Per una questione tutta interna alla Rete dei Precari, noi di Roma abbiamo buttato giu' sto documentino (5000 battute) stringatissimo e semplificatissimo ad uso interno della Rete, con qualche abbozzo di analisi dell'universita', del movimento etc. E' un po' offtopics e non del tutto comprensibile (o forse chi conosce un po' le dinamiche di movimento trovera' tutto fin troppo risaputo...).
Pero' ve lo giro lo stesso :)

andrea l'Insider Trader

***

Il futuro dell'università

Tra gli anni 90 e l'inizio del millennio, l'università ha concluso un
ciclo di riforme che ne hanno completamente mutato il volto. La
riforma Berlinguer-Zecchino ha introdotto in Italia la struttura
anglosassone "bachelor+master", secondo cui all'inizio degli studi
universitari si pone la formazione "professionalizzante" riservando
l'approfondimento della disciplina alle lauree specialistiche. Ora, il
DDL Moratti ha istituito la precarietà strutturale della ricerca che,
per chi amministra gli atenei, cessa di essere un'emergenza o
un'anomalia da sanare prima o poi. Ne risulta un'università impoverita
per andare incontro alle richieste degli imprenditori: avvicinare ciò
che l'università produce a ciò di cui le imprese hanno bisogno,
laureati ignoranti e specializzati e innovazione a breve termine. In
questo quadro si inseriscono le altre proposte che giungono
dall'impresa in materia universitaria: gli incentivi alle "corporate
university" (università private finanziate da grandi imprese),
l'abolizione del valore legale del titolo di studio (che metterebbe
sullo stesso piano ogni istituto di formazione pubblico o privato), la
partecipazione imprenditoriale alla governance delle università,
possibilmente trasformate in fondazioni.
Questa "Guerra alla Cultura" mira a cancellare la capacità dei
cittadini di capire il proprio presente: di interpretare le evoluzioni
storiche, i mutamenti tecnologici, le congiunture politiche ed
economiche, i paradigmi culturali. Senza questa capacità, il mercato e
le sue fonti di informazione e di pubblicità rimangono gli unici
riferimenti culturali di massa. In particolare, negli attuali processi
di precarizzazione diffusa del lavoro quelle armi critiche sono ancor
più necessarie per orientarsi in un contesto mutevole e di difficile
amministrazione: senza di esse, anche il laureato si presenta sul
mercato del lavoro più indebolito, ricattabile e, in fondo, a costo
più basso.

Il movimento del 2005

L'università di Berlinguer e Zecchino esiste da un solo ciclo di
studi. Eppure, è stato sufficiente perché gli studenti (blanditi con
la prospettiva di un titolo dopo tre anni di studi) si ribellassero ad
un'università così dequalificata. La precarizzazione della ricerca è
stato il segnale ultimo di un impoverimento della formazione pubblica,
ma soprattutto ha dato l'occasione per parlare delle tappe precedenti
di questo processo. Noi ricercatori precari di Roma abbiamo
partecipato a questo movimento perché solo la protesta studentesca ha
fatto saltare il tavolo di contrattazione Moratti-CRUI, ponendo il DDL
nel suo giusto contesto. Senza gli studenti, cioè, non saremmo usciti
da quell'impasse. Abbiamo perso lo stesso la partita, ma abbiamo perso
giocando, invece di sperare che altri la giocassero per noi.
La manifestazione del 25.10 è riuscita in quella maniera incredibile
ed entusiasmante perché era realmente autoconvocata. I ventenni scesi
in piazza erano felicissimi di partecipare ad un corteo senza padrini,
senza maestri, senza sigle politiche, senza rettori: perché finalmente
si vedeva l'università così com'è. Baronie, Crui o sindacati
corporativi, d'altronde, non saranno in grado di riformare
l'università per rilanciarla.
E' stato esattamento lo spirito con cui noi ci eravamo mossi per due
anni, qui a Roma: la ricerca siamo noi, precarie e precari invisibili
nel pantano di un sistema vecchio, logoro e gerarchico. D'altronde,
per primi "puntammo al Parlamento", quando bloccammo il traffico di
fronte al Senato riportando all'attenzione pubblica il DDL Moratti due
settimane prima che alla Sapienza si occupassero 15 facoltà. Non è
stata dunque una scelta di movimento "per il movimento", ma una reale
convergenza politica.
Tanto è vero che, oltre a sembrare degli "estremisti" (peggio:
teppisti che interrompono una diretta di beneficenza come facemmo a
Telethon), dobbiamo esservi anche sembrati i più "accomodanti" con i
poteri forti: in questi due anni, non abbiamo perso occasione per
sederci a tavolino con i rettori (incontrati due volte alla CRUI, più
gli incontri con Guarini), partecipare a due Senati Accademici
(nonostante le regole), discutere con i sindacati più "gialli" (che
rifiutarono l'invito per il 25.10), incontrare deputati e senatori (ci
siamo accollati anche le audizioni parlamentari). Certo, abbiamo
cercato il dialogo da una posizione di forza relativa, magari dopo una
manifestazione o un'iniziativa riuscita. Ma anche ora non esiteremo a
partecipare a mobilitazioni lanciate da altri, come il 25 novembre
confederale, proponendo uno Sciopero Generale dei Ricercatori precari.
Dunque, non abbiamo nemmeno cercato il negoziato "per il negoziato".
Ci è infatti estranea la contrapposizione tra "movimento" e "dialogo":
crediamo piuttosto che o si fanno entrambe le cose, o nessuna delle
due. Pensiamo infatti che non esista più la differenza tra la cultura,
che difendono gli intellettuali, e la politica, a cui partecipano
sindacati di categoria e organizzazioni: ormai la cultura fa parte
della vita produttiva, ed è esposta ai suoi conflitti. Non a caso, i
precari dell'università non sono gli unici in Italia a chiedere un
investimento pubblico forte nella cultura: ci stanno pensando anche i
precari degli enti di ricerca, gli studenti e gli insegnanti delle
scuole, i lavoratori dello spettacolo (tutte realtà con cui a Roma
abbiamo creato coordinamenti e assemblee permanenti, sempre con la
stessa modalità di rete, senza imporre percorsi e modalità, perché
tanto i precari devono saper fare tutto e sempre) e i movimenti per le
libertà digitali e della comunicazione (ed è un tema che la RNRP aveva
deciso di toccare, non a caso). E l'accesso alla formazione permanente
compare regolarmente tra le rivendicazioni dei precari che si
mobilitano per i propri diritti.

Il futuro dei precari dell'Università

Per tutto questo ora, a Roma, lanciamo "PreCat", un'associazione che,
raccogliendo contributi eterogenei, sappia agitare culturalmente gli
atenei di Roma, avviare vertenze sui diritti dei precari, intervenire
nel dibattito pubblico. Vogliamo dar modo di esprimersi ad una
generazione precaria schiacciata dalla paura e dal ricatto.
Questa è la vita del nodo della rete di Roma. Un percorso pieno di
contraddizioni, di ripensamenti e di difetti, perché le intenzioni
hanno preceduto di molto le capacità. Attraverso questo contributo,
auspichiamo che si avvii un confronto franco sul domani della lotta
alla precarietà nella ricerca, e che le basi della Rete si consolidino
per durare più di una stagione.


[EMAIL PROTECTED] wrote:
io posso dare una mano.
zinc
--
www.e-laser.org
Laser@inventati.org

Rispondere a