Il dibattito sul tema ha evidenziato una profonda e sostanziale divergenza
nella gestione della piazza, tra chi accettava la rappresentazione in
periferia e chi intendeva mantenere il tragitto iniziale 
dell'attraversamento
del ponte d'Europa, verso la zona del summit.

Gli eventi di piazza determinatisi il giorno dopo evidenzieranno la
sostanziale inconsistenza ed inutilità fattuale di quel confronto. Ma di
questo accenneremo in seguito.

Nessuna sorpresa quindi se alcune espressioni più radicali del movimento
contro la guerra si siano agglutinate in altri luoghi e con altre modalità,
come il centro sociale "Molodoi", in rue du Ban del la Roche ed il campeggio
internazionale di Rue de Ganzau, nel quartiere di Neuhof, confinato a 7
chilometri dal centro storico. In questi luoghi altri i temi, altri gli
interlocutori e gli obiettivi in discussione.

Sorprende invece che alcune forze politiche, espressione nei vari paesi di
contenuti e lotte conseguenti contro il militarismo imperialista, continuino
a frequentare ambiti oramai rivelatisi asfittici ed inadeguati ad affrontare
le nuove sfide imposte all'umanità da un capitalismo in profonda crisi e per
questo particolarmente aggressivo.

Sabato 4 aprile . Alla periferia di Strasburgo

Inutile descrivere la dinamica concreta degli avvenimenti della giornata
clou del vertice e del contro vertice, degli scontri tra manifestanti e
forze dell'ordine ( sugli eventi stiamo preparando un video molto
circostanziato). Di questo hanno parlato abbondantemente le prezzolate
agenzie di regime, con infiniti fermo immagine sugli incendi e sui redivivi
e "feroci" black block.

La gestione della piazza da parte del sistema di controllo e di repressione
degli Stati interessati (Francia e Germania in primis) è stata quasi
impeccabile.

Dopo una intera giornata di scontri, un albergo di 8 piani dato
completamente alle fiamme insieme alle grandi strutture che contenevano gli
uffici frontalieri in prossimità del ponte d'Europa, i feriti e i fermati si
contavano sulle dita di poche mani.

Osservando all'opera i poliziotti franco/tedeschi abbiamo capito ancora di
più quanto sia l'odio che guida ed informa la mano dei "nostri", così come
egregiamente dimostrato a Genova nel 2001.

La manifestazione è stata incanalata dentro il recinto predefinito, 
all'estrema
periferia di Strasburgo, abitata eminentemente da lavoratori, immigrati,
precari, così come tante altre banlieue europee. Dalle case e dalle finestre
di questo spicchio di città poche bandiere della pace e ancor meno
espressioni di solidarietà e partecipazione al corteo. Alcune tensioni,
invece, tra giovani simil banlieusards e settori di corteo poco propensi ad
accettare una interlocuzione che possiamo eufemisticamente definire "rude".

Nei fatti i vari tessuti sociali di questa metropoli di oltre 450.000
abitanti - dal centro alla periferia - sono apparsi sostanzialmente
impermeabili alla mobilitazione contro la NATO.

Il diniego assoluto di attraversare il ponte d'Europa, così come era stato
concordato nei giorni precedenti, la divisione della città in zone off
limits e l'impressionante militarizzazione del territorio hanno evidenziato
nel contempo il fallimento della cosiddetta "democrazia occidentale" e la
sostanziale inutilità di contro /vertici che tentano in contemporanea di
imporre un altro punto di vista politico rispetto alle determinanti
prestabilite dai cosiddetti "grandi della terra".

In queste condizioni accettare la logica del recinto - come proposto da
alcuni leader del forum sociale - avrebbe significato divenire parte
integrante del meccanismo "democratico", funzionali alla sua legittimazione.

Ecco allora la legittima reazione all'impedimento fisico di un esercizio
elementare come quello di manifestare. Alcune migliaia di manifestanti hanno
ripetutamente - e legittimamente - tentato di forzare i blocchi della
polizia. Tra essi i più organizzati sono stati quelli che vengono
sbrigativamente definiti "black block", fenomeno giovanile ancora tutto da
indagare, ma che poco ha a che vedere con una espressione politica definita.
Moltissima tattica e mobilità para militare, nessuna idea oltre quella di
distruggere tutti i simboli della civiltà, dalle cabine telefoniche agli
alberghi.

Non siamo tra quelli che si stracciano le vesti di fronte ad incendi o
devastazioni. Di ben altra natura e pesantezza sono le "operazioni
chirurgiche " dei bombardieri della NATO sui villaggi afgani.

Il problema, come sempre, è politico, ed attiene alla capacità dei futuri
movimenti di rafforzare la propria presenza nel tessuto sociale delle
metropoli. Se e quando le banlieu diverranno un retroterra strategico della
lotta contro la guerra imperialista saremo in grado di risolvere anche la
"contraddizione" black block.

La lezione di Strasburgo deve servire per affinare la riflessione sui metodi
di azione nella nuova fase politica che abbiamo di fronte. Non è più tempo
di contro vertici, ma di radicamento delle idee forza antimilitariste ed
antimperialiste all'interno dell'impetuoso flusso di lotte che la crisi
capitalistica determinerà in tutto il continente europeo e ancora più in là.

a cura della Rete "Disarmiamoli"
www.disarmiamoli.org
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