Finanziaria: futuro ancora incerto per la ricerca
Giorgio Parisi *
La sera prima della presentazione della legge finanziaria, il ministro
Mussi annunciò che sperava di ottenere 500 milioni di euro di incremento
dei finanziamenti per la ricerca pubblica e l'università. Non era tanto,
circa il 3 per cento del totale delle risorse destinate allo sviluppo
del paese (18 miliardi), ma di più non era possibile, nonostante sia
noto che un investimento nella ricerca frutti quattro volte più che un
investimento in altri campi. Effettivamente si trattava di una cifra
ancora insufficiente per permettere all'Italia di raggiungere gli
obiettivi fissati dalla comunità europea, ma era pur sempre un buon
passo avanti. Appena presentata la Finanziaria fu detto che l'aumento
dei finanziamenti era stato solo di 300 milioni: non una notizia
esaltante, ma pur sempre un segnale positivo.
Tuttavia, quando il testo completo della finanziaria fu reso pubblico,
fu chiaro che il valore in euro dei finanziamenti totali per la ricerca
rimaneva circa lo stesso dell'anno precedente, e quindi, se si tiene
conto dell'inflazione, il valore reale diminuiva in maniera sostanziale.
È da più di una settimana che il ministro Mussi ha annunciato le sue
dimissioni dal governo a meno che non si verifichi un'inversione di
tendenza. Ci sono stati segnali di qualche cambiamento (notizie di
agenzia suggeriscono una cifra di 250 milioni addizionali, che sarebbero
appena sufficienti per compensare gli effetti dell'inflazione), tuttavia
questo intervento minimale non è ancora stato assicurato. Parte di
questi finanziamenti possono essere ottenuti modificando il decreto
Bersani, del giugno scorso, che taglia del 10 per cento le spese
intermedie (ovvero tutte, escluso il personale) delle amministrazioni
statali, per il 2006 e il 2007. Anche le università e gli enti di
ricerca sono stati compresi nel taglio, nonostante le proteste molto
vivaci del ministro Mussi. Sopprimendo questo taglio per il 2007 si
rimedierebbero 200 milioni di euro e si tratterebbe di un provvedimento
molto opportuno. Infatti, come dice un personaggio del fumetto Dilbert
su Linus: «Un taglio del dieci per cento del budget di un progetto è la
classica percentuale che si spara anche senza aver pensato ai termini
del problema, partendo dall'assunzione che tutto può essere tagliato del
10 per cento senza peggiorare il risultato finale». Un taglio
generalizzato di questa natura poteva anche essere giustificato nel
giugno scorso, quando ancora il governo non aveva effettuato un'analisi
precisa della situazione economica nei vari settori, tuttavia non può
essere adottato come metodo di governo per il futuro. Bisogna infatti
combattere gli sprechi, ma non c'è spreco maggiore di pagare gli
stipendi al personale e poi non dargli i mezzi per operare in maniera
efficiente. Il governo deve decidere in quali settori strategici vuole
investire e in quali settori invece vuole tagliare e il Presidente del
consiglio Prodi deve assumersi queste responsabilità di scelta e direzione.
Per quanto riguarda la ricerca, la Finanziaria (e il decreto fiscale)
prevedono diversi provvedimenti innovativi, come ad esempio
l'istituzione di una Agenzia per la valutazione e un Piano straordinario
per l'assunzione di ricercatori, da realizzare mediante procedure
diverse e parallelle a quelle ordinarie. Questo piano è stato
sfortunatamente sottofinanziato e le cifre attuali permettono di
assumere circa duemila ricercatori in tre anni: un provvedimento non
abbastanza incisivo. Infatti, considerato il gran numero di studiosi
capaci, che attualmente lavorano nella ricerca in Italia e all'estero e
giustamente vorrebbero una sistemazione permanente, occorre fare uno
sforzo per arrivare a reclutare duemila ricercatori l'anno. Non dovrebbe
essere molto difficile centrare questo obiettivo, visto che le maggiori
spese - relativamente piccole - gravano sugli anni 2007 e 2008, quando
la situazione finanziaria dovrebbe essere più rosea. Si tratta di un
obiettivo molto importante dal punto di vista politico, che segnerebbe
una forte discontinuità con l'azione del governo precedente. Ovviamente
è cruciale che queste assunzioni non vengano gestite in base a criteri
clientelari: volendo sarebbe facile evitarlo, per esempio utilizzando le
procedure previste in un ottimo emendamento alla Finanziaria proposte
dall'onorevole Walter Tocci dei Ds.
L'azione ministeriale va poi nella direzione di liberare gli enti
scientifici dalla dipendenza dal potere politico, restituendo alla
comunità scientifica la propria sovranità. Per esempio, dovendo nominare
un nuovo presidente dell'Asi (l'Agenzia spaziale italiana), il ministro
Mussi ha deciso di procedere insediando un comitato di ricerca che avrà
il compito di presentare una terna di nomi tra i quali il ministro
sceglierà il nuovo presidente dell'Asi. Questa rinuncia del ministro a
esercitare una parte del suo potere è estremamente positiva e sarebbe
auspicabile che diventasse prassi comune per tutte le nomine di
carattere tecnico, anche al di fuori del mondo scientifico. Inoltre per
eliminare una possibile sudditanza degli enti alle politiche
clientelari, bisogna cambiare gli statuti di molti enti di ricerca, tra
cui quello del Cnr, scritto dalla Moratti. Ed è positivo che il governo,
come previsto nel decreto fiscale, abbia una delega ad operare in questa
direzione.
Tuttavia ci sono ancora punti della finanziaria che devono essere
migliorati. Anche se è prevista la revoca del blocco delle assunzioni
imposto dal precedente governo, restano troppi vincoli e lacciuoli che
limitano in maniera irragionevole l'operato degli enti di ricerca e che
devono essere eliminati. Anche se pian piano la Finanziaria, per quanto
riguarda la ricerca, incomincia a prospettare un futuro più roseo, sono
assolutamente necessari maggiori finanziamenti e un accurato lavoro di
lima dei singoli articoli, compito che speriamo venga svolto presto dal
governo e dal parlamento.
* Ordinario di Fisica teorica all'Università La Sapienza di Roma
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