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Il Marocco e la lotta al “terrorismo”: 
pena di morte o rispetto dei diritti umani? 

 al-Quds al-‘Arabi (Gerusalemme araba, Londra) , .:. 20.02.2003  

Lo scorso 19 febbraio, Sa‘ud Karim, magistrato procuratore marocchino, ha 
formalmente chiesto la condanna a morte per i presunti terroristi collegati 
ad al-Qa‘ida. Pare che questi stessero organizzando un attentato nello 
stretto di Gibilterra, ai danni di una nave occidentale, e in Marocco, nel 
Caffè della più importante piazza di Marrakesh.
Il tribunale penale di Casablanca ha chiesto l’applicazione della pena 
capitale per i componenti di questo gruppo terroristico: tre sauditi (Hilal 
Jabir ‘Awwad al-‘Asiri, Zahir Hilal Muhammad Tabiti e ‘Abdallah Muzaffar al-
Ghamidi) e le mogli marocchine di due di loro.
Le accuse rivolte sono quelle di associazione criminosa, tentato omicidio, 
tentato sabotaggio e frode, imputazioni che hanno portato alla richiesta 
della pena di morte, che in Marocco non viene applicata dal 1993.
In base alle dichiarazioni di Sa‘ud Karim, gli imputati avrebbero acquistato 
un’ingente quantità di esplosivo con lo scopo di compiere atti terroristici 
collegati alla rete di al-Qa‘ida. Con l’organizzazione sarebbero venuti in 
contatto durante le loro esercitazioni militari in Afghanistan.
In effetti Tabiti, nel corso degli interrogatori, ha ammesso di essersi 
incontrato con Osama bin Laden nel 2000 durante il suo soggiorno in 
Afghanistan, giustificando però quest’ultimo con il desiderio di far parte 
delle file dei combattenti per il Jihad e rifiutanto tutte le incriminazioni 
rivoltegli dal tribunale marocchino.
E non sono mancati testimoni che hanno messo in dubbio tali accuse, 
affermando di non aver mai notato negli accusati dei comportamenti sospetti, 
ritenendo del tutto normali le attività svolte in Marocco dai tre sauditi e 
dalle loro mogli.

Ma il dibattito è aperto. Contemporaneamente, il Paese si è trovato di fronte 
al dibattito insorto tra i sostenitori e gli oppositori (tra cui 
l’Associazione marocchina per i Diritti Umani – al-Jami‘a al-Maghribiyya li-l-
Huquq al-Insaniyya) del nuovo progetto di legge contro il terrorismo. 
«Se si crede fermamente ai principi democratici – ha affermato il ministro 
della Giustizia Muhammad Buzuba- bisogna anche rispettare le istituzioni 
costituzionali. Nessuna associazione può permettersi di rifiutare tali 
istituzioni, tra cui v’è il Parlamento, il cui interesse è sempre quello di 
preservare la pubblica sicurezza»
«Nel 1998 –ha proseguito Buzuba- sono stati firmati degli accordi per la 
lotta al terrorismo e dunque anche il codice penale marocchino deve essere 
conforme ad essi. Qualora poi il codice non preveda tali accordi i tribunali 
sono comunque tenuti ad applicarne i contenuti. Il nuovo progetto non esclude 
definitivamente quanto previsto nel codice penale precedente in fatto di 
custodia cautelare non superiore alle 48 ore, di diritto dell’accusato di 
ricorrere ai testimoni per la sua difesa, di maggiori mezzi per un 
procedimento più facile e chiaro che permetta al giudice di distinguere trai 
crimini comuni e quelli più gravi, come ad esempio quello di “terrorismo”».

L’opposizione. Il segretario dell’Unione Socialista (al-Ittihad al-
Ishtiraki), partito presente nella maggioranza, sollevando la questione delle 
proteste mosse dall’opposizione e dall’Associazione Marocchina per i Diritti 
Umani, ha dichiarato che è legittimo mettere in discussione tale progetto, ma 
che bisogna però indicarne i difetti o gli eventuali esiti negativi. Ed è 
proprio quello che è stato fatto dall’opposizione, in particolare dal Partito 
per la Giustizia e lo Sviluppo (Hizb al-‘Adala w-al-Tanmiyya) sostenitore 
dell’idea che questa legge viola i diritti umani e quanto precedentemente 
acquisito in questo settore dal Marocco, dando l’immagine di un paese alle 
prese con una lotta interna trai vari gruppi. Il progetto si dice, è il 
risultato di un’influenza esterna e non la risposta alle esigenze della 
società marocchina, è peggiore delle leggi emesse durante il periodo 
coloniale.
Anche il Partito del Progresso e del Socialismo (Hizb al-Taqaddum w-al-
Ishtirakiyya) ha chiesto che venga presentata una dichiarazione in cui il 
governo s’impegni ad agire per la protezione dei diritti dell’uomo e della 
democrazia. Secondo questa formazione, a cui si associano i social-
democratici (al-Hizb al-Ishtiraki al-Dimuqrati) il progetto legato alla lotta 
al terrorismo non è affatto impeccabile: contiene un certo numero d’errori 
che bisogna cercare di evitare, tra cui una non precisa definizione e 
delimitazione del concetto di “terrorismo” e degli strumenti individuati per 
combatterlo, come le perquisizioni nelle abitazioni dei cittadini e l’uso 
delle intercettazioni telefoniche. Elementi che potrebbero influire 
negativamente nel cammino democratico del Marocco.

 


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