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L'ambiguità dei confini morali e di spazio, fra uomo e risorse materiali:

"Bisogna avere un caos dentro di sè, per generare una stella danzante". Zarathustra.

Un bel pò di anni fa ho avuto modo di prendere in mano il Volume "Questioni di confine. Saggi polemici (1786-188) di Kant a proposito di un esame di filosofia morale. In particolare si faceva riferimento al quadro culturale e filosofico permeato di razionalismo (non solo come orizzonte scientifico) e spiritualità protestante, con cui l'autore si trovava a dover fare i conti. Ma la vera attualità dominante dell'epoca consisteva nella mentalità illuministica, nella coltivazione del mito del progresso con l'inserimento della questione del male in uno schema di graduale superamento. Voltaire in Candide scrive: bene, smettiamo di ragionare, andiamo a coltivare l'orto. La teodicea nell' l'illuminismo trova un terreno nuovo con il libero dispiegamento dell'io, del soggetto. L'illuminismo è tollerante, segna il crollo del dogma del peccato originale e della sua conseguenza, la salvezza ottenuta solo con l'intervento divino. Afferma l'autonomia della condizione umana.
Vi è inizialmente in Kant un forte intellettualismo che afferma la dignità umana solo per i pochi che posseggono le doti intellettuali, infatti arriva a definire l'uomo come un pidocchio, anzi l'uomo è un pidocchio. Più tardi passerà a un rispetto dell'umanità che sarà il tema pubblico e politico del suo pensiero maturo. Anche il pensiero sulla Rivoluzione Francese è incentrato nel disegnare l'ambigua o duplice condizione umana, sia l'inizio che il fine della storia si trovano da un punto di vista epistemologico in una situazione di confine: la fondazione dello stato repubblicano e l'instaurazione di un diritto cosmopolitico è il lato positivo e legale, collettivo; poi vi è il modo di pensare, la legge morale, il livello del bene e del male, individuale. Kant molto argutamente distingue il punto di vista dell'attore e dello spettatore, è la distinzione fra teoria e prassi, fra il pensare e interpretare un avvenimento e chi agisce, ne è protagonista.
Lenin definirà la storia dell'800 e del 900 una storia di guerre e rvoluzioni, ma quando si parla di rivoluzione si parla di un evento eccezionale, grandioso della storia. Ma con Kant si può pensare ad un ampliamento dei confini della realtà: posizionarsi non solo nella unicità dell'evento grandioso, ma aprendo una zona intermedia, nella banalità degli avvenimenti singolari o colletivi che avvengono nella vita quotidiana. Fra innovazione e catastrofe.


Lo stato di guerra che alcuni oggi "interpretano" e altri "agiscono", dovrebbe far riflettere.

Riflessioni ottenute dopo la lettura di testi riportati alla fine dell'articolo da parte di un militare:
Questa è una guerra che ha estremizzato il concetto di limite. Limite dell'uomo e limite dei mezzi.
Vi è un primo riferimento ad autori cinesi quali: Qiao Liang e Wang Xiangsui. Guerre senza limiti, Libreria Editrice Goriziana 2002.
Questi partono dall'analisi della guerra nel Golfo, nel loro modo di vederei vi era stata l'apoteosi della tecnologia, della potenza distruttrice delle armi e il trionfo dell'asimmetria dei potenti.
Vi è poi il paradigma razionale e lineare dell'Occidente che pensa all'Oriente come suo opposto. Ma questa definizione deve essere confrontata alla luce della globalizzazione per cui Oriente e Occidente non sono più nè concetti geografici, nè una suddivisione fra razze e religioni. Ma se si vuole culturali: si presenta nella concezione del Tempo, dello Spazio, della Vita e della Morte, ma queste sono le dimensioni fondamentali anche della guerra. Da questo punto di vista la differenza fra occidente e oriente viene vista anche nella concezione della guerra.
L'occidente adotta un tempo lineare, una retta da meno a più infinito. Lo spazio è esterno all'uomo ed è ordinato. La Vita e la Morte sono riferite all'uomo biologico, con un principio e una fine, sono opposti e ogni cosa ha un suo opposto, l'uomo è l'individuo ed è il centro, la misura di ogni cosa, anche della divinità.
In oriente il tempo è ciclico e circolare. Lo spazio è sia esterno che interno all'uomo ed è caotico; la Vita e la Morte riguardano tutti gli esseri viventi, l'uomo è solo una proiezione dell'alternanza e vale in quanto parte di tutto. Ogni cosa non ha un opposto ma un completamento, e la divinità è in funzione dell'equilibrio cosmico e non dell'individuo.


Per i primi la guerra è uno strumento della potenza umana, per i secondi è un dovere verso la trascendenza o la comunità.
In uno ha un inizio e un fine razionali, l'uomo fa la guerra con i mezzi che dispone e atterra l'avversario, Vita e Morte sono fattori predominanti. Nell'altro non c'è inizio e non c'è fine, vi è l'equilibrio, l'uomo è lo strumento di guerra e, piuttosto che vivere e morire, vale il come si vive, come si muore.
Allora la geografia è irrilevante. Se la globalizzazione ha integrato criteri e principi della guerra occidentale, ci sono culture vicine che adottano culture differenti. Huntington è fuorviante.
All'occidente della guerra appartengono l'Africa del Sahel fino al sudAfrica, l'Australia esclusi gli aborigeni, la Nuova Zelanda inclusi i Maori che combatterono contro i colonizzatori.
Anche la Russia, Bielorussia e Ucraina, anche se nelle repubbliche centroasiatiche e nel Caucaso esistono sacche di orientalità pura.
Le comunità asiatiche culturalmente cinesi, incluso il Giappone, mongole e pre-mongole, induiste e buddiste, centro-asiatiche e persiane, islamiche e polinesiane, appartengono all'oriente della guerra. L'Africa del nord e i Baschi sono più orientali degli arabi. L'Europa balcanica è orientale e anche mezza Italia è istintivamente più orientale. Venezia è la più orientale dell'occidente ed è per questo che ha capito e amato l'oriente.
Anche la religione non rispetta la geografia. Il mondo occidentale è ispirato dalla tradizione giudaico-cristiana nata sul territorio asiatico. La religione ebraica è prettamente occidentale, quella cristiana è fondamentalmente orientale.
L'atteggiamento biblico verso la guerra è lineare. Occhio per occhio. Le guerre della Bibbia sono razionali, l'intervento divino è l'arma segreta del popolo di Israele. Ma è anche il suo pegno di fedeltà. L'alleanza con dio è un patto più politico e militare che religioso. La rottura del patto è devastante. Sodoma e Gomorra distrutte dal fuoco.
Nello stesso ambito del Cristianesimo le confessioni come il protestantesimo si rifanno al vecchio testamento, sono più lontane dal Cattolicesimo del buddismo.
La dottrina evangelica cristiana è lineare, ma nel campo del conflitto si distingue da quella biblica e diventa a-lineare, irrazionale. "Date a Cesare" è lineare, "Rimetti a noi i nostri debiti..." è lineare. Porgi l'altra guancia non lo è più. Non difendere il Maestro con la spada, disarma i potenti con il martirio non solo è a-lineare, ma estremamente asimmetrico.


Mentre il dissenso nei confronti dell'occidente può essere comune, le ragioni sono diverse, per questi motivi non si può avere il consenso di tutti, ma di ciascuno.

Nel campo degli studi strategici e militari il disorientamento è ancora più forte.
La filosofia, la prassi e il modo di interpretare la guerra sono radicati nell'illuminismo, nel razionalismo e nel romanticismo
Dopo Voltaire e Kant, Nietzsche e Freud si accomunano nello smantellamento delle certezze del mondo occidentale, ma già Schopenhauer e Kierkegaard avevano messo in discussione l'impronta razionalistica.
Avevano criticato il panlogismo di Hegel, il materialismo di Marx e lo scientismo positivistico, cioè le filosofie che hanno una fiducia nel progresso.
Mettono in discussione i punti più stabili della civiltà occidentale: Nietzsche in particolare si innesta nel filone di pensiero vitalistico, esaltazione della vita e dell'irrazionalità.
La fisica ha abbandonato il meccanicismo newtoniano e ha scoperto la relatività e il caos strutturato, la matematica e la biologia hanno scoperto le teorie della complessità, i sistemi sociali sono cambiati e i tratti del post-illuminismo sono crollati.
La filosofia della guerra è rimasta ai riferimenti mentali e dottrinali di Clausewitz, sia per le strategie terrestri che navali ed aeree.
Il potere marittimo è tipicamente anglosassone elaborato da Thayer Mahan e Corbett. Per la strategia aerea ci sono Douhet e Mecozzi.
Ma Clausewitz non è stato il solo, c'è Montecuccoli e la sua influenza su Napoleone. Machiavelli, Baldassarre Graziano, ecc.
Ma solo lui è il frutto della cultura europea illuminista reinterpretata dal romanticismo: ha anche cointribuito alla separazione dell'ambito militare da quello generale della società.


Dovuto alla razionalizzazione e connotazione scientifica: ma oggi tutto questo è limitante.

Oriente e Occidente fin'ora si sono combattute nel quadro della stessa concezione di guerra: Alessandro Magno combatteva in India come avrebbe potuto farlo in Grecia. I califfi avevano la stessa filosofia di guerra dei crociati. Questo fino alla Cina, ma siccome non furono mai varcati tali confini, i due veri estremi non si sono mai scontrati.
Anche le incursioni barbariche e mongole erano più un fatto di cultura. La cultura del movimento si contrapponeva a quella statica: diversa percezione del Tempo e dello Spazio (il cui rapporto dà la velocità). Anche Vita e Morte, o meglio del come.
L'occidente ha cercato di banalizzare la barbarie e il non rispetto delle regole. Questa razionalizzazione ha permesso una visione della invasione come catastrofe naturale.
Nell'ottocento però vi è stata una consolidazione dell'illuminismo e l'Oriente ne ha subito il fascino. Il Giappone adotta il codice di disciplina della marina olandese e si industrializza, concquista il sud-est asiatico. L'agonia dell'impero cinese inizia con i tentativi di modernizzazione e con l'invasione degli esperti militari occidentali.
Fino all'illuminismo il concetto di guerra europeo era "orientale", scarso riferimento al fattore Tempo nelle guerre sante (cent'anni, trent'anni) e l'uso dello spazio ridotto a quello necessario per le operazioni ad opera di èlite o mercenari, al ritualizzazione della lotta e ai codici etici.
Napoleone ha scardinato questo con gli eserciti di massa, l'ampliamento dello spazio e contrazione dei tempi.
La vittoria a tutti costi , la sconfitta comportava la caduta del sistema politico stesso.
Clausewitz ha esasperato questa concezione, separando l'ambito occidentale della querra moderna da quella orientale e pre-illuminista.
Non sempre vi è stato il predominio concettuale della razionalità e della simmetria.


Le guerre coloniali sono state fino alla seconda guerra mondiale, il sunto dell'occidente imperiale e lineare ma asimmetriche.

Il dominio del mare si è ottenuto con battaglie equivalenti a quelle barbariche: predominio del movimento e con ambiente senza confini: praterie dalla Mongolia all'Ungheria e il mare.
In tutte le moderne guerre che hanno visto Occidente e Oriente contrapposti la concezione lineare e razionale non ha prevalso neppure sotto la preponderanza delle forze e della tecnologia.


(segue....guerre e conflitti del futuro: scenari)


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