Recensione + intervista sul manifesto di oggi - 24 Luglio 2003: Viaggio nell'arcipelago dell'ordine solidale Il trueque in Argentina, i network di produzione e consumo sociali in Brasile, le banche etiche in Asia. «La rivoluzione delle reti», il libro di Euclides Andrè Mance MAURIZIO GALVANI In Argentina durante il periodo di più acuta crisi economica la popolazione, per fare fronte alle necessità quotidiane, ha organizzato il trueque, ovvero il baratto, cioè lo scambio di prodotti senza la mediazione del denaro. Così, se una donna aveva fatto un dolce ha potuto scambiarlo con una quantità corrispondente di zucchero. Ancora: se qualcuno si trovava in possesso di un televisore in più lo poteva benissimo barattare con un ferro da stiro. Si può dunque considerare il trueque una forma di consumo in base a un principio solidaristico alla luce del fallimento dell'economia di mercato. Contemporaneamente al trueque, sono sorte altre forme di economia solidale: le fabbriche occupate/recuperate dagli operai, ad esempio, hanno iniziato a produrre merci per il mercato locale; sono sorte numerevoli mense di quartiere che hanno sfamato migliaia di persone ed i disoccupati organizzati (i piqueteros) hanno dato vita ad interventi collettivi per la ristrutturazione delle case. Una miriade di interventi dal basso, di cui è diventata protagonista la «società civile» che si è autorganizzata senza nessuna aiuto da parte dello stato.
E se questo è accaduto in situazioni di emerganza, rimane tuttavia il questito se l'economia solidale può rappresentare un alternativa all'economia capitalistica globalizzata. Più precisamente, è lecito domandarsi se un settore, non capitalistico e non statale della produzione e del consumo, può rappresentare un modello di partecipazione collettiva per milioni di persone che sono state «escluse» dal processo dominante di produzione e redistribuzione. Le esperienze maturate negli anni Ottanta, in America latina ein Asia, sono una prima, importante positiva risposta a questo quesito. L'economia solidale non nasce dal nulla; si sviluppa ovviamente dentro i confini di una società capitalista, ma cerca di definire un altro tipo di consumo orientato alla soddisfazione sia di bisogni individuali che collettivi. E' da questo presupposto che prende l'avvio il libro di Euclides Andrè Mance La Rivoluzionie delle reti, l'economia solidale per un altra globalizzazione (Emi edizioni, pp. 224, ? 13). «Ad esempio - scrive il professore brasiliano - se in un determinata regione di un determinato paese, una popolazione sceglie di comprare prodotti a basso prezzo da una fabbrica - che per ridurre i costi usa tecnologie inquinanti - potrebbe fare fallire un'altra ditta concorrente che, viceversa, cerca di preservare le risorse ambientali collettive». A prevalere, in questo caso, sarebbe una logica di consumo alienante e forzato che non ha niente a che vedere con il consumo del biem-vivir , che preservi cioè l'occupazione, gli ecosistemi, garantendo al tempo stresso il carattere pubblico di alcuni servizi sociali. L'economia solidale è praticata in migliaia di località del Brasile. Gruppi diversi di lavoratori disoccupati producono merci di varia qualita: mobili, giocattoli, vestiti, prodotti, per la pulizia e tante altre piccole cose (marmellate, dolci, artigianato). Sono gruppi organizzati, ma inseriti spesso in reti sociali di produzione. La rete è infati un sistema aperto che si autoriproduce (è autopoietico), la sua reale forza sta nel fatto che cresce in intensità e in estensione. Ovvero un network cerca di coinvolgere il maggior numero possibile di persone che vivono in quella località e allo stesso tempo cerca di favorire la nascita di altri nodi della rete in altre zone. La rete si alimenta ed opera su settori sempre più differenti: tanto più si espande tanto più può integrare l'obiettivo del consumo a quello della produzione. Ad esempio, se per produrre pane necessita la farina, un nodo della rete potrà essere allo stesso tempo oggetto del consumo solidale ma anche parte integrante del processo di produzione. Tramite la rete può nascere il bisogno di tanti microproduttori di mettere insieme i loro risparmi per creare una banca «etica». La quale presta soldi non a singoli individui ma a gruppi solidali che partecipano ad un progetto collettivo. Dopo il caso del Bangladesh dove è stata costituita una «Banca del Popolo», esperienze simili sono state realizzate in molto altri paesi, dall'America Latina all'Asia, all'Africa. Sono anni che Euclides Andrè Mance ha focalizzato la sua attenzione sulle reti di collaborazioni solidale come possibile alternativa economica in vista di una società post-capitalistica e presenta un modello «rivoluzionario» rispetto alle teorie più classiche che hanno sempre rinviato a dopo la presa del potere il problema di una nuova organizzazione sociale. Non è facile, però, comprendere questa sfida, teorica, ma sopratutto sociale e politica, che vuole rendere attuale all'interno degli attuali processi di globalizzazione, la possibilità per milioni di persone di autorganizzarsi per contrastare la miseria. La pratica, come spesso accade, precede qualsiasi formulazione teorica. E non è quindi un caso che a proporci la possibilità di sviluppare un'economia solidale siano coloro che hanno già dato vita a esperienze di «produzione e consumo solidali». L'autore di questo libro, ad esempio, è un collaboratore della «Rete brasiliana di socioeconomia solidale» ed è responsabile del sito internete che opera per il collegamento tra la rete (www.redesolidaria.com.br). Per quanto riguarda l'Ialia, sono anni che operano, e spesso con successo, molte organizzazioni nell'ambito del commercio equosolidale. E tuttavia la presenza di reti estesi di produzione e consumo equosolidali raramente si è mai tradotta in una corposo proposta. Ciò è forse dovuto al fatto che la drammatica situazione di alcune realtà sociali (quella dei paesi più poveri) ancora non si avvertono nelle nostre regioni. Ciononostante, anche in Italia, come documentano anche i recenti dati dell'Istat, la povertà sta diventano la drammatica situazione in cui vivono milioni di persone. Per il movimento dei movimenti, la possibilità di dare vita a una economia solidale sarà uno dei banchi di prova per tradurre in realtà la speranza in un altro mondo possibile. Un'intervista con il filosofo brasiliano Euclides Andrè Mance L'economia della buona vita Dalla filosofia della liberazione all'elaborazione di un progetto alternativo alla società capitalistica basato sulla partecipazione attiva di uomini e donne L'esercizio alla libertà prevede il diritto di mangiare, la cittadinanza politica, l'educazione e che la libertà individuale non limiti la libertà dell'altro ANNA CHIESURA In questi nostri tempi globalizzati e globalizzanti, il termine rete ha acquisito una connotazione quasi onnivora, non più dominio esclusivo delle telecomunicazioni, ma metafora e simbolo di un mondo sempre più interconnesso in tutte le sue componenti - sociali, economiche, ambientali. Quando si parla di reti, però, si suole spesso confonderle con i diversi tipi di mediazione che le rendono possibili, accentuandone cioè le tipologie relazionali e di comunicazione. Manca invece una riflessione analitica sulle qualità di tali relazioni, i contenuti diffusi ed i loro presupposti epistemologici e filosofici. È per questo che il lavoro di Euclides Andrè Mance, filosofo brasiliano dell'«Istituto de Filosofia da Liberta» (www.ifil.org) rappresenta un contributo importante alla comprensione profonda delle ideologie dei movimenti sociali dal basso e delle loro proposte per una globalizzazione più democratica e sostenibile. E tra i suoi percorsi intellettuali si concentra appunto la riflessione sulle reti di economia solidale come possibili alternative alla società capitalista. «A solidariedade è o desejar o bem-vivir do otro», la solidarietà è il desiderare il benessere altrui. Questo uno dei fondamenti dell' economia solidale, al centro del suo ultimo libro, La rivoluzione delle reti. L' economica solidale per un' altra globalizzazione (Emi edizioni, pp. 222, ? 13), disponibile nelle librerie italiane grazie anche alla collaborazione di Ipsia, organizzazione non governativa di cooperazione internazionale, impegnata in vari progetti di sviluppo in Brasile. L'incontro com Euclides Mance è avvenuto in occasione del seminario internazionale «Europa-America Latina: Strategie di sviluppo democratico nella globalizzazione», organizzato da Euralat, l'osservatorio eurolatinoamericano sullo sviluppo democratico sociale e membro del Consiglio Internazionale del Forum Sociale Mondiale. Di fronte alla sua minuta ma carismatica presenza, viene quasi naturale sederglisi accanto per conoscere più a fondo le sue idee Partiamo dagli esordi: come nasce l'Istituto di Filosfia della Liberazione? L' Istituto nasce nel 1995 integrando gruppi di studenti e professori e gruppi religiosi della chiesa progressista impegnati in diversi campi della lotta sociale (diritti umani, movimenti di quartiere, alfabetizzazione, esclusione sociale). Ci mancava però uno spazio di approfondimento dove sviluppare una riflessione critica sulla filosofia di liberazione, una delle teorie portanti della cooperazione solidale. È da questa esigenza che nasce l'«Istituto di Filosofia della Liberazione». Per noi, il concetto di liberazione si riferisce alla realizzazione delle condizioni basiche della dignità umana, della persona in tutte le sue dimensioni - affettive, materiali, etiche e politiche. Non è una dottrina particolare, ma un campo aperto di ricerca filosofica, caratterizzato dall'opzione di fondo che ne segna la direzione, dalla parte dei gruppi sociali e dei popoli oppressi in quanto soggetti storici potenziali. Quali sono le condizioni per l'esercizio della libertà? Noi distinguiamo quattro condizioni per l' esercizio della libertà. Una prima condizione, presupposto essenziale di tutte le altre, è di natura materiale: la libertà di mangiare, di respirare.... chi non ha cibo non ha la libertà di mangiare. La seconda condizione è di carattere politico, e si riferisce al diritto di poter decidere sulla propria vita sia privata che pubblica, partecipando alle decisioni della città e del paese. L'esperienza del finanziamento partecipativo e la costruzione di una cittadinanza democratica in Brasile ne sono un esempio concreto. La terza condizione è l' accesso all' educazione e all' informazione: il che significa accedere alla diversità della cultura, delle visioni del mondo e di poter interpretare la realtà con strumenti critici propri. Ultima, ma non meno importante, la condizione etica dell' esercizio delle libertà: la mia libertà è esercitata eticamente quando promuove la libertà dell'altro. Come nasce l' idea delle reti di economia solidale? L' idea nasce dall' intreccio delle nostre problematiche teoriche con le dinamiche pratiche dei movimenti di lotta sociale e di economia solidale già presenti in Brasile. Da questo apprendimento reciproco abbiamo elaborato una teoria di organizzazione di reti, integrandole e dandole un carattere strategico, che abbiamo poi restituito ai gruppi di base ed agli attori di economia solidale come nostro contributo. Da lì iniziano ad organizzarsi le reti di economica solidale - la prima in Curitiba - rivendicando una concezione di produzione articolata con la domanda di consumo locale, in forma autogestita e un processo di auto alimentazione produzione e consumo, di sviluppo sostenibile. Nel 1999 poi abbiamo realizzato un portale internet (www.redesolidaria.com.br), ricca di informazioni, esperienze, spazi di approfondimento e discussione. Veniamo ora al concetto di rete: com'è costituita e come funziona una rete di economia solidale? Una rete è costituita dalle cellule - sue unità costitutive -, dalle loro interconnessioni relazionali e dai i flussi che le alimentano. Questi flussi possono essere di tre tipi: flussi d' informazione e tecnologia, flussi di beni e prodotti e flussi di valori, sia economici che etici, di gran lunga i più importanti. Ogni volta che due gruppi, due organizzazioni si integrano in un processo di scambio con altri gruppi, in cui uno alimenta l' altro in un intercambio di diversità ed arricchimento reciproco allora abbiamo una rete. Tutti i tipi di organizzazioni (movimenti delle donne, reti di diritti umani, reti di produttori agricoli) che si organizzano e che s'integrano in un flusso di informazioni e consumo fanno poi parte di questa rete. Le dinamiche relazionali fra cellule avvengono senza gerarchie verticali prestabilite, come invece avviene nel modello capitalista. Nel suo libro afferma che condizione della crescita della rete è la promozione del consumo. Può spiegare a che tipo di consumo allude? Nel libro sono evidenziate tre modalità di consumo, tra cui quella del consumo come mediazione del bem-vivir. Questo tipo di consumo può trasformarsi in consumo solidale, quando i prodotti da me acquisiti garantiscono il rispetto dei parametri di sostenibilità sociale, economica e ambientale. Nella prospettiva solidale, la relazione tra chi consuma e chi produce va molto aldilà del comprare o vendere prodotti. Comporta una coscienza ed un compromesso comune in favore del benessere di tutti, ed il superamento delle forme di consumo forzose ed alienanti. Le reti che propongo non sono solo di economia solidale, sono reti di collaborazione solidaristica che è un concetto molto piu complesso e importante di quello dell'economia. Anzi, se non si considera l'economica nella prospettiva della collaborazione, la proposta dell'economica solidale diventa di fatto connivente con la forma capitalista di produzione. Cosa distingue le reti di economia solidale del suo libro dalle forme di coperazione e scambio che caratterizzano da sempre le relazioni umane? La nozione di rete permette di lavorare con la diversità, e fare della diversità la forza del cambiamento. Le reti si autoalimentano tramite la diversità: tanto maggiore è la diversità, tanto più forte è la rete. La sua forza è nella tessitura, nell' inclusività e nella qualità dei legami tra i suoi componenti. È la stessa idea dell'ecologia, ma qui si tratta di una diversità con principi etici; non tutte le diversità sono buone, alcune annullano le libertà dell' individuo, ma quelle «buone» ne garantiscono le libertà. Le reti sono importanti - e rivoluzionarie - perché per la prima volta esiste una forma di organizzazione politica che integra i vari gruppi di produzione, cultura, educazione. Ognuno lavorando in sua autonomia, e cercando di garantire alla comunità le condizioni basilari all' esercizio della libertà prima ricordate. Ed infine gli aspetti politici...qual' è la posizione del nuovo governo Lula? Lula ha una concezione molto fine e sensibile di quello che sta succedendo e del profondo cambiamento necessario per una società più giusta. L' economica solidale è un fenomeno emerso soprattutto grazie al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, che ha permesso di convertire le piattaforme di economia solidale in piattaforme di politiche pubbliche. Il governo assume questo come importante contributo alle proprie politche sociali. Il progetto «Fame Zero», per esempio, prevede la somministrazione del cibo non solo in quantità, qualità, e regolarità ma anche in dignità. C'è qui una differenza fondamentale: la gente non è più considerata come mero oggetto di politica pubblica, ma come soggetto attivo di partecipazione. Ottenere il cibo in dignità significa avere la possibilità di lavorare e guadagnare, ed in questo senso la reti di economia solidale possono contribuire all'attuazione delle riforme sociali previste dal governo. Un' importante novità è che recentemente è stato attivato presso il Ministero del Lavoro il Segretariato Nazionale di Economica Solidale, e questo è già un bel passo avanti. ___________________________________________ rekombinant .network http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism http://urbantv.it