-------- Messaggio Originale --------
Oggetto: [RK] Sugli strumenti dell'intelligenza diffusa
Data: Fri, 12 Mar 2004 12:09:00 +0100
Da: rattus norvegicus <[EMAIL PROTECTED]>
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A: [EMAIL PROTECTED]




Dopo la diffusione del software libero, abbiamo assistito a una varietà di ipotesi di "estensione" delle modalita' di funzionamento del sistema legale ideato da Stallman (GPL).
Credo che pero' non si sia riflettuto a sufficienza sulla domanda essenziale: "Perche' ha funzionato ?".
Si potrebbero certamente analizzare le contrapposizioni tra Stallman e Raymond, il ruolo di Torvalds, i diversi modelli di sviluppo. Ma la risposta piu' ovvia, a mio modo di vedere, e' che GNU/Linux ha funzionato soprattutto perche' il sistema di verifica "pubblico" online del codice e' straordinariamente potente.
Traduzione: i programmatori di tutto il mondo attraverso il software libero possono discutere, collaborare, ma soprattutto verificare gli obiettivi all'interno di una cornice definita. In ultima analisi che un programma "giri" (e che giri nel migliore dei modi), puo' essere verificato direttamente dagli interessati. Il debugging sulla rete e' collettivo e immediato.
Naturalmente a nessuno sfugge la tautologia: l'informatica funziona bene quando parla di informatica, quando opera informaticamente. Internet cresce dentro Internet, si inanella su se' stessa. Si potrebbe dire che l'Internet e' stata, per l'informatica, una sorta di laboratorio a cielo aperto.


Ugualmente mi pare si possa trarre una lezione da questo discorso: l'intelligenza diffusa riesce a condividere le sue risorse in modo produttivo quando ha chiaro cosa intende fare, perche' vuole farlo e in che modo pensa di farlo. Il concetto di "automatismo antagonista", sebbene bruttarello, meriterebbe a sua volta una riflessione attenta. Aiuta a definire quelle circostanze in cui l'enorme potenziale delle risorse intelligenti riesce a convergere produttivamente su un obiettivo.

E' quindi sensato chiedersi quali altre idee hanno tentato di realizzare progetti basati sulla collaborazione libera online e con quali risultati.
Discorso troppo ampio, se affrontato appena seriamente. Qui suggerisco solo qualche esempio che potrebbe rivelarsi utile. Tempo fa mi sono occupato di Bookcrossing. A mio giudizio il bookcrossing e' un sistema agile, intuitivo, intelligente. E' un tentativo, non certo l'unico, di cavare fuori la collaborazione online dalla tautologia informatica e di implicare e coinvolgere rete e territorio. L'elemento di maggior rilievo, in esperienze come quella del bookcrossing, e' costituito dal ruolo nuovo che la rete finisce con lo svolgervi. Attraverso il sito si dispiega un'azione allo stesso tempo centripeta e centrifuga che orienta i comportamenti sociali.


Proprio in questi giorni una direttiva della comunita' europea ha messo pesantemente in discussione il principio di gratuita' del prestito librario pubblico. Sul piano del diritto quella direttiva rischia di introdurre un principio devastante: quello che il libro, una volta comperato, non rimane aperto al libero uso da parte dell'acquirente. Il prestito, in particolare, diviene passibile di una ulteriore tassazione. Non ha importanza che la direttiva riguardi le sole biblioteche. Si tratta di una grave violazione di una forma consolidata di libero uso del sapere incorporato nel prodotto libro. Le biblioteche, conviene ricordarlo, hanno gia' pagato i libri che tengono nei loro scaffali.

Mi e' tornata alla mente una riflessione di un amico programmatore riguardo il bookcrossing. Il mio amico notava, con profondo acume e non senza una certa amarezza, che una vittoria contro la stretta soffocante del copyright illimitato si sarebbe ottenuta solo quando l'intelligenza collaborativa ed autonoma avesse creato una biblioteca pubblica online non statale. Il principio di autonomia del sapere, ammoniva Merrillo, non si difende soltanto con un giochino che manda al macero migliaia di libri, ma bensì con la condivisione delle biblioteche private.

Sul piano tecnico alcuni aspetti dei principi di funzionamento di e-bay, bookcrossing, e meet-up possono essere applicati con profitto ad un sistema basato sul prestito librario, in modo tale da ottenere in breve tempo una enorme biblioteca mondiale costruita esclusivamente sui rapporti di scambio tra utenti, stabiliti in rete attraverso i messaggi online e un database delle opere disponibili. Niente di piu' semplice, in teoria. In particolare: di E-bay si potrebbe utilizzare il sistema di fiducia basato sulla reputazione dell'utente e i criteri di relazione interpersonale tra utenti; dei sistemi di file sharing tipo Napster si potrebbe prendere il principio della condivisione dei prodotti culturali e i database, le liste di libri messi a disposizione dagli utenti; dal bookcrossing si potrebbe "rubare" diverse cose: l'idea di un sistema di codifica dei volumi attraverso un identificativo numerico, i forum di discussione sui volumi e cosi' via.

Insomma, ad uno sguardo attento appare piuttosto chiaro che Merrillo aveva perfettamente ragione. Il sistema bibliotecario pubblico e non statale e' perfettamente concepibile. La domanda diventa: perche' non viene "concepito" ?

Sempre nell'ambito di queste suggestioni, stavo leggendo "Smart Mobs" di Rheingold. Mi ha colpito un'idea, su cui Rheingold non si sofferma troppo a lungo.
Cito dal testo.
«Oggi e' tecnologicamente possibile, per esempio, creare un servizio che permetta di dire allo strumento che si tiene in mano: "Sto per andare in ufficio. Chi va nella stessa direzione e cerca un passaggio in questo stesso momento ? E chi fra questi e' raccomandato da un mio amico fidato ?"»


Ieri a Roma un ragazzo e' stato accoltellato a morte per "questioni di viabilita'". Mi sembra che ci sono buone ragioni per prendere sul serio l'idea di Rheingold. Un database metropolitano dei percorsi automobilistici dei cittadini sarebbe un ceffone tirato in faccia ai petrolieri, agli inquinatori e a tutte le varieta' di ideologi del consumismo. Non ha poi molta importanza, a mio avviso, che queste informazioni debbano essere trasmesse in tempo reale, mentre sei in viaggio. Si potrebbero immettere con uguale successo la sera prima, in un database online, dove per esempio si potrebbe scrivere: "domani mattina vado a Latina, passo qui e qui all'incirca all'ora tale. C'e' qualcuno che fa lo stesso percorso?". Si noti che sarebbe del tutto sensato, anche se non necessario o obbligatorio, chiedere in cambio una condivisione delle spese. Risultati: una riduzione generalizzata dei consumi, la ricostruzione di reti sociali, il segno di un'attivita' produttiva autonoma in controtendenza rispetto alle correnti dominanti.

Queste idee, sia pure accennate, non hanno bisogno, una volta implementate, di persuadere gli utenti della loro utilita' o del loro senso politico. Si spiegano da sole. E funzionano. E se ne potrebbero pensare molte altre. Potrebbero divenire lotta antagonista creativa, intelligenza sociale dispiegata. Sfera pubblica non statuale.

Pur non avendo i mezzi finanziari e tecnici per implementarle, credo sia importante riproporle in continuazione e arricchirle di nuovi contenuti.
Continuiamo a pensare e ad immaginare. Senza sosta.


Un grazie a Bifo per le meravigliose riflessioni postate sul sito RK.

Vi abbraccio
Rattus








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