Ciao, questa e' una recensione che ho mandato oggi a "Le Scienze", sperando che non la taglino o la modifichino.
Il libro e' consigliatissimo.....
ciao
m


Il Sistema della ricerca pubblica in Italia

A cura di Andrea Bonaccorsi

FrancoAngeli, Milano, 2003

Pp.301, euro 19

L’obiettivo dichiarato di questo volume è di fornire delle basi concrete per l’analisi e la comprensione del sistema della ricerca in Italia: dati e strumenti in grado di esaminare con buon grado di precisione la complessa dinamica delle istituzioni scientifiche italiane. In realtà, il libro va molto oltre, confutando molti dei luoghi comuni ripetuti quotidianamente dai politici e dagli amministratori di ogni colore. Per esempio, che la ricerca italiana sia chiusa in una torre d’avorio, impermeabile alle esigenze produttive del tessuto industriale. Al contrario, gli autori sottolineano più volte che “sfortunatamente il sistema industriale con cui ha a che fare l’università italiana è un sistema nel quale le imprese a caccia di talenti costituiscono un’eccezione, come pure le imprese che pubblicano o che semplicemente hanno sviluppato al proprio interno le capacità di assorbire conoscenze scientifico-tecnologiche di frontiera” (p.59).

Questo dato è confermato da numerose pubblicazioni degli ultimi anni, spesso inascoltate: le brevi interviste contenute in /Scienza Spa /(DeriveApprodi, 2002), o lo studio pubblicato a novembre 2003 dalla Finanziaria Laziale per lo Sviluppo che ci dice che i privati in Italia investono in ricerca e sviluppo lo 0,53% del PIL nazionale, contro una media di 1,28 per l’Unione Europea e il 2,04 degli USA. Le eccezioni ci sono, ma si contano sulle dita di una mano: STMicroelectronics, il CSELT (ora Telecom Italia Lab), la Pirelli, la Sigma-Tau.__

Un altro luogo comune rovesciato da questo lavoro è la scarsa qualità e produttività dei ricercatori in Italia. Utilizzando come indicatori i brevetti, le pubblicazioni e le citazioni degli articoli, viene ricostruito un quadro di sostanziale parità di produzione scientifica tra gli enti di ricerca pubblici italiani e quelli europei.

Ovviamente, non tutto è rose e fiori. Emergono dati allarmanti, in particolare riguardo la difficoltà di entrare stabilmente nel mondo della ricerca da parte dei giovani ricercatori. Uno dei saggi del volume mostra che l’età media di ingresso negli istituti del CNR è cresciuta di oltre dieci anni nell’ultimo trentennio, arrivando alla soglia dei trentacinque anni. Emerge anche, seppur in modo marginale, la questione della precarietà dei giovani ricercatori, che rischia di produrre un abbassamento della qualità media dei ricercatori assunti stabilmente: i più promettenti, piuttosto che aspettare, accettano offerte dai privati o dall’estero. Nel capitolo di Cesaroni e Pittaluga si mette in evidenza anche il progressivo declino negli anni Novanta dell’attività brevettuale degli enti di ricerca pubblici, in linea con i risultati – pessimi – delle grandi imprese che per decenni hanno trainato l’industria italiana, come la FIAT o l’Olivetti , e che dalla metà degli anni Ottanta hanno perso numerose posizioni nei confronti delle concorrenti.

Al contrario, chi ha saputo sfruttare e incentivare la ricerca, sia interna che esterna, ha avuto un ottimo ritorno. Il caso dell’Università di Pavia, oggetto di studio dettagliato, è esemplare di come l’interazione tra impresa e ateneo vada incentivata, non subordinando la ricerca pubblica agli interessi privati, quanto aiutando le imprese nell’avvicinamento al mondo accademico. In questo contesto, il finanziamento pubblico “è fondamentale, non solo nei campi in cui le imprese private hanno poco da offrire, ma anche più in generale per mantenere la possibilità della ricerca orientata al lungo periodo.” (p.171)

Proprio nel quadro delle relazioni industria-università emergono anche fondati dubbi sulla brevettazione da parte degli atenei: anche negli USA, i brevetti accademici sono diventati una fonte di problemi tra imprese e istituti di ricerca e tra dipartimenti della stessa università, oltre ad aver provocato un aumento del costo della ricerca e una minore circolazione delle conoscenze.

Le indicazioni di questo volume costituiscono dunque un primo tentativo di costruire le basi per una efficiente politica della ricerca, che vada al di là dei miti e della retorica. Vi è poi li problema dell’indirizzo della ricerca, una questione che va però affrontata politicamente, democraticamente, non solo prendendo in considerazione i parametri economici e produttivi.


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