Donna Haraway Un pensiero sulla scienza di Tiziana Tobaldi
A conclusione del corso "Pensieri in libertà sulla scienza", tenuto da Agnese Seranis, Liliana Moro e Sara Sesti, quest'ultima ci ha prospettato alcune questioni sulla direzione verso cui attualmente sta tendendo la scienza, con particolare attenzione alla posizione delle donne sia come ricercatrici e "creatrici" di scienza, sia come utenti. A questo proposito mi sembra utile esporre una brevissima sintesi del pensiero di Donna Haraway*, anche come centro delle elaborazioni teoriche e delle pratiche della corrente "cyberfemminista". Le sue analisi e proposte, per la loro eterodossia, sono senz'altro stimolo all'apertura di un dibattito improrogabile, anche alla luce della partecipazione delle donne alla guerra in corso, sul campo di battaglia e no. Per Haraway la collocazione storica delle donne negli ambiti della casa, del mercato, del lavoro, dello stato e delle istituzioni, nelle società ad industrializzazione avanzata, è stata ampiamente superata dalle evoluzioni della scienza e della tecnologia rendendo così obsolete anche le relazioni sociali conseguenti. La struttura delle società occidentali è fondata su tutta una serie di dualismi - sé/altro, mente/corpo, cultura/natura, maschio/femmina, civilizzato/primitivo, artefice/prodotto - costituite da un elemento dominatore ed uno dominato, da superare in quanto funzionali al dominatore che è tale solo perché specchio del dominato. Il modello più interessante del nuovo rapporto conseguente a tale superamento è, per Haraway, quello uomo/macchina, dove i ruoli di soggetto ed oggetto non sono più distinguibili. E' necessario avere una nuova visione del reale nella quale le macchine non ci dominano ma noi siamo queste in quanto responsabili dei loro confini, e nella quale si intensifica il legame umano con gli strumenti tecnologici: il limite dei nostri corpi non deve necessariamente coincidere con la nostra pelle. Il paradigma del superamento della dualità è, per Haraway, il CYBORG. La metafora del CYBORG, nell'ottica di genere, sta a significare una donna altamente tecnologizzata, capace di manovrare qualunque strumento al proprio servizio. Peraltro attraverso gli sviluppi della biologia (le tecniche di riproduzione assistita) e nella pratica quotidiana (il lavoro domestico che tutte ormai svolgiamo con l'aiuto di macchine) siamo già al cyborg e, sotto il profilo filosofico ed ermeneutico, non c'è alcuna separazione fondamentale ontologica nella nostra conoscenza formale di una macchina e di un organismo. Le donne, pertanto, devono assumersi la responsabilità di relazionarsi in prima persona con la scienza, rifiutando la metafisica antiscientifica e la demonizzazione della tecnologia perché questa offre: · il miglioramento del vissuto quotidiano; · gli strumenti per stravolgere le strutture di dominio esistenti; · il superamento dei dualismi nei quali ci hanno costrette, come donne, ad interpretare il reale; · la possibilità, per le diverse marginalità sociali, di affermare la pluralità dell'esistente attraverso la pluralità dell'espressione.
Lo sviluppo esponenziale dell'alta tecnologia e la sua presenza sempre più diffusa e determinante nelle strutture della società occidentale attuale ha portato alla crisi dell'immagine monolitica del soggetto detentore del potere (uomo, eterosessuale, borghese, bianco). In questa frammentazione delle prospettive le donne devono senz'altro conquistare, mantenere ed ampliare (a seconda della loro specifica collocazione individuale e collettiva) il loro spazio di conoscenza ed uso di tecnologia come strumento di liberazione. Dalle teorie di Haraway si è poi sviluppata, anche in Italia, la posizione cyberfemminista sull'uso delle biotecnologie, in essa considerate importanti modificazioni del reale che portano alla distruzione dell'obbligatorietà storica del naturale, in particolare della categoria "donna". Il desiderio di maternità non è individualmente concepito dalle donne, ma è indotto dall'attuale società occidentale dove ogni nuovo nato è un potenziale nuovo consumatore. Poiché la struttura sociale attuale è basata sulla famiglia biologica mononucleare (solo per l'Italia v. il nuovo Libro Bianco sul Welfare, proposte per una società dinamica e solidale, edito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Roma, 2003), le escluse dall'uso delle biotecnologie sono le donne sole, anziane, lesbiche, categorie escluse anche da qualsiasi ruolo di potere.
Una parte della cultura femminista attualmente avversa le pratiche di riproduzione assistita in quanto: · espropriazione dell'unico potere vissuto come esclusivamente femminile, che è quello della riproduzione; · tali tecnologie applicate sul corpo femminile ne condurrebbero la reificazione; · sono viste come artificializzazione e forzatura di un processo tutto naturale. Ma per le cyberfemministe: · per una corrente del movimento femminista la procreazione è da sempre considerata come il principio della dipendenza dall'uomo; · con queste tecniche ci si sottrae alla perpetuazione, attraverso la maternità, delle strutture socio-economiche attuali; · le donne si svincolano da un ruolo storico di genere che ha strutturato la loro stessa identità nel corso dei secoli, sciogliendo il binomio finora indissolubile donna/madre. Gli argomenti esposti sono senz'altro complessi e quanto mai attuali. Senza dubbio, in quanto donne coscienti, vigilanti e critiche, non possiamo più sottrarci al confronto con la scienza e la tecnologia, consapevoli della strutturazione che queste impongono alla vita di noi tutte ed alla società in cui viviamo.
* E' nata in Colorado da una famiglia cattolica di origine irlandese. Si laurea in biologia e dopo la seconda guerra mondiale, rendendosi conto dei risvolti politici della militarizzazione della scienza, inizia ad impegnarsi attivamente per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam. Tiene il suo primo corso su donne e scienza nel 1971 all'Università di Honolulu. Si trasferisce all'Università di Baltimora ed entra in un gruppo femminista socialista cominciando a sviluppare il suo pensiero antirazzista, non sessista e critico delle applicazioni di elettronica, chimica e biologia dell'industria bellica. Pubblica il suo primo libro (Cristal, Fabrics and Fields: Metaphors of Organicism in Twentieth-Century Developmental Biology, Yale University Press, New Haven, 1976) sulla biologia evolutiva e successivamente scrive Primate Visions: Gender, Race and Nature in the World of Modern Science, Routledge, New York and London, 1989, sui vari aspetti della primatologia. Nel 1980 si trasferisce all'Università della California a Santa Cruz per insegnare teoria femminista ed inizia a lavorare sul cyborg e, come da lei stessa indicato, "su altre ibridizzazioni e fusioni tra l'organico, l'umano ed il tecnico, e il modo in cui il materiale, il letterale e il tropico implodono." Il frutto dei suoi studi è pubblicato in una raccolta di scritti intitolata: Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, Routledge, New York 1991. Più recentemente ha pubblicato Modest _ Witness @ Second Millennium. FemaleMan© Meets OncoMouseT Routledge, New York and London, 1995, sulla critica femminista della scienza. Attualmente insegna teoria femminista, studi femministi e cultura e storia della scienza e della tecnologia nel dipartimento di Storia della Coscienza all'Università della California a Santa Cruz.
BIBLIOGRAFIA IN ITALIANO
Donna Haraway, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano, 1995 Donna Haraway, Testimone - modesta @ femaleman - incontra - Oncotopo. Femminismo e tecnoscienza, Feltrinelli, Milano, 2000 Rosi Braidotti, Soggetto nomade. Femminismo e crisi della modernità, Donzelli, 1995 Rosi Braidotti, Madri, mostri e macchine, Manifestolibri, Roma, 1996 Rivista Decoder, Shake Edizioni Underground, Milano, Hhttp://www.decoder.it Faludi Susan, Contrattacco. La guerra non dichiarata contro le donne, Baldini e Castoldi, 1992 Pat Cadigan, Mindplayers, Shake Edizioni Underground, Milano Pat Cadigan, Sintetizzatori umani, Shake Edizioni Underground, Milano, 1998 Pat Cadigan, Folli, Shake Edizioni Underground, Milano, 2000
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