Propongo questa come news. Modificatela dove credete. Ciao a
La nascita di un <a href="http://punto-informatico.it/p.asp?i=46023">sindacato di hacker</a> porta alla luce molte
contraddizioni che si nascondo dietro termini come "pirateria" o
"sicurezza". Sta nascendo infatti un'associazione che protegga chi
dimostra l'insicurezza dei sistemi e programmi informatici: costoro,
e si tratta spesso di adolescenti o di ricercatori, contribuiscono
al miglioramento del software, ma rischiano <a href="http://punto-informatico.it/p.asp?i=38988">sanzioni penali</a> perche'
cosi' infrangono leggi come il Digital Millennium Copyright Act o
l'EUCD, il suo cugino europeo.
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Il ruolo della pirateria informatica (come di altri tipi di pirateria)
e' spesso demonizzata, ma rimane uno dei motori principali
dell'innovazione, anche per chi poi spende miliardi per reprimerla,
come la Microsoft. Ma a ben vedere, il legame tra innovazione e
devianza ha radici ben piu' profonde: esistono intere scuole
filosofico-politiche che vedono nell'innovazione la <a href="http://www.e-laser.org/articoli/blues21.htm">risposta</a> sul piano
del controllo politico al conflitto sociale (e viceversa, come aggiungerebbe
Michel Foucault, autore di "Sorvegliare e punire"). E forse
occorrerebbe tornare addirittura alla dialettica di Hegel, e qui non
abbiamo spazio.
Resta il paradosso: i pirati informatici oggi rischiano
decenni di carcere, ma appena fuori dalla cella le societa'
informatiche se li <a href="http://www.netonline.it/novita-artcoli/nov10.asp">contendono</a> a suon di miliardi. Si tratta di ribelli
o di servi del potere?
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La stessa cosa, pero', vale sulla sponda opposta alla pirateria: la
sicurezza. Ogni amministratore di sistema sa che la protezione dagli
intrusi e' oggi il principale obiettivo del proprio lavoro. E' un
lavoro meritorio, nel momento in cui cio' impedisce il traffico di dati
personali (pensiamo al sistema informatico del ministero della
sanita'). Tuttavia, l'ossessione per la sicurezza
ormai si e' diffusa anche tra chi non ha dati sensibili da
proteggere, come le universita'. Il fatto e' che i nodi poco sicuri
della rete vengono utilizzati per attaccare altri nodi, piu'
attraenti, e possono essere accusati di favoreggiamento del crimine informatico.
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Per questo meccanismo tutto politico (dimostrare l'innocenza sarebbe
spesso facilissimo),
ogni sistema informatico deve dotarsi di un apparato di sicurezza
efficace. Insomma, tutti gli amministratori di sistema del mondo, in
realta', sono al lavoro per proteggere i pochi server sulla rete che
davvero contengono dati rilevanti (banche, siti militari,
amministrazioni). Si tratta
di un'enorme mole di lavoro non pagata da chi ne beneficia, che
sfugge ad ogni sindacato. Torna il dubbio: proteggere il proprio computer e' un diritto
o un tributo all'Impero?
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Nell'ambito del free software, tuttavia, tale contraddizione e'
superata: chi "buca" un programma protetto da <a href="http://www.velociraptus.com/haiti/linux/linuxsubj.html">GPL</a> fa un lavoro utile
alla comunita', in termini di innovazione. Viene incoraggiato dala
comunita', senza che un'impresa possa appropriarsi dell'innovazione.
Anche la pirateria, se "libera", riacquista un
suo ruolo nobile. Un sistema di file-sharing come <a href="http://freenet.sourceforge.net/">FreeNet</a>, ad esempio,
garantisce lo scambio anonimo di dati: chi vuol fregare Sony per
scambiarsi canzoni puo' farlo al riparo dalla polizia, ma se un
programma contiene <a
href="http://www.osmica.it/cantina/macka_na_web/vario/cosa_e_lo_spyware.asp">spyware</a>
o altre porcherie, chiunque puo' accorgersene esaminando i
file sorgente. Lo strumento per riconoscere il ruolo positivo del
pirata, forse, esiste gia'.
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