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pubblicato su Il Domani di Bologna 10 agosto 2003



In 10 anni 4° C in meno in città!

Gli incandescenti labirinti dell'insonnia di questa estate ci parlano
chiaro, se vogliamo avere un futuro sarà bene scegliere strade nuove per lo
sviluppo urbano.

Parliamo di città come di ecosistemi aperti. Organismi viventi che assumono
dall’esterno le sostanze della propria sopravvivenza con flussi di entrata
(risorse alimentari, idriche, energetiche) e flussi di uscita (rifiuti,
acque reflue, gas inquinanti); parliamo di sistemi che drenano,
metabolizzano ed espellono gigantesche quantità di risorse naturali e di
energia e che nell'organizzazione materiale e sociale dello spazio
riflettono i problemi e le soluzioni della propria storia: insalubrità,
approvvigionamento energetico, risorse idriche, rifiuti, dislocazione delle
attività produttive, traffico, verde urbano e così via.
La fornace di calore di quest’estate è solo la faccia più ostile,
deteriorata e degradata delle nostre città, di un sistema dissipativo
altamente entropico.  Asfalto, calcestruzzo, mattone, cemento: l'isola di
calore che ci attanaglia è dovuta principalmente ai materiali del tessuto
urbano; assorbono in media il 10% in più di energia solare, rispetto alla
copertura vegetale delle campagne. Nelle ore più assolate d’estate l'asfalto
e le pareti degli edifici raggiungono temperature superiori ai 60-90° C. Il
calore immagazzinato nei manufatti cittadini viene riemesso per
irraggiamento producendo un surriscaldamento tale da addensarsi in una vera
e propria cappa d'aria, 200-300 metri di spessore, che ristagna e sovrasta
ogni città.

Ma oggi come un tempo, con pochi sforzi e una politica razionale di
riequilibrio ambientale è possibile fare l’impossibile, rinfrescare le
città, abbassarne la temperatura, ridurne drasticamente l’inquinamento,
provocare la pioggia o impedirla, migliorarne il clima: basta volerlo.

Dobbiamo porci l'obiettivo di abbassare la temperatura media delle città e
ricostruire un equilibrio nell’ecosistema città-ambiente con un programma
decennale. Oggi la competitività di un sistema di sviluppo, piccolo o grande
che sia, si basa soprattutto sulla qualità della vita che il sistema può
garantire. La rivoluzione della politica in Italia deve partire dai fatti
come questi.

A Los Angeles si è investito miliardi per piantare alberi con il programma
scientifico dell'agenzia federale per l'ambiente, EPA, “Rinfrescare le
nostre città”, varato diversi anni fa per contrastare il caldo. Piantare 10
milioni di alberi a Los Angeles riduce di 4 gradi la temperatura estiva.
Los Angeles ha 17 milioni di abitanti e una superficie di 10600 kmq, Bologna
una superficie di soli 141 kmq e 372000 abitanti. Con le dovute
semplificazione e qualche spunto di genio logistico si riuscirebbe
facilmente a intervenire.
E così' a Francoforte, a Friburgo, a Londra (dove tra cintura verde e centro
cittadino ci sono 7 gradi di differenza). Messestadt, la nuova città che
sorge accanto all'aeroporto di Monaco, è addirittura vincolata alla
creazione di una cintura verde, un megaparco che le fa da polmone di
areazione.
Tutte le città che hanno conservato una vera cintura verde hanno un clima
più favorevole, tra la zona verde, più fresca, e quella cementificata, più
calda, si forma un venticello termico, una brezza, fondamentale per
disperdere inquinamento e calore. Altrettanto importante è intensificare il
verde minore, verde pensile e parietale, dai parchi urbani alle alberate
fino a quello che si può collocare sui tetti.
Nelle città tedesche si è puntato molto su queste reti di verde continuo,
con bandi e incentivi pubblici: isolamento termico, areazione e
disinquinamento; e poi gli alberi trattengono il terreno, riducono i
dissesti idrogeologici, le frane, le inondazioni.

E perché a Bologna non far riemergere anche le acque, come sostiene il
comitato del Parco Fluviale del Reno, l'acqua che scorre da secoli sotto le
strade, i palazzi, sotto le torri e che arriva quasi in ogni rivolo.
Bologna, ex città dei canali, ha un sottosistema idraulico sotterraneo che
sfruttando la naturale pendenza del territorio consente un uso miracoloso
delle risorse idriche. Riportando alla luce il cosiddetto Parco Fluviale del
Reno, il corso d'acqua ora intombato, in una adeguata cornice di verde
attrezzato, trasformeremmo radicalmente il volto di un quarto del centro di
Bologna. L’irrorazione costante delle strade oltre il risparmio dell’acqua
potabile renderebbe meno nocivo l'inquinamento e garantirebbe l'areazione
con notevoli effetti benefici sulla qualità dell'aria: riduzione delle
micropolveri sgretolate dalle ruote delle automobili, delle polveri sottili
e del pm 10.

E infine scomodare le macchine fantastiche dell’ultimo allievo di Guglielmo
Marconi: Pierluigi Ighina. Vive proprio qui, nella nostra provincia, lo
scienziato che tutti negano di conoscere. L’uomo che bombarda e muove le
nuvole, provoca la pioggia e impedisce le alluvioni. Anche se le sue
invenzioni possono far sorridere o provocare l’incredulità collettiva
dovremmo dare strumenti e credito a chi mette al centro delle sue ricerca la
qualità della vita di tutti. Le amministrazioni pubbliche moderne dovrebbero
acquisire e utilizzare, anche in via sperimentali, scoperte di così grande
importanza.


Antonio Amorosi
presidente comunale dei Verdi di Bologna

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