Ciao, ho integrato un po' di cose alla fine. Guardate e pubblicatene tutti. soprattutto, visto che non ho scritto in txt ma su openoffice, controllate link, tag, ecc ecc, chi lo sa fare. io ora vado via, la posta la rivedo probabilmente domani. ciao m Open
Access, USA batte UK
Una
commissione parlamentare inglese, composta da deputati laburisti,
liberali e
conservatori, ha scritto una relazione al governo Blair in favore
dell'open
access. Il testo e' molto ragionevole (il pdf e' visibile all'indirizzo
http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200304/cmselect/cmsctech/399/399.pdf)
ma quanto mai determinato in favore del libero accesso. Per
prima cosa, i deputati hanno proposto che i risultati delle ricerche
pubbliche
vengano d'ora in poi messe liberamente a disposizione di tutti, in nome
di un
principio molto semplice: si tratta di ricerche pagate dai
contribuenti,
percio' tutti i contribuenti devono poter sapere che fine hanno fatto
quei
soldi. A questo proposito, la commissione propone che universita' ed
enti di
ricerca creino archivi pubblici in cui leggere gli articoli dei loro
ricercatori. Ma
la
commissione non si e' limitata a questo: consapevoli che l'accesso al
sapere
sta diventando sempre piu' difficile ("Academic libraries are
struggling
to purchase subscriptions to all the journals needed by their
users"...),
i deputati propongono anche soluzioni radicalmente innovative, contro
l'attuale
monopolio: per esempio, chiedono al governo la creazione di un fondo a
disposizione degli scienziati che vogliono pubblicare su riviste a
libero
accesso. Tali riviste (vedi www.plos.org) si finanziano facendo pagare
la
pubblicazione degli articoli, circa 300 euro l'uno, piuttosto che la
loro
lettura. Il
governo Blair (laburista) ha rifiutato di seguire i consigli della
commissione.
Ufficialmente, Blair non vuole perturbare il libero mercato
dell'editoria
scientifica con un intervento statale. E' una scusa ben poco
convincente: in
materia di ricerca e innovazione, l'intervento dello stato e' non solo
tollerato, ma addirittura necessari. I privati, infatti, non sono
disposti ad
investire in attivita' non immediatamente redditizie ma indispensabili.
La
circolazione della conoscenza e' parte integrante di tale investimento,
in
quanto il benessere sociale aumenta se l'innovazione si diffonde
maggiormente e
meglio. E
infatti, negli USA si studiano soluzioni analoghe a quelle proposte
dalla
commissione parlamentare inglese: le ricerche finanziate dell'NIH
(l'Istituto
Nazionale di Sanita') saranno d'ora pubbliche a sei mesi dalla
pubblicazione. E'
un compromesso, certo, ma e' comunque un passo in avanti. In
UK,
un’iniziativa simile è stata presa dal Wellcome Trust, una delle più
grandi
fondazioni che finanzia la ricerca biomedica anglosassone, con una
decisione del
4 novembre. Forse
la chiusura inglese dipende dagli equilibri commerciali dell'editoria
scientifica. La piu' importante rivista scientifica e' inglese (Nature)
ed e'
capofila di un gruppo editoriale molto potente (Nature Publishing Group
www.npg.com), forse capace di farsi sentire presso il governo.
L'associazione
degli editori inglesi, infatti, ha commentato la decisione del governo
con un
comunicato (vedi www.publishers.org.uk) intitolato senza mezzi termini
"Gli editori inglesi apprezzano l'appoggio del governo all'attuale
sistema
di pubblicazione". Il laburista Ian Gibson, presidente della
commissione
parlamentare ha duramente commentato la risposta del governo Blair,
rilasciando
aspri commenti
al British Medical Journal, in cui accusa il Ministero per l’industria
e il
commercio inglese di essersi “prostrato di fronte alla potente lobby
degli
editori”. Il
contagio dell’open access si sta comunque allargando. Sempre questa
settimana sulla
rivista Nature si parla del progetto Science
Commons,
una costola del ben noto programma Creative Commons lanciato da
Lawrence
Lessig. La filosofia è quella di garantire l’accesso ed eventualmente
porre dei
paletti per l’utilizzo dell’oggetto brevettato. Dunque l’autore non ne
perde il
controllo. Si tratta di sfruttare le leggi del copyright a favore della
libera
circolazione delle idee, similmente a quanto accade per la General
Public
Licence utilizzata per il software libero. Science Commons si propone
come
protezione per le innovazioni scientifiche e i dati pubblicati dai
ricercatori;
tuttavia il progetto è ancora poco più che un’idea, che LASER auspica
da
ormai molto tempo, ma la cui realizzazione è ancora difficile. |
-- www.e-laser.org [EMAIL PROTECTED]