M'ero chiesto spesso, negli ultimi anni, che fine avesse fatto Sergio. Tra noi c'era stata una sostanziale intesa sui banchi dell'universita'. Avevamo entrambi il sospetto, per motivi diversi, che ci stavamo cacciando in un vicolo cieco. Benche' Sergio fosse segretamente "di destra" e io platealmente di sinistra, c'era tra noi una sintonia di fondo, che aveva a che fare con un passato comune di flipper e di motorini e altre storie di periferie urbane. Sergio, quando si sfogava con me, era solito iniziare con un "Tu lo sai, io sono ebreo e quindi sono cattivo !". Dopo questo "incipit" srotolava il nastro del suo risentimento verso insegnanti, burocrati delle segreterie, studenti apatici e servili. Io annuivo, perche' per lo piu' aveva ragione. Dopo la laurea ci siamo persi di vista. Lui aveva un diploma di geometra e una certa dimistichezza con la grafica bidimensione e tridimensionale. Per mantenersi gli studi aveva venduto per anni prestazioni (marchette, diceva lui) come caddista. Probabilmente, mi sono detto, avra' continuato.

Cosi' quando ho trovato la sua e-mail sono rimasto piacevolmente sorpreso. Mi chiedeva un incontro, con tono formale e un po' distaccato. Qualche giorno dopo, come d'accordo, me lo sono visto arrivare, in giacca, cravatta, cellulare e borsa. Un forte abbraccio, un caffe' e poi seduti uno di fronte all'altro.

- Ti ho seguito in questi anni. Esordisce.
- In che senso ? Rispondo senza tradire una certa inquietudine.
- Beh, ho letto sulla rete i tuoi post nelle varie liste. Non in modo sistematico, si intende.
- Ah, e ti sono piaciuti ?
- Mah...


A questo punto inizia a blandirmi con una certa determinazione. Ricorda questo e quell'episodio, una mia relazione sulla neurofisiologia della visione, una mia tesina sui videogame. Alla fine conclude:
- Il destino dovrebbe vergognarsi di come si e' comportato con te.
La battuta non mi e' nuova e non mi entusiasma.
- Ti ringrazio per le attestazioni di stima, vecchio mio. Ma ho l'impressione che non si tratti solo del destino.


Ridimensiono un po' l'immagine idilliaca che ha costruito del sottoscritto, cerco di prendermi qualche responsabilita', dichiaro qualche mio vistoso limite: pigrizia, tendenza a fare il bozzolo, momenti di depressione. Poi chiarisco:
- Non penso di aver commesso un errore nel rifiutare di fare l'esame di Stato, ma dopo quella scelta non potevo aspettarmi una carriera come psicologo.


Ma evidentemente Sergio tutti questi peana non li sta facendo a caso, e quindi e' opportuno dargli il tempo di arrivare al punto.

- La psicologia animale la continui a studiare ?
- Poco, anche se ho letto qualcosa recentemente.
- Stiamo elaborando un progetto per uno " studio-laboratorio di psicologia clinica per animali domestici".
- Che ?
- Hai sentito benissimo.


Avevo sentito benissimo. E iniziavo a intuire la piega grottesca che avrebbe preso a breve la nostra conversazione. La cosa mi divertiva. Cosi' inizio ad esporgli le mie perplessita'. Non conosco la nosografia clinica delle patologie psichiche degli animali, ma mi pare che non sia immediato parlare di schizofrenia di un gatto o di un cane. Per quel che ne so' l'unica forma attuale in cui questi accostamenti hanno qualche significato, peraltro discutibile, riguarda le sperimentazioni effettuate sugli animali per testare psicofarmaci destinati a esseri umani. (Detto per inciso: e' uno dei settori in cui gli psicologi sperimentali fanno qualche soldo, firmando dichiarazioni in cui rilevano che il comportamento del gruppo di animali Y sotto l'effetto del farmaco X si modifica in questo o quel modo, statisticamente significativo, rispetto al gruppo di animali Z, il cosiddetto gruppo di controllo).

- "Lascia perdere i farmaci". Mi interrompe deciso. "La questione e' un'altra. La questione e' che, tu lo sai benissimo, tutti questi perdigiorno annoiati della vita proiettano sui loro animali le proprie ossessioni, i propri tic, le proprie frustrazioni".
Sospiro. - "Eh, povere bestie !"
- Lascia perdere le povere bestie. E veniamo ai punti importanti.
- Veniamoci.
- Il primo e' che la funzione terapeutica dell'animale, riscoperta in questi ultimi anni, puo' essere rovesciata lavorando appunto sulle proiezioni. Noi sappiamo benissimo che, in molti casi, non e' affatto l'animale ad essere malato, piuttosto e' il padrone ad esserlo. Ma facciamo finta di crederci, e curiamo l'animale. In realta', in modo indiretto, curiamo il padrone.
L'altro punto che dovrebbe farti riflettere e' che la gestione della patologia mentale degli animali "sfugge" alla legge sull'attivita' degli psicologi. In altri termini, tu potresti benissimo praticare terapie come psicologo clinico animale. Almeno inizialmente. Cioe' a dire, fin quando il mercato non iniziera' a diffondersi e arriveranno le iniziative legislative di regolamentazione. Ma a quel punto, verosimilmente, ci sara' una sanatoria per chi gia' pratica, come avviene sempre in questi casi.
E' un mercato favoloso, per il quale si prevede un'espansione continua. Durera' almeno tre anni, poi tutto verra' regolamentato. Ma noi saremo i primi, i fondatori, gli aventi diritto. Mi spiego?


Inizio a ridere. L'animale umano si distingue, e' vero, in quanto animale dotato di linguaggio oltre che, naturalmente, in quanto animale "politico". Ma, direi soprattutto, si distingue per la facolta' di ridere. C'e', nella facolta' di ridere, cosi' come nella facolta' di parlare, un rapporto sempre aperto tra potenza e atto. Tutti, in un modo o nell'altro, abbiamo una risata potenziale che si trova ad ogni istante sul punto di tracimare. La mia facolta' di ridere, di solito pura potenza, in quel momento si e' tradotta improvvisamente in atto. Ha avuto lo stesso effetto liberatorio che avrebbe in questi giorni un temporale. Ho riso fino alle lacrime. Credo di non essere riuscito a fermarmi per buoni tre o quattro minuti.
Sergio inizialmente mi osserva perplesso, ma il riso e' contagioso come lo sbadiglio. Cosi' prende a ridere pure lui. Mentre ride mi lancia contro penne e palline di carta e ad ogni lancio bisbiglia qualche bonario insulto. Lanci di oggetti e insulti, comunque, stanno ad indicare che prima o poi dovrei smettere di ridere.


- "Parliamo seriamente", mi dice alla fine con tono malizioso.
- "Parliamo". Premo per qualche istante le mani sulla faccia per cambiare maschera, per fare la persona seria.
Incalza:
- Devi metterti in testa che questi non sono tempi per appellarsi alla razionalita' delle masse.
Continui a non capire la lezione della razionalita' limitata. Si tratta di saper afferrare le opportunita'. Dovresti averlo capito, ormai. Sai quanti cani con padrone si stima vivano solo a Roma ? Qattrocentocinquantamila. Quanti gatti ? Quasi un milione. Uccelli da gabbia ? Almeno ottocentomila. E questo senza tenere conto del sottoproletariato animale della citta'. Il tuo rattus norvegicus, per esempio.


- "Stavo pensando infatti a un consultorio per ratti, ovviamente autogestito". Ghigno.
- Beh, se ci metti pure loro, i cani randagi, i gatti selvatici, i piccioni, i gabbiani gli insetti, viene fuori che la biomassa animale per chilometro quadrato e' di cinquantacinquemila chili. E questo sai cosa significa ? Che ci sono, proporzionalmente, piu' animali a Roma che in Ogliastra.
Ma anche se restiamo alle cifre sugli animali domestici, che sono quelli che ci interessano, ci rendiamo subito conto che il mercato e' sterminato.
Mi guarda.
Lo ricambio con un' espressione ebete, a bocca semispalancata. Alla fine proferisco:
" Embe' ?"
- "Embe' la questione vera, sforzati di capirlo, e' che la psicologia clinica animale e' si' una fantasia, e quindi, proprio per questo, e'... un mercato. Il mercato, tu dovresti ormai averlo capito, si regge soprattutto sulla fantasia, ai nostri giorni.
Mi schermisco:
- Ma, guarda Sergio, onestamente, non credo che qualcuno riesca a far passare una simile enormita' senza essere scomunicato, direi giustamente, dalla stampa e dalla comunita' scientifica.


Riparte:
- Sapevo che avresti risposto in questo modo. Il che dimostra che non riesci ancora a separarti dalla retorica razionalista e scientista di cui sei imbevuto. Le cose non vanno come pensi tu. Prima viene il mercato, e poi il resto. Se parliamo di turlupinature, allora dobbiamo mettere in elenco anche le lotterie, molti fondi di investimento, tutta la medicina alternativa. Ma in realta' queste cose hanno a che fare con i desideri profondi delle persone. Eppure tu sai tutto quel che c'e' da sapere sul messmerismo, sulla frenologia, tutti esempi di circostanze in cui ipotesi scientifiche balorde hanno tuttavia garantito profitti, successo, prestigio e cura, soprattutto cura. Fare leva sui desideri profondi delle persone e' piu' che sufficiente, oggi, per avere le coperture politiche necessarie. Stiamo creando mercato, possibilita' di lavoro, fluidita' di capitali. Nessun barone illuminista si sentira' autorizzato a fermarci. Ma poi perche' dovrebbe farlo ? Chi ti dice che vogliamo prendere in giro le persone ? Non esiste forse uno spazio di legittimita' per la psicologia clinica animale ?


Rifletto. In linea di principio, questo ultimo argomento mi pare sensato. Ma solo in linea di principio. Provo a spiegarmi con lui:
- Si tratta di una questione molto difficile. Ammesso che esista la possibilita' teorica per qualcosa del genere, mi sembra manchino tutti i punti di repere per una sua realizzazione pratica. Non credo ci sia molta letteratura. A parte la "nevrosi sperimentale" dei cani di Pavlov non mi viene in mente nulla.
- Questo volevo sentirti dire.
- Come ?
- Questo volevo sentirti dire. Adesso ascolta la mia proposta. Hai sei mesi per passare a contropelo tutto il materiale esistente sull'argomento. Parti dagli antichi, rileggiti le favole di Esopo, trova il necessario per fare una raccolta storica di tutte le ipotesi sulla follia degli animali e le relative terapie. Scartabella internet, la biblioteca del CNR, quelle delle facolta' di veterinaria. Insomma, tira fuori quel che c'e' in Italia e negli USA sulla questione della psicopatologia animale. La penna ce l'hai. Le competenze pure. Cerca di mettere insieme un saggio documentato e persuasivo. Limitati a dimostare che, come dici, "in linea di principio" la terapia psicologica nei confronti degli animali e' teoricamente plausibile. Al resto pensiamo noi.


- Noi chi ?

Tira fuori una lunga serie di depliant. Associazione culturale "aiutalo!". La prima associazione italiana di terapia psicologica per animali domestici. Non ha l'aria di essere roba improvvisata: carta patinata, una certa cura nell'impaginazione e nella scelta delle immagini. Poi Sergio mi guarda fisso:
- Abbiamo punti di appoggio forti, anche dentro il Palazzo. Del resto il "business plan" e' stato curato in ogni dettaglio. Abbiamo gia' testato un campione. I risultati sono davvero incoraggianti.
Se accetti avrai un compenso proporzionato al lavoro svolto. Ma resta inteso che si tratta soltanto del primo passo. Diventerai una celebrita', Rattus.


- Chi ha finanziato questa follia, Sergio ?
Mi snocciola una serie di acronimi di societa' a cui lo stato ha affidato l'incarico di finanziare l'imprenditoria giovanile.


E' in quel momento che mi viene in mente Geoffroy. Cosi' la butto la':
- Hai seguito la storia di Geoffroy ?
- Si, ma cosa c'entra ?
- Pare che l'abbiano trovato in possesso di un libro di Carl Segan intitolato "Il mondo infestato dai demoni".
- Ah ! Infatti pare che il poveretto avesse la testa infestata da demoni.
- Niente affatto, questo lo hanno detto i giornali. I demoni, nel libro di Segan, sono quelli che lucrano sull'ingenuita' della gente. Geoffroy, nella sua follia, si deve considerare un vendicatore razionale, un illuminista.
Maneggio nei cassetti della scrivania. Tiro fuori una piccola balestra, carica. Gli dico:
- Con una balestra uguale a questa Geoffroy ha trafitto la sua vittima.
La punto verso di lui.
- Oh, ma sei scemo ?
- No, pero' penso che la nostra conversazione sta volgendo al termine.
Lo vedo arretrare lentamente verso la porta di casa. Appena la chiude dietro di se' sento un urlo: "stronzo!" che risuona per le scale, accompagnato dall'eco del tramestio veloce dei tacchi dei suoi mocassini. Non ha preso neanche l'ascensore. E pensare che sono ben dieci piani.
La balestra era, ovviamente, un modellino di plastica. Solo un giocattolo.




(Qualsiasi riferimento a fatti realmente accaduti e' puramente casuale).

Rattus


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