> Spazio sociale studentesco ci ascolta? E' in lista? Qualcuno li conosce? 
> Zimoneeee?
> Bella la lettera al manifesto di oggi (l'ho linkata su laser)! Perche' 
> non la mettiamo integralmente? Perche' non ci aiutate dentro laser?
> Sector urge! una Gpl sul vivente urge!!!
> 
> Un laseriolo come tanti (eh si', stiamo aumentando :))
> 

Certo che ci sono.
L'appello ha un obiettivo esplicito ed esplicitato anche agli Sps (nella loro ml), che 
è quello di provare a organizzare un corteo di studenti universitari, dottorandi, 
ricercatori precari il prima possibile. Tipo il 6 dicembre durante la 
megamanifestazione contro la finanziaria, semmai partendo da sotto il MIUR.
Mah?!, noi stiamo lavorando in questa direzione, ma non sarà semplice o lineare. Per 
ora c'è sta lettera e poco più, manco tanto bella perchè fatta in fretta e furia (ve 
la metto in coda al messaggio, senza tagli).
Vediamo che accadrà...

Per quanto riguarda Sector, Gpl, Laser-community: io lurko sempre. Raramente ho 
qualcosa da aggiungere alle discussioni, spesso ho poco tempo. Come molti in lista, ci 
sono ma non ci sono. I'm sorry, appena si può, si fa.

ci sentiamo
v'abbraccio

simone

L'appello per una scienza pubblica, libera e non precaria pubblicata sul Manifesto del 
13-11 poneva all'ordine del giorno questioni centrali inerenti alle politiche di 
ricerca, alle condizioni del lavoro e alla circolazione dei saperi nell'Università 
italiana.
Condividiamo completamente quel testo, e con la riflessione che segue vogliamo 
proporre l’inizio di un percorso per chi, all’interno di Università ed Enti di ricerca 
(ma non solo), ritiene che formazione ricerca e sapere diffuso siano le risorse 
principali per far uscire l’economia italiana dal pantano in cui si ritrova, ed è 
convinta che ciò sia possibile solo attraverso la valorizzazione dei lavoratori che di 
queste conoscenze sono portatori.

La comune precarietà
Esiste un'oggettiva affinità di condizioni tra la precarietà denunciata dagli aderenti 
al Comitato nazionale ricercatori “senza presa di servizio” e quella vissuta dagli 
studenti all'università e sul posto di lavoro; sono condizioni determinate da 
decisioni calate dall’alto, scelte che hanno agito sul sistema universitario e sulla 
ricerca in due forme: ridimensionamento del ruolo della formazione e della ricerca nel 
sistema paese (attraverso continui tagli alla spesa pubblica), riorganizzazione (o 
“riforma” che dir si voglia) di Università ed enti di ricerca con una logica intrisa 
fino al midollo di cultura aziendale.
Per gli studenti questo ha significato un forte disagio dovuto ad un impoverimento 
della qualità della formazione e dei servizi, e una marcata crisi dell’istituto del 
diritto allo studio. A ciò si sommi il dato, ormai evidente, della stragrande 
maggioranza degli universitari che per mantenersi gli studi deve lavorare, 
generalmente in condizioni di precarietà contrattuale ora peggiorate dall’entrata in 
vigore della Legge 30.
Ad un disagio e ad una precarietà vissuta oggi, quotidianamente, si aggiunge poi la 
consapevolezza di un losco scenario futuro determinato o da anni di precarietà, o dal 
cercar fortuna all’estero.

Crisi economica e R&S
Riflettendo sulla ormai strutturale crisi economica in cui versa questo paese (e in 
particolare per la grande industria vedere le acute analisi di Gallino) constatiamo il 
grande scarto fra discorsi, documenti bilaterali o articoli delle pagine economiche 
dei giornali i quali danno centralità al ruolo della conoscenza per il rilancio 
dell’economia, e le politiche industriali che proseguono invece nella direzione 
opposta (precarizzazione del lavoro, riduzione del costo del lavoro, zero 
investimenti).
La contraddizione fra retorica e pratica è generale e attraversa il settore privato 
quanto quello pubblico. Lo vediamo nell’industria dove non si investono che briciole 
nei centri di ricerca (privati o pubblici che siano), così come nella formazione 
continua dei lavoratori,  impedendo quindi qualsiasi possibile innovazione di processo 
o prodotto; analogamente lo segnalano i ricercatori del CoNRi-Sps, affermando che 
“dalla precarietà dei ricercatori scaturisce automaticamente un assetto precario della 
ricerca”, cioè impossibilità di organizzare e realizzare progetti a medio-lungo 
termine, difficoltà nel mantenere relazioni durature in progetti di ricerca 
transnazionali. Si raggiunge il grottesco con l’istituzione, improvvisa e anch’essa 
piovuta dall’alto dell’IIT, giustamente definito MIT dei poveri.
E così, dietro all’ipocrita velo retorico della R&S, si cela invece il tentativo di 
far scomparire dalla scena decisionale (e decisiva) chi la ricerca e lo sviluppo la fa 
o la utilizza per produrre.

L’Europa e noi
Immaginiamo uno spazio europeo della formazione e della ricerca pubblica dove 
investire sulla centralità della conoscenza equivalga a migliorare le condizioni di 
chi lavora e studia, di chi il sapere lo produce e lo fa circolare. Immaginiamo una 
ricerca che sempre più vada incontro alle esigenze dell’interesse pubblico e spezzi il 
legame con la cultura aziendalistica che la sta permeando. Crediamo che di fronte 
all’egemonica potenza degli USA nel campo dell’alta tecnologia, della ricerca di base 
e del transfert tecnologico occorra rispondere non con un’analoga logica di 
concentramento monopolista dei brevetti in mani di imprese europee, ma attraverso la 
sperimentazione e la generalizzazione di saperi e invenzioni copyleft, riaprendo le 
enclusore e ribadendo la natura sociale della conoscenza.

Tessere la rete del sapere sociale
Oggi pensiamo agli studenti che in questi anni hanno manifestato contro le varie 
“riforme” o che hanno sperimentato forme di corsi autogestiti col riconoscimento dei 
crediti, pensiamo ai dottorandi, ai “senza presa di servizio”, agli assegnisti, a chi 
s’è opposto ai commissariamenti degli enti di ricerca, a chi lotta contro il copyright.
Pensiamo, come studenti e insieme ai “senza presa di servizio”, che occorrano nuovi 
meccanismi di autogoverno nella ricerca, o molto più semplicemente: maggior democrazia.
Per questo riteniamo che il primo passo necessario sia quello di organizzarsi e 
tentare di coagulare intorno a queste domande tutti i soggetti che ne sono naturali 
portatori, ben consapevoli che si tratta di una rivendicazione dal carattere generale.
Riteniamo che non sia tardi per dare un segnale forte nel paese esprimendo una forza 
sociale che vada in controtendenza rispetto ai processi in atto.
Diamoci subito da fare.

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