alcuni membri del comitato si prendono le 
distanze dalle espressioni «reproductive health» e «gender».
La teoria del ‘gender’ sostiene l’irrilevanza antropologica della dimensione 
naturalistica della sessualità, in quanto articolata nella dicotomia 
maschio/femmina, la teoria della salute riproduttiva riconduce la richiesta e 
la pratica dell’aborto nel contesto del diritto alla salute come diritto umano 
fondamentale», si legge nelle motivazioni del Comitato.




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