Prendo dai post su e-laser e incollo sotto:
Vogliamo farne una laser news?

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Pare che la citta' indiana di Bangalore stia soffocando sotto il peso dell'inquinamento dei rifiuti tecnologici. Da punto-informatico.it:

"Il problema centrale sta nell'enorme quantità di materiale tecnologico che viene gestito nell'area di Bangalore e nell'assenza pressoché totale di impianti di smaltimento adeguati. Gran parte dell'hardware dismesso sia viene bruciato a basse temperature, liberando quindi nell'aria una serie di sostanze dannose come la diossina. Tonnellate di materiale tossico finiscono anche nelle discariche abusive e l'infiltrazione nel terreno di componenti chimici tragicamente tossici raggiunge i massimi livelli."

Secondo l'Istituto per la gestione dell'ambiente e la ricerca sulle politiche ambientali,, sono più di mille le diverse sostanze dannose che vengono oggi liberate nell'ambiente senza alcun controllo. Basti pensare che nel corso di un anno si stima che la produzione di rifiuti tecnologici a Bangalore comprenda 1000 tonnellate di ferro, altrettante di plastica, 350 di rame, 300 di piombo, 43 di nickel e 0,23 di mercurio. A tutto questo si aggiunge, come già accadeva in Cina e in altri paesi asiatici fino a qualche tempo fa, l'importazione di rifiuti hi-tech occidentali, in particolare americani.

Bangalore e' considerata la Silicon Valley indiana, ed ospita un gran numero di piccole imprese del settore informatico ed elettronico. Tuttavia, la notizia stupisce, perche' ci troviamo pur sempre in India, in cui lo standard tecnologico e' decisamente inferiore al nostro.

La notizia infatti non va sottovalutata, perche' mette in discussione diversi luoghi comuni. Prima di tutto, smonta il mito secondo cui la cura dell'ambiente sia un problema dei paesi ricchi malati di superproduzione e consumismo. In realta', i problemi ambientali piu' gravi sono oggi concentrati nei paesi piu' poveri, e sono quasi sempre causati dall'industrializzazione occidentale. Molte imprese multinazionali mantengono un atteggiamento politicamente corretto nei confronti dell'ambiente, salvo poi scaricare i loro effetti in zone, dall'africa all'asia, in cui i controlli sono molto piu' blandi. Ma cosi' facendo intaccano proprio le risorse naturali dei paesi poveri, acqua e foreste in primo luogo, impedendo il loro sviluppo. Percio', oggi la questione ambientale nei paesi poveri e', se possibile, ancor piu' grave ed urgente che da noi.

Il secondo luogo comune riguarda l'economia dell'informazione, basata sui computer, sulle reti, sulla diffusione delle tecnologie digitali e sulla finanza virtuale. Molti infatti pensano che questa cosiddetta New Economy sia piu' pulita, piu' rispettosa per l'ambiente e meno dipendente dal controllo delle materie prima. Be', lo stato ecologico di Bangalore sembra contraddire con questo quadro idilliaco. Ma non serviva certo questo esempio. Anche nella nostra epoca ipertecnologica, il controllo delle materie prime provoca guerre sanguinose, e disastri ecologici. Basta guardare all'esempio del Coltan. Il coltan e' un minerale che contiene tantalio, ed e' una delle materie prime piu' utilizzate nei circuiti elettronici dei computer, dei telefonini e in quasi tutti gli elettrodomestici che usiamo. Il coltan si trova in abbondanza in Congo.

Proprio il controllo delle miniere di coltan e' stata una delle cause degli eterni conflitti che insanguinano la regione, e tutti leader politici degli stati coinvolti nei conflitti centrafricani hanno interessi economici nell'estrazione del coltan. E oltre ai morti umani, la deforestazione provocata dalle miniere di coltan ha causato un massacro ecologico, le cui prime vittime sono i gorilla delle foreste, ormai prossimi all'estinzione. Se la situazione non peggiorera' definitivamente, non sara' certo opera del ravvedimento delle multinazionali: e' che ormai l'Australia produce la maggior parte del coltan mondiale, e molte industrie hanno abbandonato il congo, lasciando sul terreno mine, miniere abbandonate, nuovi deserti e centinaia di migliaia di cadaveri.

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