Il testo di seguito costituisce la riscrittura e il completamento di uno scritto precedente, inviato qualche giorno fa sulla lista cyber-right. Su quella lista le divagazioni sono piuttosto sgradite e conviene attenersi rigidamente al topic. D'altra parte cio' che intendevo suggerire con quelle osservazioni andava un po' oltre questioni inerenti efficienza o inefficienza dei servizi telematici.
Si trattava di ragionare sull'esclusione tecnicamente organizzata e sulle sue sottili e devastanti conseguenze. Un argomento che, a mio modo di vedere, sfugge in gran parte agli osservatori. Nella giornata di Sabato un omicidio particolarmente clamoroso, compiuto da uno psichiatra ai danni di un suo collega, mi ha convinto che fosse necessario estendere tale ragionamento cercando di evidenziarne gli snodi piu' interessanti. In parte si tratta di riprendere l'annosa questione del rapporto tra vincoli sociali, strutture burocratiche e soggettivita', in parte di mostrarne alcune sfaccettature nuove determinate dall'uso burocratico delle tecnologie. Soprattutto, si tratta di portare alla luce il legame tra questa forma di violenza sistematica, sottile, anonima e le forme di violenza apparentemente "insensate", "gratuite", "inspiegabili" che si stanno diffondendo sul territorio nazionale. Ne e' venuto fuori un improvvisato trattatello "bastardo", ovviamente del tutto semiserio, che di queste problematiche mostra uno scorcio bizzarro. Del resto ci vuole una forte dose di ironia per discutere situazioni che, in qualsiasi altro modo vengano prese, possono rivelarsi intollerabili.
Questo vorrebbe essere anche un modo, ovviamente minimalista, di rendere abitabile il precipizio.
Resta inteso che si tratta di un testo lungo e divagante, dedicato ai soliti quattro gatti, quelli con l'insonnia.



________________



Da qualche tempo riesco a rimanere collegato per un periodo molto breve. Non saprei in che modo identificare il problema. Potrebbe essere il modem ormai fritto, potrebbe essere l'effetto degli attacchi che subisco, come da log del firewall.


A un certo punto mi dico: "Perche' non provare a fare il numero verde del provider ?". Quando si e' schiacciati dalla fretta e' una delle cose meno consigliate, ma quando ci si imbatte in un mattino d'ozio sereno, ancorche' caldo, si puo' decidere di farlo. Anche per curiosita', per vedere come procede, per fare due chiacchiere.
Compongo il numeretto e mi risponde una solerte signorina. Mi identifica. Spiego il problema, e mi viene detto che devo parlare con i tecnici.
Cosi' si accende una musichetta, che ogni quindici secondi mi consiglia di non attaccare per "non perdere il vantaggio acquisito".
E io non attacco. Dopo qualche minuto parlo con il primo tecnico. Mi dice di andare su accesso remoto, verifichiamo insieme il modem. A quel punto mi suggerisce di inserire nelle impostazioni avanzate di configurazione una nuova stringa. Me la detta. Io eseguo, correttamente. Dal momento che ho una dial-up e una sola linea telefonica chiedo cosa devo fare nel caso non funzionasse. Mi risponde che in quel caso devo richiamare il numero verde.
Provo a connettermi, non riconosce nemmeno il modem. Ritelefono. Risponde un'altra signorina (Lucia). Mi identifica. Le spiego il problema. Mi passa ai tecnici. Musichetta. Risponde un altro tecnico (Gianni). Gli dico della stringa. "Me la detti" dice lui. Gliela detto. Dice che non va bene. "Usi quest'altra, andra' sicuramente bene". Eseguo. Riprovo. Niente da fare, non c'e' proprio collegamento. A questo punto ovviamente richiamo. Nuova signorina (Maria). Identificazione. Musichetta. Nuovo tecnico (Piero).Nuova stringa.Niente.
Telefono. Signorina. Identificazione. Musichetta. Nuovo tecnico (Mario). Nuova Stringa. Niente.


Loop: * (5).

Nonostante ripeta tutte le volte i nomi delle persone con cui ho parlato non mi ripassano mai gli stessi.
Strano posto dev'essere un call center. Si sente un brusio di voci nervose, in sottofondo. E io penso a tutte queste stringhe, alle regole di composizione dei codici. Alle infinite sequenze casuali che si riescono a produrre da un numero limitato di simboli. Le stringhe. Tutte queste stringhe infinite. Loop.


Mi dico: "Beh, non ho risolto il problema, ma ho conosciuto un sacco di gente".
Eppure c'e' qualcosa che mi ronza in testa, qualcosa che proprio non va. E' come se mi trovassi di fronte all'opposto geometrico del "just in time". Si potrebbe forse definirlo il "never in time" o qualcosa del genere. Un loop dell'esclusione. Un ronzare a vuoto tecnicamente predisposto. Ma forse, mi dico, e' solo un'impressione.
Non importa. Lavoro sempre su un'altra macchina, off line. Tanto la rete mi serve essenzialmente per la posta. E per quella i miei pochi minuti di connessione bastano e avanzano. E dunque ciccia.


Pero'...

qualche sera fa mi telefona una vecchia amica. Lei ha fatto un buon decennio di supplenze, per poi sentirsi dire che tutto il lavoro che aveva cumulato non le sarebbe servito a nulla. Cambiate le regole del gioco. Adesso c'e' un corso a cui si accede con relativo concorso, per chi vuol fare l'insegnante. Una vera carognata.
"Certo", le dico, "ma cosa c'entro io?". Mi spiega che l'iscrizione al concorso per il corso puo' essere fatta solo via Internet. Mi schermisco: "Ho la connessione che funziona male". Ma lei insiste. "In fondo", mi dice, "si tratta solo di compilare un form".
Mi sento avvolgere da un senso di oppressione, di nausea. Alla fine le dico: "Va bene, ma preferisco che tu venga qui. Non intendo accollarmi responsabilita'".


Salvo nel frattempo le pagine che introducono alla compilazione dei form. "Dovesse cadere la linea", mi dico, "possiamo compilare i form offline e poi spedirli". Il giorno dopo viene da me e iniziamo a compilare i form. La faccenda si rivela subito piu' scassascatole di quanto si poteva pessimisticamente prevedere. Si devono compilare due form. Il primo e' la registrazione. Il secondo l'iscrizione vera e propria. Compiliamo il primo form. Vuole sapere la fava e la rava della mia amica: residenza, data di nascita, diploma, istituto in cui ha ottenuto il diploma e cosi' via.
Finito il primo form vengo colpito dal primo accidente. Invece di aver compilato il form per iscriversi ai corsi postlaurea abbiamo compilato il form per l'immatricolazione all'universita'.
Trasalisco. Ma come e' potuto accadere ? "Pazienza" le dico. Ricominciamo a compilare il form per i postlaurea. Terminato il form ecco la sorpresa: non si puo' procedere all'iscrizione perche' il codice fiscale risulta gia' presente in archivio. "Grazie al Kaiser!" dico io, "l'abbiamo inserito erroneamente prima!". Eppero' non c'e' modo di cancellare la registrazione per le matricole. E non si puo' andare avanti. Telefoniamo al numero verde. Risponde un impiegato che si scusa molto per quanto accaduto. Ma, ci dice, "C'e' un errore nel sistema. Non si possono cancellare i dati immessi".


Inizio a innervosirmi, la mia amica, comprensibilmente, e' piuttosto sconvolta. Sono lacerato dal senso di colpa: "Ma come ho fatto a sbagliare?".
Inizio a scusarmi infinitamente con lei. Non posso fare altro che dirle che restero' a sua disposizione. Compilo quattro e-mail per ciascuno degli indirizzi dei webmaster di quel sito. Poi devo uscire per smaltire l'incazzatura. Passeggio. Rifletto.


Torno sul PC, recupero le pagine che avevo salvato e scopro l'arcano.
Non avevo sbagliato un bel nulla. La pagina dei corsi Postlaurea che avevo salvato il giorno prima, ha un link "compila il modulo di registrazione" che ti manda sul modulo di registrazione sbagliato, quello delle matricole.


Io mi sento un po' liberato dal problema. Quantomeno alleggerito.
Le telefono. Parlo con il marito, che mi dice che mi crede, ma che in fondo, dal punto di vista legale, non cambia nulla. Per quello che ne sa un esterno l'indirizzo del link sulla pagina avrei anche potuto cambiarlo io. Anche perche' al momento il link online punta correttamente al form delle registrazioni post laurea e non a quello delle matricole.
Riapro la pagina che avevo salvato, e continua a spedirmi sul form delle matricole. Evidentemente si sono accorti dell'errore e l'hanno cambiata, i maledetti !


Lampadina ! C'e solo una cosa da fare: cercare tutti i motori di ricerca che salvano copie cache. Alla fine ne trovo un paio che conservano la pagina che avevo scaricato, quella che spediva sul forma sbagliato. Alleluia ! Telefono alla mia amica. Adesso posso dimostrarle, almeno, che io non avevo sbagliato. E che nessuno si provi ad insinuare che io ho manomesso qualcosa per fingere di non aver sbagliato.
"Bella soddisfazione!" dice lei. Gia'. Bella soddisfazione. Cosa se ne fa lei ? E io ? Io cosa me ne faccio ?


Eppure, al di la' di come andra' a finire questa storia, mi torna in mente il "Never in time". Mi torna alla mente quest'idea dell' "esclusione tecnicamente organizzata". L'esclusione digitale. Il "never in time": dove non c'e' denaro sonante non si ha "tutto all'istante" ma "niente all'infinito".
E mi rendo conto che questo e' un nuovo terreno dei conflitti. Siamo preparati a una cosa del genere ? Poco.
Poco perche' in realta' se anche ci fossero altre cinquecento persone che sono cadute nella stessa trappola in cui e' caduta la mia amica, difficilmente saprebbero come organizzarsi, come far valere i loro diritti. Ognuno e' incapsulato sul suo PC. La comunicazione e' assolutamente "Uno a molti". La burocrazia divide e comanda. Attraverso la tecnologia.



Ora si tratta di effettuare un'acrobazia improbabile. Nella quale vi inviterei a seguirmi. Un balzo d'immaginazione un po' rocambolesco. Una domanda. In che misura questi episodi costituiscono la cartina tornasole per darsi qualche spiegazione di altri episodi, apparentemente da essi del tutto sconnessi?


Entriamo nel vivo del caso Arturo Geoffroy. Delitto estivo e dramma umano che gela il sangue dei bempensanti distesi sulle loro sedie a sdraio. C'e' una logica nella follia di Arturo Geoffrey, psichiatra e assassino, avrebbe forse detto Breton, "come uno e' pittore".
Del caso e' possibile fornire una prima sintesi. Geoffroy, attivo in una USL di Milano, viene un giorno sottoposto a sequestro da parte di un paziente. Rimane un'ora e mezzo sotto la minaccia di un coltello. Il paziente e' certamento "pazzo" ma, direbbe qualcuno, fino a un certo punto. La sua protesta ha un obiettivo ben preciso. Ottenere il pagamento della pensione di invalidita' che gli e' stata riconosciuta ma che non gli viene pagata da piu' di un anno.
Geoffroy, nel corso di quell'ora e mezzo di minacce, deve affrontare qualcosa di piu' che il pericolo della morte. Deve affrontare un'accusa bruciante: quella che le istituzioni che lui rappresenta sono false e ipocrite, che forse proprio ad esse va' rimproverata gran parte della patologia mentale diffusa.
Irrompe la polizia, il paziente viene rinchiuso in manicomio criminale per quattro anni.
Non stupisce che Geoffroy, dopo l'aggressione, entri pesantemente in crisi. Ne' mi stupirei se qualche illuminato psicanalista finira' prima o poi per individuare nell'episodio una dinamica perversa di tipo controtrasferale. Geoffroy interiorizza la posizione del paziente che lo minaccia. Chissa' ? Forse e' proprio questo il prezzo che deve pagare per avere salva la vita. Forse, per un attimo infinito, scorre qualcosa tra lui e il suo sequestratore.


Ma la reazione di Geoffroy all'episodio rientra nel novero delle cose che le persone fanno abitualmente quando subiscono simili shock sul lavoro ( caso non raro, per esempio, tra i dipendenti bancari che subiscono rapine). Chiede un periodo malattia. E qui inizia il calvario di Geoffroy. Nel momento in cui gli viene negato il periodo di riposo, Geoffroy inizia ad addentrarsi nella micidiale relazione di controtransfert con il suo paziente. Querela la ASL presso cui lavora. Chiede un risarcimento all' INAIL. Tutto gli viene sistematicamente negato. E lui non ci sta.

Per cinque anni, Geoffroy, Don Chisciotte della psiche, cerchera' di trovare una risposta al quesito che il suo paziente gli ha contagiato.

http://www.giornaledibrescia.it/giornale/2002/08/25/09,CRONACA/T5.html


Sistematicamente, bussa a tutte le porte. Si rivolge ai giornali, alla magistratura, arriva a denunciare i magistrati (anche Borrelli) che si rifiutano di prenderlo sul serio. Ronza a vuoto. Ricorre persino contro il Presidente della Repubblica, nella sua funzione di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.


http://notes3.senato.it/ODG_PUBL.NSF/0/4e3eb3abaa6d20ae41256a07006c09d4?OpenDocument

Ha le sue ragioni: gli atti con cui il suo caso e' stato archiviato sono pieni di abusi. Nel suo faldone compaiono referti medici sul suo conto da parte di medici "firmaioli" che non lo hanno mai visitato, ma che dichiarano che lo stato di "shock" in cui diceva di essere caduto dopo l'aggressione era una sua un'invenzione, un fatto che non legittimava un periodo di malattia. Ovviamente i fatti dimostrano il contrario. Lui, con la sua sofferenza, dimostra il contrario. Il sorgere della sua follia dimostra sistematicamente il contrario. Ma tanto piu' si ammala, tanto piu' l'apparato si predispone a "punirlo" piuttosto che a curarlo. Si sta addentrando - difficile dire se consapevolmente - nel doppio vincolo istituzionale. Uno strano anello terribilmente insidioso. Si sta addentrando, con l'ingenuita' di Don Chisciotte, nella zona buia in cui la terapia non puo' dare risposte, perche' le risposte "vere" sono politiche.
Cosi' Geoffroy viene radiato dall'Albo dei Medici e subisce due ricoveri coatti per schizofrenia. E' letteralmente la fine. Dal ruolo di medico viene scaraventato in quello di paziente. Don Chisciotte si schianta contro il mulino a vento. Gira con la macchina che si e' comperato con i soldi della liquidazione. Spesso ci dorme. E' praticamente ridotto alla condizione di homeless.
L'epilogo parla chiaro. Lo psichiatra, ormai radiato dall'albo, ammazza un collega, con il coltello.
La vittima, responsabile del settore "miglioramento e qualita'" del "coordinamento primari psichiatri milanesi" era, tra le altre cose, esperto di "contenzione fisica e farmacologica".
Geoffroy lo uccide allo stesso modo in cui il suo sequestratore avrebbe voluto uccidere lui.
Curioso: nella seduta parlamentare della commissione giustizia sulla petizione di Geoffroy contro il Presidente un senatore chiudera' l'argomento chiedendo:


"che la Commissione Sanità del Senato sia chiamata ad esprimersi sulla petizione in titolo avendo rilevanza a suo giudizio la questione relativa ai criteri con cui vengono selezionati i medici che nelle ASL vengono a contatto con malati mentali e che non dovrebbero essere da questi malati suggestionabili".

In altre parole Geoffroy non era idoneo al suo ruolo. Si potrebbe dire altrettanto, a questo punto, della sua vittima ?
Ovviamente la destra invoca la riapertura dei manicomi. "Che si rinchiudano tutti i Geoffroy, reali o potenziali ! " Che si inizi la guerra preventiva anche nel settore psichiatrico.


Qualcuno si chiedera' dove vado a parare, dov'e' il nesso con i fatti precendenti, call center e concorsi elettronici ? Sarebbe un discorso difficile, anche se interessante, affrontare il rapporto tra il cittadino e il diritto nei nuovi scenari. Siamo in epoca di ipertrofia legale. Si affastellano ricorsi su ricorsi: negli uffici pubblici, nei concorsi, nella cause sul lavoro.
Eppero' il caso Geoffroy rimane comunque un caso limite. Che indica il punto a cui la burocrazia non vorrebbe mai arrivare. E' il caso in cui il lavoro silenzioso degli apparati fallisce, rovesciandosi contro di loro. Adesso centinaia di criminologi, giornalisti, cercheranno di vederci chiaro. Rovesceranno le migliaia di pagine accumulate in anni di ricorsi, di articoli su quotidiani. Frugheranno la vita privata di Geoffroy per cercare di capire se quest'uomo ha subito un'enorme ingiustizia o se si tratta semplicemente di un mentecatto come sostengono altri. Ci sara' un difficile processo. Ammesso che Geoffroy sopravviva come noi tutti speriamo.
In fondo originariamente Geoffroy aveva chiesto soltanto che il suo disagio gli fosse riconosciuto. Quel disagio verra' invece riconosciuto solo dopo, in tutt'altro modo. Il guaio e' che era alle prese con un problema insolubile. E dunque prima i suoi diritti vengono calpestati e il suo problema viene negato. Poi, quando il problema dilaga drammaticamente, Geoffroy viene diagnosticato come irrimediabilmente pazzo. Qui sta il paradosso: non era stato forse lui, originariamente, a chiedere "aiuto" ?
Il drammatico episodio puo' dunque considerarsi il picco, la guglia, drammaticamente visibile, di microprocessi di esclusione che sono ben piu' profondi e radicati. Basti notare come qualcuno potrebbe decidere di escludere decine di persone dal diritto alla partecipazione ad un concorso con un semplice trucchetto telematico, mascherato abilmente da errore.


Chi subisce queste forme minori di esclusione anonima, raramente dispone di strumenti interpretativi, non riesce ad elaborare modelli esplicativi. In un modo o nell'altro quello di Geoffrey e' un loop di alto livello. Merita di essere ampiamente discusso (prevedo diversi volumi) perche' diviene una metafora del limite che si stabilisce in tal modo tra individuo e apparati. Ma nei casi minori, ordinari, quotidiani, come quello della mia amica, l'esclusione si presenta come una forza sottile e invisibile. Manca qualcuno da guardare negli occhi. C'e' solo una macchina, un malfunzionamento. E il fatto che sei tagliato fuori. Ma la sottile crudelta' di un apparato che illude e delude con cinismo tecnico, degno della "banalita' del male" di Arendt, si riverbera nel sociale attraverso forme speculari di follia anonima e insensata. E qui siamo al punto centrale del mio ragionamento.
Qualche giorno fa Rossana segnalava su redditolavoro un interessante articolo sulle gang di adolescenti napoletani. Gli adolescenti picchiano, accoltellano, la gente "senza nessun motivo". La loro, dicono sul corriere della sera, e' rabbia cieca. Una volta si sapeva: si aggrediva per rubare. C'era la miseria. Adesso c'e' meno miseria ma si sente nell'aria una sorda ferocia. Da dove viene ?
Telefono. Signorina. Identificazione. Musichetta. Nuovo tecnico (Mario). Nuova Stringa. Niente.


Saluti
Rattus










___________________________________________


http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism

Rispondere a