Agh è orribilmente lungo (3600 battute)!
baci
m.



Cosa c’entrano le arance della salute con gli Ogm?
Due settimane fa, il 30 gennaio, il quotidiano Repubblica strilla in taglio
basso un titolo forte: anche gli Ogm contro il cancro. La firma,
autorevole, è quella dell’oncologo Umberto Veronesi, che in occasione della
annuale giornata delle arance della salute, ricorda che la dieta è
importante per la prevenzione. Non tutti gli alimenti sono sempre a
rischio, rivela, alcuni però possono diventarlo in particolari condizioni
ambientali. Un esempio? E’ degno di un film dell’orrore e riguarda il mais.
Se la pianta cresce in un clima eccezionalmente caldo, come sempre più
spesso avviene, viene attaccata dai bruchi della piralide che scavano
gallerie, le riempiono di detriti e creano così un substrato ideale per la
crescita di funghi che producono le aflatossine, che sono tra i più potenti
cangerogeni.  La stessa critica aveva colpito anche le coltivazioni
biologiche: si diceva infatti che il mais coltivato biologicamente era più
contaminato da aflatossine rispetto a quello tradizionale. La soluzione,
secondo Veronesi, c’è. Si chiama Ogm, e si tratta dell’unico mezzo che ci
potrebbe difendere dalle alterazioni della catena alimentare.
Bizzarra coincidenza. Sempre su Repubblica, quella però del 27 aprile 2001
una frase simile veniva messa in bocca a  Francesco Sala, sperimentatore di
vegetali geneticamente modificati in Cina, Stati Uniti e Cuba, nel corso
della presentazione di un libro al quale era presente anche Veronesi.
«Personalmente», diceva, «preferisco la farina per polenta proveniente da
mais transgenico. La ragione è semplice. Il mais tradizionale, e
soprattutto il mais biologico, sono spesso contaminati da funghi che
possono produrre aflatossine, il cui effetto cancerogeno emerge a distanza
di anni. La pianta transgenica, invece, è raramente contaminata da
aflatossine perché la resistenza alle infezioni che le è stata conferita la
mette al riparo dall'aggressione della piralide, quindi cresce bene e si
ammala meno, proprio come noi umani resistiamo meglio alle infezioni quando
ci troviamo in buona salute».
In realtà i cereali, possono essere contaminati dai funghi durante ogni
stadio del ciclo produttivo, dal campo al magazzino, alla trasformazione in
alimento finito. Anche perché i  trattamenti a base di fungicidi, dice la
legge, devono essere fatti per tempo, in modo che arrivino al consumatore
meno residui possibile. Il momento delicato dunque sembra essere quello
della conservazione, non quello della coltivazione.
Le Ogm sono migliori, sostiene Veronesi. Sono immuni dal fungo, dice. E’
vero? Fino a un certo punto. Un unico studio del 1999 dimostra un effettivo
calo delle aflatossine  nella granella di mais ogm, mentre è noto che la
presenza delle micotossine è strettamente legata a un problema di cattive
pratiche di coltivazione, di conservazione e di trasporto.
Forse non è
molto noto, ma sono state individuate, e vengono già adottate, tecniche di
prevenzione, che non passano necessariamente per l’adozione di varietà ogm.
Sono strategie semplici e forse anche poco originali, riassunte tra l’altro
in uno studio del Cnr: ricorrere a cultivar resistenti ai funghi, non fare
un uso eccessivo dell’acqua di irrigazione  e dei fertilizzanti, visto che
alte dosi di nitrati rendono i tessuti vegetali più acquosi e più sensibili
ai funghi, fare rotazioni colturali, migliorare le condizioni post-raccolta
quali l’essiccamento delle granelle e l’immagazzinamento in atmosfera
controllata, e una riduzione dei tempi e dei percorsi.
Il messaggio di
Veronesi è divulgativo e lineare. Semplificare a volte aiuta. Ma
l’informazione può diventare rumore.

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