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IL RAPPORTO CENSIS
Cellulari, tv e paura del futuro
ritratto di una nazione chiusa


ROMA - L'italiano preferisce vivere nei piccoli centri, si fida meno 
della Borsa, adora il cellulare quasi quanto la tv e quando sente 
parlare di federalismo pensa subito ai risvolti pratici (specie sulla 
sanità) più che all'ideologia politica. Nell ritratto del nostro 
Paese stilato dal rapporto annuale del Censis emerge un sistema che, 
come dice il presidente Giuseppe De Rita, "ha le pile scariche". Ecco 
punto per punto i risultati dell'indagine

SOLDI. Gli eventi negativi che hanno inciso sull'economica nazionale 
e internazionale si fanno sentire. L'incremento assoluto della 
propensione al risparmio è il primo segnale del disagio che vivono le 
famiglie italiane. Nel 2001, infatti, la quota di reddito disponibile 
che le famiglie hanno dedicato al risparmio si è assestata al 12,4%, 
contro l'11,8% del 2000. Una fuga massiccia si registra nel settore 
azioni e partecipazioni, il cui peso diminuisce del 6,5%. Stabile, 
invece, è l'opzione quote in fondi comuni (-0,3%), che per quanto più 
ponderata di quella azionaria, comporta comunque un certo margine 
d'azzardo. Infine, se nel 1999, all'epoca del miracolo borsistico, 
addirittura il 55,7% del risparmio familiare era convogliato nel 
settore privato dell'economia italiana, nel primo trimestre 2002 il 
dato non arriva al 45% (44,1%).

CAPACITA' DI SPESA. Il 37,9% degli italiani comincia a prestare 
attenzione ai prezzi dei vari prodotti alla ricerca di quello che 
costa meno. Il 20,2% ha parlato di una "riduzione dei consumi" 
nell'autunno.

FEDERALISMO. C'è più pragmatismo che ideologia dietro la domanda di 
federalismo in Italia. Tra le ragioni addotte a favore di questa 
"svolta" istituzionale viene indicata, infatti, in primo luogo la 
consapevolezza dei limiti e delle inefficienze che derivano 
dall'eccesso di centralismo. Almeno è questa l'idea, per esempio, del 
il 45,1% dei lombardi e del 58,7% dei marchigiani. Ma sia le classi 
dirigenti lombarde che quelle marchigiane, mostrano in maggioranza 
(il 57,8% nel primo caso, addirittura l'80,8% nel secondo) una certa 
ritrosia rispetto all'ipotesi che l'Italia diventi, in prospettiva, 
una Repubblica federale a tutti gli effetti come la Germania. Quanto 
all'impatto finanziario della devolution, l'incidenza delle entrate 
proprie sul complesso delle entrate correnti è più che raddoppiata 
per le amministrazioni regionali e provinciali nell'ultimo decennio 
ed è di circa 10 punti percentuali più elevata nelle regioni centrali 
rispetto a quelle del Mezzogiorno.- Pubblicità -

SANITA'. L'Italia si divide in due sulla sanità regionalizzata. Il 
56,3% degli intervistati è favorevole alla totale attribuzione alle 
Regioni, di questi il 33,6% perché consente di creare una sanità più 
vicina alle esigenze locali e il 15,2% perché responsabilizza i vari 
soggetti. Contrari il 43,7% degli italiani. In particolare, il 27,6% 
teme l'accentuazione delle disparità territoriali. I cittadini sono 
insoddisfatti di alcuni servizi sanitari come la lunghezza delle 
liste di attesa (62,8%), mentre il 27,9% chiede il potenziamento 
dell'assistenza domiciliare per malati cronici e non autosufficienti.
LAVORO. Netto aumento dell'occupazione, nel 2001 il più alto degli 
ultimi sei anni. Lo scorso anno il numero degli occupati è cresciuto 
di 434.645 unità, con una variazione del 2,1% rispetto al 2000. Il 
numero dei lavoratori ha toccato quota 21 milioni 514 mila unità, e 
l'andamento positivo è confermato anche nei primi 2 trimestri del 
2002, con un aumento dell'1,2%. L'occupazione è cresciuta soprattutto 
al Sud (+2,7%), mentre l'incremento è stato del 2,1% al centro e 
dell'1,7% al nord. Traino alla crescita sono state le performance 
brillanti di Abruzzo (+4,9%) e Sardegna (+4,1%) e tra i settori, 
quelle dei comparti turistico (+8,1%) ed edilizio (+5,5%). A dettare 
il passo della crescita sono le formule più stabili di lavoro: la 
stragrande maggioranza delle 434 mila unità in più (il 92,3%) è 
infatti costituita da contratti di lavoro a tempo indeterminato, 
mentre il contributo delle diverse formule di occupazione temporanea 
(contratti a causa mista, tempo determinato, interinale) è per il 
Censis "pressoché nullo". Più della metà dei lavoratori "a termine" 
(il 58,8%) dopo 12 mesi continua a lavorare, seppure ancora sotto 
modalità atipiche, mentre il 37,9% è riuscito a passare a forme di 
lavoro a tempo indeterminato. Per il Censis permangono però ancora 
"forti elementi di criticità": una percentuale comunque consistente 
del 16,5% perde il lavoro dopo un anno. Inoltre, malgrado 
l'occupazione permanente mantenga un ritmo di crescita sostenuto 
(+2%), aumentano anche i contratti part-time (+5,8%).

IMMIGRAZIONE. Non rappresenta più una questione prioritaria. Si 
colloca infatti alla settima posizione nella graduatoria delle 
problematiche del Paese, richiamata dal 18,7% degli italiani, mentre 
nel 2000 era in terza posizione, citata da oltre il 31%. Ad accettare 
meglio la convivenza con gli extracomunitari, sono soprattutto i 
piccoli comuni (fino a 10 mila abitanti), dove appena il 18,2% degli 
intervistati (nel 2000 la percentuale era del 35%) ha indicato come 
difficoltà la presenza di immigrati.

ABITUDINI. Solo la tv batte il cellulare, ma la rincorsa della nuova 
tecnologia alla televisione sembra vicina alla fine. La piramide dei 
media, come la chiama il Censis, indica che la tv è usata dal 98,5% 
degli italiani; ma poi c'è subito il telefonino (75,3%), seguito da 
radio (65,4%), quotidiani (56,1%), settimanali (44,3%), libri 
(42,5%), computer (36,4%), Internet (27,8%), mensili (24%), tv 
satellitare (12,3%). Cosa guardano e cosa preferiscono i 
teledipendenti italiani? La legge degli ascolti - dice il Censis - 
premia la spettacolarizzazione del quotidiano e dell'ordinario. 
Significativi a questo proposito gli ascolti dei programmi dove si 
scoprono i talenti, dei concorsi di bellezza e dei reality show. Il 
target di riferimento è quello dei giovani.

CONSUMI. Il consumatore italiano è ammaliato dalle marche famose e 
dai prodotti tecnologici, alla ricerca del lusso e dello status 
symbol. Il 40% della popolazione adulta concepisce gli acquisti come 
un modo per concedersi piccoli e grandi lussi. Per il 12% dei 
consumatori fare spese è addirittura un modo per scaricare le 
tensioni quotidiane, mentre il 4% non può resistere di fronte ai 
nuovi prodotti tecnologici per la casa. Al lusso di coloro che 
possono permettersi acquisti frequenti, si contrappone però quella 
parte della popolazione (circa un quarto) che dichiara di dover 
contenere i propri consumi a causa di scarse disponibilità economiche.
PICCOLO PAESE. Gli italiani sono attratti dai piccoli centri che 
registrano un incremento percentuale di abitanti pari al 3,9% nei 
comuni compresi tra i 5.000 e i 20.000 residenti. Di segno opposto è 
invece l'andamento nei comuni con oltre 50.000 abitanti che segnano 
un decremento di popolazione del 2,5% nelle città con popolazione 
compresa tra i 50.000 e i 100.000 abitanti, e del 7,8% nelle città 
con oltre 100.000 abitanti.

(6 dicembre 2002)
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