On Sat, Jul 04, 2015 at 08:54:59AM +0200, Paolo Cavallini wrote:
> Il 04/07/2015 08:45, Andrea Peri ha scritto:
> 
> > se chi sviluppa codice core ha un potere decisionale maggiore.
> > Potrebbe essere invogliato a non allargare la cerchia.
> > O ad allargarla solo verso persone alleate e negarla a persone nemiche.
> 
> Per piacere, non seminiamo paura, incertezza e dubbio. La comunità degli
> sviluppatori di QGIS è notoriamente la più ampia ed aperta di tutte
> quelle dei GIS, e una delle più ampie ed aperte fra i progetti di software.

Premettendo che confermo l'apertura della comunita di sviluppo QGIS,
non vedo alcun problema ad avere un controllo sulla "cerchia".

Lasciare che chiunque modifichi codice senza alcun controllo comporta
un maggior rischio di instabilita' del software risultante. Tutti i
software nascono in un ambiente molto controllato. Sia esso una software
house, una piccola comunita' o un individuo.

I software liberamente distribuibili in versioni modificate (lo sono
tutti i software liberi) possono facilmente (legalmente e tecnicamente)
essere svincolati da quel controllo attraverso il meccanismo del "fork".
Il controllo che rimane su ogni specifica versione disponibile in rete,
dunque, non e' _imposto_, ma _elettivo_.

Gli utenti _decidono_ da dove rifornirsi di software libero (ad esempio,
di QGIS). E possono decidere in qualunque momento di togliere la fiducia
ad un fornitore per darla ad un altro. E' stato il caso, ad esempio,
di OpenOffice o di Mysql: le distribuzioni principali hanno smesso di
fornirsi da Oracle e hanno accordato la propria fiducia ad altre comunita'
di sviluppatori che hanno creato le versioni LibreOffice e MariaDB.

Chi ha i diritti di commit su un repository specifico (un "punto di
fornitura") si trova gia' ad avere un potere decisionale maggiore sulla
vita di quella linea di sviluppo rispetto agli altri. In effetti e' un
potere unico, perche' nessuno puo' _comandare_ che sia fatta una cosa ed
aspettarsi che venga fatta da altri. Non nel software libero, almeno :)

Nel software libero sono liberi pure i programmatori e quindi devi
convincerli che valga la pena fare qualcosa. Anche pagandoli, certo,
ma non sempre basta (un software stabile e ben funzionante e' un asset
piu' importante di una singola commissione).

Sull'allargare il giro, dunque.
Va da se che allargando il giro il peso di ogni componente si riduce.
E si puo' rendere piu' difficile prendere decisioni (tanti galli a
cantare non si fa mai giorno). Tipicamente questo problema viene affrontato
da molte comunita' di sviluppo (specialmente in ambiente osgeo ove e'
_richiesta_ un'organizzazione di questo tipo) identificando un "comitato"
che ha delega di prendere decisioni su quel che si puo' o non si puo' fare
(ovviamente non su quello che si fara', perche' per fare bisogna che ci
sia qualcuno disposto a fare, non solo a decidere).

Il comitato (PSC, Project Steering Committee, per i progetti osgeo) diventa
dunque la cerchia con il un potere di indirizzo e controllo dello sviluppo
"ufficiale" di un software, che puo' decidere di applicare in maniera piu'
o meno stringente.

L'idea che il PSC a sua volta consulti i committers, tramite voti,
non mi scandalizza affato. Anzi, magari serve ad evitare che i mebri
del PSC decidano senza che le loro decisioni abbiano alcun effetto.

Per ribadire: nel software libero vige la "fattocrazia": decide chi fa!

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