Operazione Foibe continua...
 

 1) Trieste 8/1: Presentazione del nuovo libro di Claudia Cernigoi "Operazione 
Plutone. Le inchieste sulle foibe triestine"
 2) Alessandro Pascale: Le foibe e il 10 febbraio, "giorno del ricordo"
 

 

 Segnaliamo che nel 2018 è stato pubblicato sul sito diecifebbraio.info 
http://diecifebbraio.info/ un nuovo aggiornamento dell'Elenco dei premiati per 
il "Giorno del ricordo". Sono state trovate informazioni per ulteriori 9 nomi 
passando, rispetto al precedente elenco del 2017, da 345 a 354 riconoscimenti:
http://www.diecifebbraio.info/elenco-dei-premiati-per-il-giorno-del-ricordo/ 
http://www.diecifebbraio.info/elenco-dei-premiati-per-il-giorno-del-ricordo/

 

 

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 Trieste, martedì 8 gennaio 2019 
 alle ore 17:30 presso il Circolo della Stampa di Trieste, Corso Italia
 

 Presentazione del libro di Claudia Cernigoi
 

 Operazione Plutone. Le inchieste sulle foibe triestine
 

 Udine: Edizioni Kappa Vu, 2018

Introduce Pierluigi Sabatti, presidente del Circolo della Stampa, presentazione 
dell'avvocato Alessandro Giadrossi.
 

 Una delle tante mistificazioni diffuse in materia di “foibe” è quella che 
contro gli “infoibatori” non furono mai celebrati i processi. 
In realtà all’epoca del Governo Militare Alleato (GMA), e nello specifico tra 
il 1946 ed il 1949, a Trieste furono celebrati una settantina di processi per 
questi reati, conclusisi a volte con assoluzioni od amnistie, altre volte con 
condanne anche pesanti.
È proprio perché su queste vicende si è parlato e si continua a parlare citando 
acriticamente (e spesso anche in modo distorto) documenti che in realtà non 
sono basati su fatti ma solo su illazioni od opinioni, che l’Autrice ha sentito 
la necessità di fare una disamina delle relazioni sui recuperi dalle foibe 
triestine e delle vicende giudiziarie che ne sono seguite, in modo da 
presentare una visione il più possibile esaustiva di queste tematiche. 
Nella prima parte del testo, dopo l’analisi dell’attività di recupero delle 
salme e delle indagini condotte quasi tutte dall’ispettore Umberto De Giorgi, 
vengono approfonditi gli iter processuali relativi alle esecuzioni sommarie 
avvenute presso le foibe di Gropada e di Padriciano e la foiba di Rupinpiccolo, 
evidenziando come non sempre le risultanze giudiziarie siano coerenti con 
quanto appare in altra documentazione. 
La seconda parte è invece dedicata allo studio dei fatti che culminarono negli 
“infoibamenti” dell’abisso Plutone, presso Basovizza: l’Autrice ha analizzato 
assieme ad uno dei protagonisti, Nerino Gobbo, i documenti giudiziari e le 
varie testimonianze, contestualizzandoli nel periodo storico in cui si 
svolsero, in modo da dare una descrizione ancora inedita di quanto accade nel 
periodo cosiddetto dei “40 giorni” di amministrazione jugoslava di Trieste.
 

 evento FB: https://www.facebook.com/events/352945078830586/ 
https://www.facebook.com/events/352945078830586/
 

 

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 http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipib10-020032.htm 
http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipib10-020032.htm
 

 www.resistenze.org http://www.resistenze.org/ - osservatorio - italia - 
politica e società - 10-02-18 - n. 661

 Le foibe e il 10 febbraio, "giorno del ricordo"
 
Alessandro Pascale

10/02/2018

Nel 2004 con la Legge n° 92/2004, la Repubblica Italiana ha istituito il 
"Giorno del Ricordo", per omaggiare "la memoria della tragedia degli italiani e 
di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, 
fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del 
confine orientale". Da diversi anni tale ricorrenza è utilizzata per 
commemorare il fantomatico "eccidio di Italiani" che sarebbe avvenuto durante 
la Resistenza ad opera dei partigiani "slavo-comunisti" nella Venezia Giulia. 
Gente che sarebbe stata gettata ancora viva in cavità carsiche (le foibe 
appunto) dove sarebbe stata lasciata morire tra enormi atrocità per il solo 
fatto di essere italiana. In queste foibe sarebbero state gettate migliaia, 
decine (e qualcuno arriva pure a dire centinaia) di migliaia di persone. Nel 
2002 l'allora Presidente della Repubblica Ciampi disse che le foibe furono una 
"pulizia etnica". Galliano Fogar, storico dell'Istituto Regionale friulano per 
la Storia del Movimento di liberazione, ha affermato che nessuno storico serio 
"osa sostenere tale tesi". Vediamo di ricostruire in maniera completa i fatti 
storici che si intrecciano alle vicende di un'area, quella dei Balcani, che per 
secoli è stata un crogiuolo di etnie, popoli, lingue e religioni assai 
diversificati, ma viventi in relativa tolleranza e tranquillità.

1) 1918-1940 - Le premesse

Nel 1918 la vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale rinfocola in 
alcune frange del Paese idee e velleità imperialiste e irredentiste, sempre 
ampiamente finanziate e sostenute da settori della Confindustria e dell'Alta 
Finanza. Ricordiamo a tal riguardo i finanziamenti provati all'Associazione 
Nazionalista Italiana fondata nel 1910, responsabile culturale primaria 
dell'interventismo italiano prima in Libia poi contro l'Austria-Ungheria, e il 
parallelo finanziamento dei progetti politici di Mussolini. In questo clima si 
assiste anche all'episodio di Fiume, con cui D'Annunzio ha occupato la città 
con mille uomini per un anno godendo di protezioni politiche ed economiche. Nel 
1920 viene siglato il Trattato di Rapallo, con cui l'Italia e il Regno dei 
Serbi, Croati e Sloveni stabiliscono consensualmente i confini dei due Regni e 
le rispettive sovranità: l'Italia non otteneva la Dalmazia (come da accordi del 
Patto di Londra, 1915), bensì solo Zara e alcune isole, oltre chiaramente 
all'Istria, Trieste, Gorizia e Gradisca. In tutto si trattava di 356 mila 
sudditi "italiani" nuovi. Ne erano esclusi 15 mila, ancora interni alle 
frontiere slave, ma compensati da 500 mila sloveno-croati ora cittadini 
italiani.

È immediato il tentativo di violenta assimilazione culturale: nel 1919 vengono 
chiuse 45 scuole croate su 49. Il razzismo del fascismo si manifesta la prima 
volta, quasi vent'anni prima delle leggi contro gli ebrei, nel '20 a Pola con 
le parole di Mussolini: «Di fronte a una razza come la slava, inferiore e 
barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino ma quella del 
bastone». Con la Legge Gentile del 1923 vengono chiuse in generale tutte le 
scuole non italiane presenti nel Paese. 500 scuole elementari slovene-croate 
sono strasformate in scuole dove si parla solo nella lingua di Dante e Manzoni. 
Poi iniziano le violenze squadriste, che partono nel 1919 con intensità 
crescente fino al 1922: nel 1920 viene incendiato il Narodni Dom, la sede delle 
organizzazioni degli sloveni triestini, un edificio polifunzionale nel centro 
di Trieste, nel quale si trovavano anche un teatro, una cassa di risparmio, un 
caffè e un albergo. Capitano episodi come questo: 21 fascisti sparano a bambini 
da un treno, facendo 2 morti e 5 feriti. In un susseguirsi di violenze oltre 
1000 circoli culturali, sportivi e assistenziali sloveno-croati sono chiusi, i 
loro beni e le sedi confiscate e date ad organizzazioni fasciste.

Con il rafforzamento istituzionale al potere del fascismo si intensifica 
l'italianizzazione forzata della regione, in ossequio ai principi nazionalisti 
propagandati da Mussolini: si assiste all'allontanamento o al trasferimento di 
dipendenti pubblici non italiani, all'italianizzazione di toponimi, nomi e 
cognomi stranieri. Inizia a questo punto la Resistenza della minoranza oppressa 
anche culturalmente e umanamente oltre che socialmente e politicamente. Nascono 
organizzazioni come TIGR e BORBA che adottano forme di lotta armata come 
risposta alla violenza subita. La repressione è spietata: tra il 1927 e il 1943 
vengono svolti 544 processi a sloveno-croati, dando luogo a 476 condanne, 33 
delle quale alla pena di morte.

2) 1941-1943 – L'aggressione militare italiana

Durante la guerra la repressione aumenta di intensità: a Trieste e nei 
territori italiani viene accentuata la repressione antislava e anticomunista 
con l'istituzione di diversi organismi, tra cui l'Ispettorato Speciale di 
Pubblica Sicurezza, la Polizia Economica, la Guardia Civica, la Milizia di 
Difesa Territoriale, la Guardia di Finanza e la Decima Mas. Un esempio di 
repressione è la Strage di Lipa, sulla strada tra Fiume e Trieste, avvenuta il 
30 aprile 1944: in rappresaglia ad un attacco partigiano che ha ucciso 4 
soldati tedeschi le truppe nazifasciste radunano gli abitanti sparsi nelle 
vicinanze, li stipano in un casolare e li bruciano vivi. Gettano poi bombe a 
mano per distruggere completamente la casa e rendere impossibile un 
riconoscimento delle vittime. I morti sono 269, fra cui donne e bambini (tre 
bambine non avevano neanche un anno).

Nell'aprile 1941 forze italo-tedesche invadono il Regno di Jugoslavia che viene 
sottomesso in un paio di settimane. Tra le ragioni della partecipazione 
italiana è da segnalare che nel periodo dal 1925 al 1934 si è sviluppata 
un'ampia propaganda a sostegno del mito della "vittoria mutilata", in 
riferimento al mancato rispetto del Patto di Londra nell'ambito dei trattati di 
Pace della Prima Guerra Mondiale. Il tema è ampiamento ripreso dal fascismo che 
amplifica la politica nazionalistica e imperialista del regime. Ne segue da 
parte dei Servizi Segreti italiani in questo periodo il finanziamento a gruppi 
terroristici nazionalistici macedoni, kosovari e gli Ustascia croati. 
L'obiettivo è esasperare e rendere impossibile la convivenza etnica così da 
favorire in seguito all'annessione militare lo smembramento del Paese: in 
questi anni si diffonde anche culturalmente sulle riviste italiane l'idea di 
una "grande Croazia" e di una parallela "grande Albania", strutturati su 
sistemi fascisti simili a quello italiano. In tale ottica all'Italia sarebbero 
andati l'egemonia sulla Serbia e sulla Slovenia.

Con la sconfitta jugoslava del 1941, il ruolo militare giocato dai Tedeschi fa 
si che siano loro a decidere nei fatti la spartizione territoriale. All'Italia 
si accorda il controllo diretto del Montenegro, della Dalmazia, della Slovenia 
meridionale e del Kosovo. In Croazia viene favorita la nascita dello Stato 
collaborazionista degli Ustascia fascisti di Ante Pavelic. Tale regime ottiene 
l'appoggio politico del Vaticano e del clero locale, nonostante su una 
popolazione di 6 milioni di persone solo il 50% sia cattolica. Seguono anni di 
violenze, stragi e persecuzioni da parte dei croati contro le etnie rom, i 
serbi e gli ebrei. Si può parlare di un vero e proprio sterminio etnico. Nel 
solo lager di Jasenovac muoiono 100 mila persone. Una parte di questi lager 
sono situati nelle zone di occupazione italiane, a Pag e Jadovno, nella 
connivenza totale delle autorità politiche e militari italiani. L'arcivescovo 
di Zagabria, Stepinac, legittimò questa pulizia etnica sostenendo il regime 
reazionario clerico-fascista di Pavelic, e dichiarando che tutto ciò fosse in 
nome di Dio. La chiesa cattolica ebbe così un ruolo di primo piano 
nell'Olocausto balcanico giustificandolo come una conversione di massa degli 
infedeli (serbo-ortodossi). Il frutto di questo regime criminale sostenuto dal 
Governo Italiano è di 240 mila persone obbligate a convertirsi al 
cattolicesimo, di 300 mila esuli in fuga dal Paese e di oltre 500 mila serbi 
uccisi, da aggiungersi ai 25 mila ebrei e a 20 mila rom. Di questi fatti è data 
perfino notizia sulla stampa italiana, sulla quale però compare anche il 
sostegno esplicito e consapevole dei fascisti italiani. Molte sono le 
testimonianze degli stessi soldati italiani presenti alle esecuzioni degli 
Ustascia. Citiamo quella del generale Ponticelli, in una intervista rilasciata 
al giornale "Il Tempo": "...quattro lustri di odio sono esplosi in un massacro 
che in un breve lasso di tempo ha avuto quale risultato lo sterminio di 350 
mila serbi e decine di migliaia di altri... Tutti furono uccisi con torture 
inimmaginabili... Tutto può essere facilmente accertato e apparire in tutte le 
sue atrocità... Gli orrori che gli ustascia hanno commesso sulle ragazze serbe 
superano ogni idea... Centinaia di fotografie confermano i misfatti subiti dai 
pochi sopravvissuti: colpi di baionetta, lingue e denti strappati, occhi 
estirpati, seni tagliati, tutto ciò accadeva dopo che esse erano state 
violentate...".

In questo contesto nasce e si sviluppa la Resistenza Partigiana guidata dal 
Partito Comunista, il cui leader è Josip Broz, detto Tito. Questi propone a chi 
lo segue di ricostruire il Paese jugoslavo con l'unità delle varie etnie 
presenti ma rinnovando profondamente la società, con l'abbattimento dei 
rapporti di produzione capitalistici e l'instaurazione di un regime socialista. 
È contro i partigiani titini che si svolgono a questo punto le manovre militari 
italiane. Viene intensificata l'occupazione e la militarizzazione del 
territorio e si risponde alla rivolta slavo-comunista con la repressione 
selvaggia. Si prendono perfino accordi con un altro gruppo partigiano, quello 
di "destra" dei cetnici, nazionalisti monarchici guidati da Mihailovic (la cui 
organizzazione prenderà il nome di MVAC dal '42, arrivando a contare circa 100 
mila unità). Questi preferiscono rivolgere le armi contro i partigiani 
comunisti piuttosto che contro gli occupanti stranieri. Gli italiani giocano 
così con successo la tattica del "Divide et Impera". Il generale italiano 
Roatta a tal riguardo ha detto chiaramente: "si sgozzino tra di loro". Nella 
repressione del movimento partigiano si distinguono per ferocia anche gli 
Ustascia croati: per ogni caduto dell'Asse vengono giustiziati 10 prigionieri 
comunisti.

Dall'altra parte i titini ricevono direttive ben precise: non bisogna scatenare 
punizioni collettive contro i prigionieri di guerra ottenuti: i soldati 
semplici catturati vanno cooptati nelle proprie fila, vanno tenuti ostaggi o se 
la situazione non lo consente vanno rilasciati. Diversa sorte invece per gli 
ufficiali militari e i riconosciuti fascisti, ustascia e nazisti, che vengono 
giustiziati. Facile capire il perché: le maggiori violenze italiane sono messe 
in atto da squadre e truppe speciali fedeli direttamente al Partito Nazionale 
Fascista. Sono insomma le truppe più fanatiche ed esaltate di odio razzista e 
anticomunista. Al comando dei generali Robotti e Roatta sono in tutto più di 
300 mila i soldati italiani nella regione. A loro viene ordinato di mettere in 
atto quello che è un vero e proprio regime di "terrore" contro le popolazioni 
civili. Le pratiche usate sono rappresaglie, deportazioni, confische, cattura 
di ostaggi, fucilazioni. In un discorso rivolto ai soldati della Seconda Armata 
in Dalmazia, nel 1943, Mussolini afferma: "So che a casa vostra siete dei buoni 
padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e 
stupratori." Si segue la tattica della terra bruciata, tanto che gli italiani 
vengono chiamati dalla popolazione locale con epiteti che significano 
"bruciacase" e "mangiagalline". I partigiani catturati sono sempre fucilati. 
Spesso basta il semplice sospetto di essere legati ai partigiani per perdere la 
vita. Il tutto vale anche per le donne. In almeno un caso è attestato che sia 
stata fucilata anche una donna incinta. La guerra viene condotta dall'Italia 
con uno stile che in passato era stato riservato solo alle popolazioni 
coloniali africane. Gli alleati Tedeschi fanno lo stesso e applicano la regola 
per cui ogni morto tedesco meriti la fucilazione di 100 slavi. L'Italia, per 
ordine del generale Biroli, ritiene che un soldato semplice valga 10 slavi, ma 
se si tratta di un ufficiale allora si debba rispondere con 50 esecuzioni. 
Mussolini propone di procedere alla nuova equazione per cui ad ogni semplice 
ferito seguano 2 fucilati, alzando la quota a 20 slavi per ogni soldato 
italiano morto. 100 mila slavi sono deportati in 50 campi di concentramento 
presenti nell'Italia centro-meridionale, in 10 campi dell'Italia 
settentrionale, e nei campi costruiti sul luogo, come Gonars e Arbe. In 
quest'ultimo su 10 mila internati sono 2 mila i morti.

Durante questi anni di repressione e di occupazione il partito comunista serbo 
si organizza e già nel 1941 arriva a contare su 80 mila partigiani. La parola 
d'ordine lanciata dai partigiani jugoslavi è "Smrt fazismu - Slaboda narodu" 
(Morte al fascismo - Libertà al popolo). Al termine della guerra l'esercito 
partigiano guidato da Tito è il più grande in tutta l'Europa occupata, 
arrivando a contare circa 800 mila uomini, trasformandosi nella fase finale 
della guerra in un vero e proprio esercito regolare capace di liberare 
autonomamente il Paese dal nazifascismo senza alcun contributo militare 
esterno, con il solo aiuto di due formazioni partigiane formate dagli ex 
militari italiani: la Divisione Garibaldi e la Divisione Italia. La prima opera 
in Montenegro e raduna circa 16 mila combattenti. In tutto saranno 7000 gli 
italiani morti combattendo tra le fila partigiane di Tito, andando a riscattare 
almeno in parte il nostro popolo che aveva portato il flagello del fascismo e 
della guerra.

3) 1943-45 Le foibe

Occorre certamente avere presente tutta questa storia pregressa per capire il 
fenomeno delle "foibe", il quale comunque va spiegato nel dettaglio. I momenti 
messi in discussione sono due:

a) il primo riguarda il periodo successivo all'8 settembre 1943, data in cui il 
generale Badoglio, che ha preso il potere d'accordo con la monarchia e i 
fascisti destituendo Mussolini, annuncia l'armistizio e l'uscita dell'Italia 
dalla guerra. Nell'anarchia che colpisce l'esercito privo di direttive chiare, 
la nostra penisola viene invasa dai tedeschi e nella zona dell'Istria si crea 
un vuoto di potere di cui approfittano i partigiani, che riescono a liberare 
temporaneamente le principali città esercitando un mese di potere popolare. La 
rabbia popolare e la denuncia dei crimini di guerra dei nazifascisti porta a 
realizzare centinaia di processi popolari che portano a 500 condanne a morte 
eseguite. Di questi solo un centinaio sono "civili", incriminati per la loro 
attività di collaborazionismo con le istituzioni nazifasciste. La stragrande 
maggioranza sono giustiziati per fucilazione, e solo una piccola parte dei 
cadaveri viene poi gettata nelle foibe, per ragioni di disorganizzazione, di 
fretta e di igiene (prevenire epidemie). Queste grotte d'altronde sono state 
spesso usate come "cimiteri", specie in tempo di guerra, tant'è che le avevano 
usate anche nella Prima Guerra Mondiale e gli stessi fascisti italiani negli 
anni precedenti. Inammissibile che per l'episodio in questione si possa parlare 
di "pulizia etnica". Si può segnalare a tal riguardo come l'8 gennaio 1949 un 
giornale locale di destra come "Trieste Sera" fosse costretto ad ammettere: "se 
consideriamo che l'Istria era abitata da circa 500mila persone, delle quali 
oltre la metà di lingua italiana, i circa 500 uccisi ed infoibati non possono 
costituire un atto anti-italiano ma un atto prettamente anti-fascista. Se i 
partigiani rimasti padroni della situazione per oltre un mese avessero voluto 
uccidere chi era semplicemente "italiano", in quel mese avrebbero potuto 
massacrare decine di migliaia di persone". Chi commette un vero ed efferato 
sterminio sono le SS assieme ai repubblichini di Salò quando nell'inverno del 
'43 riprendono il controllo della penisola istriana e massacrano 13mila 
persone. La maggioranza dei cadaveri (questi sì) viene gettata nelle foibe.

b) il secondo caso riguarda 40 giorni di potere partigiano nel maggio del 1945. 
In quel periodo scompaiono tra le 2000-3000 persone. Si tratta sempre di uomini 
e donne processati per la loro conclamata corresponsabilità in crimini di 
guerra e in atti di collaborazionismo con il nemico oppressore ora sconfitto. I 
processi politici sono svolti spesso in maniera sommaria e contro le 
indicazioni venute dal centro politico della direzione partigiana titina. Ad 
essi seguono fucilazioni, arresti e deportazioni in campi di prigionia. Pochi 
sono i cadaveri dei giustiziati che sono finiti nelle foibe. Le stime 
complessive parlano di 500 persone in tutto tra il '43 e il '45. È del tutto 
falso che fosse pratica usuale quella di giustiziare direttamente i condannati 
sull'orlo della foiba. Storiche locali come Claudia Cernigoi e Alessandra 
Kersevan parlano di un ordine di grandezza di alcune decine di infoibati 
collegati per lo più alle forze fasciste e di occupazione. Sulle famigerate 
foibe in cui si sostiene siano state gettate migliaia di italiani, le loro 
ricerche evidenziano che: nella foiba di Basovizza (che non è nemmeno una foiba 
ma il pozzo di una miniera), quando si è scavato alla ricerca di corpi, si sono 
trovati i resti di alcuni militari tedeschi risalenti alla prima guerra 
mondiale e qualche carcassa di animale; nella foiba di Opicina (Monrupino) si 
trovarono solo alcuni corpi di soldati morti in battaglia gettati lì per 
evitare che le carcasse diffondessero epidemie; nella foiba di Fianona non si è 
mai trovato nulla e nella zona nessuno ha mai sentito parlare di corpi ivi 
gettati. Infine, si è pure parlato delle foibe di Fiume…c'è solo un piccolo 
problema: a Fiume non ci sono foibe! L'unica foiba in cui si rinvennero i 
cadaveri di 18 fucilati è l'abisso Plutone. Si tratta in questo caso di 
prigionieri fascisti che vennero fucilati dalla cosiddetta banda Steffè, una 
banda composta in realtà da militari della X MAS che commettevano crimini 
facendosi passare per partigiani al fine di screditare questi ultimi agli occhi 
della popolazione.

Al di là del fenomeno contestato delle foibe occorre ribadire il bilancio 
bellico finale nella regione jugoslava, che ha visto morire 15 mila italiani a 
fronte di un milione di slavi.

4) 1945-50s – L'esodo

Con il Trattato di Pace di Parigi siglato il 10 febbraio 1947 la gran parte 
dell'Istria viene assegnata alla Jugoslavia, grazie ad accordi che verranno 
stabilizzati definitivamente solo con il Trattato di Osimo del 1975. A questo 
punto entra in gioco il tema dell'esodo, ossia della cosiddetta "cacciata" 
degli italiani dalle terre entrate a far parte della Jugoslavia. In realtà non 
c'è mai stata nessuna cacciata né tantomeno una persecuzione degli italiani in 
quanto tali. La presenza italiana in Istria e Dalmazia è rimasta viva ed attiva 
da allora fino ad oggi: sotto la Jugoslavia ha goduto sempre di tutele (scuole, 
istituzioni culturali, bilinguismo ecc) ed ancora oggi, nonostante il 
nazionalismo croato abbia ripreso vigore, è rispettata. A parte chi si macchiò 
di gravi colpe, nessuno fu costretto a lasciare la propria casa. L'esodo fu 
un'iniziativa volontaria, spalmatasi nell'arco di un decennio, della 
maggioranza della popolazione italiana presente in Istria e Dalmazia. Tra le 
200 e le 250 mila persone emigrarono dalla regione, la gran parte verso 
l'Italia ma anche verso altri Paesi (Canada, USA, Australia). Occorre ricordare 
che agli abitanti delle zone divenute jugoslave venne data la possibilità di 
decidere quale cittadinanza scegliere, tant'è che in questo flusso migratorio 
si infilarono anche 30 mila croati e 10 mila sloveni, che non gradivano l'idea 
di vivere in uno Stato socialista. Questa in effetti è stata la principale 
motivazione per cui anche migliaia di italiani, in molti casi insediatisi sul 
territorio in epoca fascista, decisero di rientrare in Italia per il timore di 
essere identificati come ex fascisti e perdere il posto di lavoro; contano 
anche le pressioni del Governo italiano e del CLN di Fiume e Pola, controllati 
dalle forze partigiane più moderate e nazionaliste. L'assenza di una politica 
esplicitamente discriminatoria nei confronti degli italiani è confermata 
indirettamente dal fatto che 2500 operai italiani della "Cantieri riuniti" 
nell'arco del biennio '46-'48 decidono di trasferirsi a Fiume e Pola per 
lavorare al servizio del nuovo Stato socialista.

5) Il revisionismo storico

Dato che questi sono i fatti accertati storicamente, perché e come si è 
arrivati ad istituire il 10 febbraio "giornata del Ricordo"? Per 50 anni in 
effetti la retorica delle decine di migliaia di italiani "infoibati" e di altre 
centinaia di migliaia "in fuga" ha fatto parte solo della propaganda 
neofascista, mentre né lo Stato Italiano né le principali forze politiche 
italiane (ma neanche gli storici seri) hanno mai posto con forza la questione. 
Ciò è dipeso da svariati fattori, non ultime le ragioni della Guerra Fredda che 
vedeva la Jugoslavia un Paese sì socialista ma "amico" dell'Occidente, 
risultando così sconveniente polemizzare su tali fatti, sapendo peraltro quanto 
sarebbe stato facile agli jugoslavi rinfacciare i disastri compiuti 
dall'aggressione fascista, mostrando il reale rapporto di causa e conseguenza. 
Questi temi trovano nuovo spazio all'inizio degli anni '90, in un nuovo 
contesto storico che ha visto il crollo dell'URSS e della Jugoslavia 
socialista, ma anche del forte e radicato PCI. Nel 1994 va al Governo in Italia 
Silvio Berlusconi, alla guida di un'alleanza politica di centro-destra 
comprendente per la prima volta nella storia repubblicana forze politiche di 
origine fascista (Alleanza Nazionale, ex-MSI, il partito nostalgico del 
fascismo durante la Prima Repubblica). In questo periodo inizia anche in Italia 
l'accostamento tra fascismo e comunismo nell'ambito degli opposti totalitarismi 
criminali e in tale ottica risulta utile riprendere anche il tema delle foibe, 
su spinta della destra italiana, che appoggia e sostiene pubblicamente una 
serie di storici e di "testimoni" di simpatie e trascorsi fascisti, che 
pubblicano una serie di lavori su cui è stata espressa una dubbia metodologia 
scientifica.[1] http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipib10-020032.htm#_ftn1

Anche le forze di centro-sinistra, in buona misura ex-comuniste, appoggiano e 
sostengono tali processi di revisionismo, per mostrare di aver tagliato i ponti 
con le ideologie passate e per legittimarsi pienamente al Governo dopo 50 anni 
di "fattore K" (ostruzione dei comunisti dal Governo per le ragioni della 
Guerra Fredda). Hanno poi una grande responsabilità i presidenti della 
Repubblica Ciampi e Napolitano, che inseriscono il "giorno del ricordo" in un 
progetto complessivo in cui rientra anche la ripresa delle celebrazioni in 
pompa del 4 novembre, "festa delle forze armate e dell'unità nazionale" tesa a 
celebrare la vittoria della Prima Guerra Mondiale, un massacro di contadini e 
lavoratori definito "inutile strage" perfino da Papa Benedetto XV. È un 
progetto teso a ricostruire un'identità nazional-patriottica agli italiani che 
recupera temi irredentisti e militareschi, legittimando al contempo le forze 
politiche che per anni li avevano portati avanti e che anche per questo erano 
state considerate una minaccia per la democrazia. È il periodo in cui il 
Presidente del Consiglio Berlusconi nel 2003 afferma testualmente che 
"Mussolini non ha mai ammazzato nessuno, Mussolini mandava la gente a fare 
vacanza al confino", dichiarazioni che andavano a gettare ulteriore discredito 
sul valore della Resistenza Partigiana Antifascista, base costitutiva della 
Repubblica Italiana. I discorsi parlamentari del Presidente della Repubblica 
Napolitano hanno peraltro provocato anche gravi tensioni diplomatiche con i 
Governi della Croazia e della Slovenia, i quali hanno protestato vigorosamente 
per la nuova narrazione storica proveniente dall'Italia, improntata al recupero 
di minacciosi argomenti imperialisti e razzisti. Argomenti diffusi non solo con 
discorsi e libri ma anche nel senso comune: per diffondere la nuova narrazione 
delle foibe è stato messo in atto "un progetto integrato piuttosto articolato e 
complesso" (Tenca-Montini), che ha previsto ampi finanziamenti pubblici alle 
associazioni dei reduci e un'attenzione particolare alle potenzialità della 
televisione, principale strumento di informazione. Il risultato più evidente di 
questo processo di propaganda è stata la fiction televisiva della RAI "Il cuore 
nel pozzo", improntata ad un bieco razzismo anti-slavo e anti-partigiano. Si è 
giocato poi negli anni sull'equiparazione tra Shoah e Foibe e si è riusciti con 
ampie pressioni mediatiche e politiche organizzate dalle forze di centro-destra 
a far intitolare vie, monumenti e parchi ai "martiri delle foibe", pur non 
senza ampie resistenze politiche provenienti da alcune forze politiche di 
sinistra oltre che dai settori dell'ANPI e degli intellettuali.

6) Una lotta storiografico-politica ancora in corso

Tutte queste sono le ragioni principali per cui negli ultimi anni è stato 
istituito il "Giorno del Ricordo" e si è messa in atto una riscrittura della 
Storia alla quale si sono opposti gli storici italiani di livello 
internazionale, oltre alle organizzazioni politiche rimaste coerentemente 
antifasciste. Ad oggi il numero totale dei "martiri italiani" alla cui memoria 
sono stati attribuiti i riconoscimenti pubblici e finanziari previsti dalla 
Legge n° 92 del 2004, è di appena 323, di cui "infoibati" in senso stretto una 
minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle 
forze armate o personale politico dell'Italia fascista, senza contare gli 
episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle "più 
complesse vicende del confine orientale" cui si riferisce la Legge. Tutto ciò 
considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell'ANPI ha 
chiesto di interrompere quantomeno l'attribuzione di onorificenze e medaglie 
della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una 
Lettera Aperta al MIUR hanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto 
alla modalità revisionista e rovescista con cui l'argomento è trattato nelle 
scuole. Si è arrivati all'assurdo per cui un partito neofascista come Casapound 
abbia attaccato l'ANPI accusandola di "revisionismo storico" (!) e di 
"negazionismo", incriminazioni che sono mosse a chiunque intenda mettere in 
dubbio pubblicamente la versione dominante decisa politicamente, in una 
riscrittura della Storia di stampo orwelliano. In questo stesso giorno, 10 
febbraio 2018, si svolge invece a Torino tra le polemiche un contrastato 
convegno (organizzato tra gli altri dalla illustre rivista di storia critica 
Historia Magistra), che si intitola "GIORNO DEL RICORDO, UN BILANCIO", con 
l'obiettivo di investigare "le ricadute dell'inserimento del Giorno del Ricordo 
nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello 
politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a 
livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato." La lotta 
insomma, sia a livello storiografico che politico, è su questo tema tuttora in 
corso e non è detto che tutti gli studenti futuri abbiano professori che 
decidano di far loro una lezione su questi argomenti con un simile livello di 
approfondimento. La scuola è uno degli ultimi baluardi per reagire a questa 
offensiva culturale semi-totalitaria.

Tutto ciò non deve comunque impedire il ricordo di quei pochi italiani 
innocenti e inconsapevoli che possano essere incappati in persecuzioni per 
errore, per vendette personali o per l'associazione italiano=fascista fatta da 
settori minoritari dei popoli slavi, in ogni caso mai legittimati formalmente 
dal governo jugoslavo. Serve però a ricordare la responsabilità primaria 
imputabile al nazifascismo degli orrori che hanno colpito in primo luogo i 
popoli slavi e in in misura quantitativa assai minore anche quegli italiani che 
si sono fidati malamente delle promesse di Mussolini.

Fonti

- Eric Gobetti, "Alleati del nemico. L'occupazione italiana in Jugoslavia 
(1941-1943), Laterza, Roma-Bari 2013;
- Claudia Cernigoi, "Operazione foibe a Trieste. Come si crea una 
mistificazione storica: dalla propaganda nazifascista attraverso la guerra 
fredda fino al neoirredentismo", Kappa Vu, Udine 1997;
- Federico Tenca Montini, "Fenomenologia di un martirologio mediatico. Le foibe 
nella rappresentazione pubblica dagli anni Novanta ad oggi", Kappa Vu, Udine 
2014;
- i materiali presenti sul sito http://www.diecifebbraio.info/ 
http://www.diecifebbraio.info/;
- le pagine Wikipedia "I massacri delle foibe" 
(https://it.wikipedia.org/wiki/Massacri_delle_foibe 
https://it.wikipedia.org/wiki/Massacri_delle_foibe), "Giorno del Ricordo" 
(https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo 
https://it.wikipedia.org/wiki/Giorno_del_ricordo), "Invasione della Jugoslavia" 
(https://it.wikipedia.org/wiki/Invasione_della_Jugoslavia 
https://it.wikipedia.org/wiki/Invasione_della_Jugoslavia) e "Occupazione 
italiana del Montenegro e del Sangiaccato"; 
(https://it.wikipedia.org/wiki/Occupazione_italiana_del_Montenegro_e_del_Sangiaccato
 
https://it.wikipedia.org/wiki/Occupazione_italiana_del_Montenegro_e_del_Sangiaccato)
- Lorenzo Filipaz, "#Foibe o #Esodo? «Frequently Asked Questions» per il 
#GiornodelRicordo", 2015, disponibile su 
https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/02/foibe-o-esodo-frequently-asked-questions-per-il-giornodelricordo/
 
https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/02/foibe-o-esodo-frequently-asked-questions-per-il-giornodelricordo/;
- Piero Purini, "Come si manipola la storia attraverso le immagini: il 
#GiornodelRicordo e i falsi fotografici sulle #foibe", 2015, disponibile su 
https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/03/come-si-manipola-la-storia-attraverso-le-immagini-il-giornodelricordo-e-i-falsi-fotografici-sulle-foibe/
 
https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/03/come-si-manipola-la-storia-attraverso-le-immagini-il-giornodelricordo-e-i-falsi-fotografici-sulle-foibe/;
- Video "Le foibe. Per non dimenticare" (disponibile su youtube al link 
https://www.youtube.com/watch?v=h_n_afXJOkU 
https://www.youtube.com/watch?v=h_n_afXJOkU) come esempio di video di 
propaganda fazioso e mistificatorio.

Note:

[1] http://www.resistenze.org/sito/os/ip/osipib10-020032.htm#_ftnref1 Per 
capire la colossale montatura nascosta dietro alla favola delle foibe basta 
sapere chi sono gli "eminentissimi" storici che sono stati fonte di questa 
propaganda. Nell'ordine: Luigi Papo, noto fascista sotto il regime e a capo 
della Milizia Montona, responsabile di eccidi e di rastrellamenti partigiani, 
considerato dalla Jugoslavia un criminale di guerra di cui chiese 
l'estradizione (senza ottenerla, il che vale anche per molti altri casi); Padre 
Flaminio Rocchi, fascista esponente dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia 
e Dalmazia; Maria Pasquinelli collaboratrice della X MAS e dei servizi segreti 
della RSI; Marco Pirina, incriminato per il tentativo di golpe Borghese del 
1970; Giorgio Rustia, militante di Forza Nuova; Ugo Fabbri associato al MSI. Il 
tutto coordinato dalla regia dell'avvocato Augusto Sinagra, legale di Licio 
Gelli ed asserito iscritto alla loggia P2. E che dire dell'unico sedicente 
supersite ad una Foiba che si conosca, Graziano Udovisi? Oggi intervistato con 
tutti gli onori dalla RAI, si tratta di un criminale di guerra già condannato 
dalla giustizia italiana: la sua pena, ma guarda un pò, venne attenuata in 
quanto scampato ad una famigerata foiba a Fianona.
 



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