Come risulta dall'emendamento della Gad alla "riforma" fiscale del
governo e della Casa del fascio
La 'riforma' fiscale di Prodi non è radicalmente alternativa a quella di
Berlusconi
La copertura a "sinistra" di Bertinotti non ne cancella i limiti e i
difetti
Nella Gad (Grande alleanza democratica), che altro non è che il vecchio
"centro-sinistra" più il PRC di Bertinotti e il partito di Di Pietro,
regna la più totale confusione, anche in materia fiscale. Vediamo
perché. Una decina di giorni fa partiva una campagna pubblicitaria per
annunciare la presentazione della "riforma" fiscale di Prodi, leader
della suddetta alleanza, in "alternativa" a quella di Berlsuconi già
approvata dal consiglio dei ministri. Il 1° dicembre usciva la notizia
che tale "riforma", sotto forma di sub-emendamento alla Finanziaria
2005, era stato presentato in Senato dal capogruppo dei DS, Gavino
Angius, e da quello della Margherita, Willer Bordon. Appena cinque
giorni dopo si apprende che una serie di esponenti di primo piano dello
stesso schieramento ne prendono le distanze, la criticano e la
delegittimano di fatto.
Al momento della presentazione Angius, con frasi altisonanti aveva
giudicato la proposta: "Una scelta radicalmente alternativa che
favorisce le famiglie con redditi medio-bassi e le imprese che
investono. C'è una redistribuzione della ricchezza equa e giusta, mentre
il governo con tutti i provvedimenti del 2004 di fatto aumenta le tasse
per tutti e le taglia solo ai ricchi". Gli aveva fatto eco Paolo
Ferrando, il trotzkista ex DP e attuale responsabile economico del PRC.
Il quale, con toni più trionfalistici e demagogici, sosteneva che,
diversamente dal governo che taglia le tasse ai ricchi e dà un'elemosina
ai poveri, "l'opposizione si muove su una linea politica radicalmente
diversa, redistribuendo risorse dalla speculazione finanziaria verso i
redditi medio-bassi".

E' già carta straccia?
Di tutt'altro tenore invece le dichiarazioni sull'emendamento di altri
dirigenti della Gad pochi giorni dopo. A partire da Romano Prodi che
afferma: "Dico no all'emendamento dell'opposizione sul fisco". Piero
Fassino (DS), aggiunge: "Non dobbiamo andar dietro a Berlusconi,
puntando tutta l'attenzione sulle aliquote delle tasse". Mentre Rutelli
(Margherita) e Boselli (SDI) avevano espresso, in partenza, la loro
contrarietà a trasformare l'elaborato in una proposta parlamentare. Il
senatore DS, Lanfranco Turci rincara la dose, definendo il provvedimento
un errore: "Ci siamo ficcati - dice - in uno scontro sulle aliquote
(...) ci siamo fatti trovare impreparati di fronte all'iniziativa di
Berlusconi, abbiamo tirato fuori all'ultimo momento questa cosa".
Non è dato sapere perciò se questo emendamento, cui hanno lavorato i
diessini Visco e Bersani, Enrico Letta della Margherita e lo stesso
Ferrando, vada considerato carta straccia, se sarà ritirato o meno,
visto che una larga parte dei senatori della Gad lo critica apertamente;
non solo sul punto delle aliquote Ire, ma anche in riferimento alle
tasse sulle rendite finanziarie. Tuttavia ci sembra utile esaminare
concretamente l'emendamento in questione. Il quale contiene una leggera
modifica delle aliquote dell'Imposta sul reddito (Ire, ex Irpef), un
ritocco in alto dei redditi esenti, un ampliamento delle detrazioni e
una diversa erogazione di esse, l'introduzione di un fondo presso l'Inps
per erogare gli assegni spettanti agli "incapienti", l'incremento,
modesto per la verità, delle imposte in alcune rendite finanziarie.
Costo complessivo dell'operazione, 6,5 miliardi di euro circa.

Le differenze sull'imposta sul reddito
Per quanto riguarda le aliquote Ire, la proposta governativa le riduce,
come è noto, a tre più un contributo transitorio del 4% per i redditi
sopra i 100.000 euro. Quella della Gad, invece, ne propone quattro, cioè
una meno di quelle vigenti, variando di poco percentuali e scaglioni di
reddito. Nel seguente modo: il 23% sui redditi fino a 18.000 euro; 30%,
dai 18.000 a 33.500 euro; 40% dai 33.500 a 70.000 euro; 45% oltre questa
cifra. Le aliquote attuali, in attesa di essere cambiate sono ancora le
seguenti: 23% fino a 15.000 euro, 29% da 15 a 29.000 euro, 31% da 29 a
32.600 euro, 39% da 32.600 a 70.000 euro, 45% oltre i 70.000. Nel
raffronto con la proposta della Gad, emerge l'aumento di un punto in più
nella fascia di reddito che va da 33.500 a 70 mila euro.
La "riforma" della Gad richiede la restituzione del fiscal-drag, ossia
la parte delle tasse pagate in più a causa dell'inflazione. Inoltre
prevede un lieve innalzamento delle esenzioni totali: 7.700 euro per i
lavoratori dipendenti, 7.200 euro per i pensionati, 4.620 euro per i
lavoratori autonomi. Lo stesso è stabilito per le detrazioni (sconto
delle tasse da pagare) che passano a 792 euro per il coniuge (o
convivente), 1.272 euro per i figli minori e 587 per quelli maggiorenni
a carico. In quest'ultimo caso è stata introdotta una novità per Italia,
ma non per altri paesi come ad esempio gli Usa al tempo di Clinton e la
Gran Bretagna di Blair, che permette a coloro (i famosi "incapienti")
che percepiscono un basso reddito e sono esentati dalle tasse, di
riscuotere gli assegni, in forma monetaria, derivanti dell' incremento
delle deduzioni e dalle detrazioni fiscali. Si tratta di un assegno del
2,5% del reddito per coloro che non arrivano a 21.000 euro l'anno.
Un esempio che viene riportato si riferisce alla famiglia di un
lavoratore dipendente con moglie e due figli a carico. Con il sistema
vigente di detrazioni, fino a un reddito di 12.800 euro annui, non paga
le tasse; la "riforma" del neoduce Berlusconi porterebbe questa soglia a
14.000 euro; quella della Gad la farebbe salire a 15.000.
Un dato interessante da rilevare è che vengono penalizzati i lavoratori
dipendenti senza carichi familiari. Per i redditi di 20.000 e soprattuto
di 30.000 e 50.000 euro gli sconti fiscali previsti si riducono in
picchiata, diventando persino minori di quelli compresi nella "riforma"
della Casa del fascio.

Appena toccate le rendite finanziarie
Per reperire i fondi necessari a coprire i costi degli sgravi fiscali,
la proposta della Gad pensa di tassare, anche con retroattività, i
capitali illegalmente esportati con l'aliquota del 5%, invece che del
2,5% come ha fatto il governo in carica, e di unificare il prelievo
sulle rendite finanziarie al 20%. Oggi i Buoni del tesoro e gli altri
titoli di Stato sono tassati con l'aliquota fissa del 12,5%, quando la
media europea è attestata sul 25%.. Nel contempo diminuirebbero gli
interessi bancari dal 27 al 20%.
Alle aziende la Gad vuole alleggerire le imposte attraverso la
fiscalizzazione degli oneri sociali definiti "impropri". Inoltre concede
loro un incentivo compensativo nell'ambito della devoluzione delle
liquidazioni dei lavoratori sui fondi pensione integrativi.
Questa "riforma" fiscale può essere considerata migliore di quella
berlusconiana. Perché impedisce la cancellazione del principio della
progressività delle imposte, sposta l'attenzione sui redditi
medio-bassi, introduce l'assegno agli "incapienti", recupera la
restituzione del fiscal-drag. Inoltre, invece di abbassare alza, sia
pure di poco, le tasse ai ricchi sopra i 100.000 euro di reddito.
Tuttavia noi la consideriamo, anche così com'è, senza peggioramenti che
potrebbero essere introdotti successivamente, largamente insufficiente,
incompleta e piena di difetti.
La cosiddetta redistribuzione della ricchezza, dalle classi ricche e
agiate, dai possessori di grandi rendite e patrimoni ai lavoratori
dipendenti e a quelli autonomi a basso reddio, ai pensionati poveri, è
realizzata infatti, in questo modo, in una dimensione modesta, per non
dire irrisoria. La maggior parte delle entrate tributarie continuerebbe
così a pesare sul lavoro dipendente.

I difetti principali
Ed ecco i difetti fondamentali della "riforma" fiscale della Gad. La
quale non rivendica: la tassazione delle rendite e dei patrimoni con il
meccanismo progressivo dell'Ire; il rafforzamento del principio
progressivo delle imposte; l'adeguamento della tassa patrimoniale
attraverso la rivalutazione degli estimi catastali; la cancellazione
dell'aumento impositivo, introdotto in modo truffaldino, sul Tfr; il
ripristino della tassa di successione; l'abrogazione della legge che
depenalizza il falso in bilancio; l'inserimento di provvedimenti
adeguati, efficaci e certi per combattere l'evasione, l'elusione e
l'erosione fiscali per ampliare, di conseguenza, la base totale
impositiva; la riduzione progressiva delle imposte indirette.
Per il PMLI il sistema fiscale si deve basare essenzialmente sulle
imposte dirette e su una effettiva progressività del prelievo, in base
al reddito complessivo percepito. Si deve colpire la grande evasione sia
fiscale che previdenziale, comunque mascherata, far pagare di più i
miliardari alla Berlusconi, De Benedetti, Montezemolo e Tronchetti
Provera, ecc. Alleggerire i lavoratori dipendenti e autonomi a basso
reddito, esentandoli totalmente sotto la cifra considerata di
sopravvivenza.
Non ci sembra insomma che, come sostiene Bertinotti, quella della Gad
sia una "riforma" fiscale radicale, tanto da giustificare la sua
alleanza programmatica, oltreché elettorale con i partiti dell'Ulivo. La
copertura a "sinistra" che il PRC fornisce ad essa non la fa diventare
(effettivamente e realmente) migliore.

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