Sarà che dopo un po' di tempo sono tornato a leggere di queste cose, ma
sembra che si stia muovendo qualcosa anche nei quartieri alti, nelle
pagine che contano e fanno opinione.
Nelle ultime due settimane per esempio, l'ex direttore del fondo
monetario internazionale, e premio Nobel per l'economia, Joseph Stiglitz
ha scritto un bell'articolo per il British Medical Journal
(http://www.bmj.com/cgi/content/full/333/7582/1279). Rilancia l'idea di
ricerca pubblica di base, soprattutto in ambito medico-farmaceutico.
Poi, questa settimana, Time (mentre i blogger di tutto il mondo son lì a
farsi pugnette quanto sia bello essere nominati person of the year)
pubblica i risultati di un report del congresso americano relativi alla
ricerca all'interno di Big Pharma
(http://www.time.com/time/nation/article/0,8599,1572974,00.html).
Negli ultimi dieci anni, il 60% dei farmaci nuovi sono i cosiddetti
me-too: piccole variazioni su farmaci già esistenti. Sostanzialmente
inutili per l'innovazione medica, ma poco rischiosi e molto remunerativi
per le case farmaceutiche. L'articolo finisce con una proposta
interessante, anche se probabilmente miope: aumentare a 25-30 anni il
brevetto per i farmaci realmente innovativi, e ridurlo a 10 per gli
altri, i me-too. A occhio pero', il risultato sarebbe però che proprio
dove c'e' bisogno di innovazione continua ed efficace, si mettono
maggiori limiti, aumentando la copertura brevettuale. Così una volta
aperto un campo cerchiamo di tenerlo immobile per i più tempo possibile.
Ultima cosa: un tema del genere, Time lo tratta nella sezione Nation.
Alla faccia della globalizzazione....
Ciao, e auguri a tutti per il nuovo anno.
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