Lettera aperta ai movimenti europei

verso il forum sociale di Saint Denis

 

Il 18 luglio a Genova, dopo l’assemblea del gruppo di continuità del forum sociale che si è tenuta l’8 a Roma, si definisce in termini più o meno conclusivi il programma, o meglio il contributo delle reti europee all’organizzazione del Forum sociale europeo di Saint Denis. Il tutto accade mentre è in dirittura di arrivo la proposta di costituzione europea elaborata dalla convenzione, nel semestre italiano di presidenza europea, dopo i controvertici di Evian e di Salonicco e in vista delle mobilitazioni anti-Wto di Cancùn.

Ci troviamo indubbiamente di fronte ad una serie di problemi tutt’altro che marginali: un movimento, che pur nella ancora evidente capacità attrattiva, è risultato nelle ultime scadenze frammentato, segnato da una separazione tra dimensione di programma e disponibilità al conflitto e alla radicalità, attraversato da anime fortemente anti-europeiste.

Dall’altra un processo di costituzione europea, tutto disposto sul piano delle aristocrazie illuminate, stretto tra l’originaria chiave federalista e gli oltranzismi sovranisti (basti pensare all’anti-europeismo tutt’altro che tacito di Italia, Spagna, Inghilterra).

La sfida che vorremmo proporre ai movimenti italiani così come a quelli europei è di provare a intendere il Forum di Saint Denis come un momento della “costituente europea”, o meglio di quello spazio costituente dei movimenti e dei conflitti europei negato dal dispositivo della convenzione. L’immaginario e le pratiche di relazione e di elaborazione di programma che vorremmo produrre sono quelli della “costituente contro la convenzione”, ma in un’ottica altrettanto europeista e che sappia prendere le distanze da chi vede ancora nello stato nazione l’unico spazio politico praticabile per i conflitti sociali così come per processi di formalizzazione normativa.

Riteniamo, infatti, sulla scorta degli errori fatti nello scorso forum sociale di Firenze, che il problema non sia tanto quello della produzione autonoma o peggio separata di contenuti e di pratiche, ma che vada investito il forum, nella sua dimensione centrale, di un attraversamento continuativo e virale, che vadano messi al centro i temi irrinunciabili e non marginali di un’Europa sociale: cittadinanza e libertà di movimento, reddito e non lavoro, federalismo e municipalismo, comunicazione e autorganizzazione del lavoro cognitivo, saperi e critica alla proprietà intellettuale.

L’attraversamento che abbiamo in mente e che vorremmo praticare assieme ad altri è quello, per nulla timido, della costruzione di un “programma post-socialista” che sappia ridefinire il baricentro politico del movimento, in grado di riaprire quel terreno di frontiera e di sperimentazione, dato costitutivo del movimento globale che troppo spesso è andato smarrito.

Un programma che senza mezzi termini decreti esaurita la centralità degli stati nazione, si confronti sulla questione del reddito, dei diritti di cittadinanza, dell’acceso ai saperi e alla formazione a partire dall’orizzonte politico europeo, ne forzi internamente i limiti e le contraddizioni.

In particolare riteniamo che il Forum sociale di Saint Denis e la sua natura costituente debbano essere intimamente legati alla capacità di fare incontrare le reti sociali e non semplicemente le rappresentanze di movimento, che sia cioè momento di costituzione reale di programma e di agenda comune, in grado di attivare un confronto aperto sui temi come sulle pratiche. Perché siamo convinti di trovarci di fronte a una nuova fase, dove è impossibile separare l’agire globale da quello locale e dove, se da una parte occorre declinare socialmente la dimensione di conflitto accumulata sul terreno globale di contestazione dei poteri imperiali, è altrettanto necessario non fare delle lotte sociali una sorta di ripiegamento localistico che mette frettolosamente da parte la capacità del movimento di produrre eventi e immaginario. Crediamo&n bsp; sia un’esigenza di tutti, e quanto mai non-aggirabile, proiettare quel dato di ribellione dei giorni di Seattle, di Praga, di Genova, nella vita quotidiana, nelle dimensione esistenziale comune, nelle “forme di vita” che hanno attraversato i grandi appuntamenti del movimento globale.

Riconoscere che siamo in una nuova fase significa dunque evitare di “amministrare il patrimonio di famiglia” e riaprire una stagione di sperimentazione nelle pratiche e nei linguaggi, avere il coraggio e la flessibilità adeguate per avere a che fare con reti complesse, tentando di riarticolare il discorso sullo spazio pubblico. Saint Denis e la sua preparazione, da Riva del Garda a Cancùn, agli appuntamenti romani legati alla presidenza italiana del semestre europeo come quello del 30-31 ottobre, occasione di incontro dei ministri delle infrastrutture sul tema della casa, possono essere momenti decisivi per definire un “salto di maturità” del movimento dei movimenti, per tornare ad un rinnovato protagonismo, per alimentare nuovamente una stagione di conflitti.

 

Europa, Pianeta terra

Movimento delle e dei disobbedienti



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