> Mi fermo qui, ma questo è quello che intendo quando parlo di
> inquinamento dell'ecosistema linguistico.

Ti fermi sull'orlo di un abisso davanti al quale proviamo un senso di
vertigine

Il cambiamento linguistico che conosciamo, oltre ad essere una conseguenza
degli scambi (anche violenti, tipo le invasioni), è una retroazione
dell'uso individuale (la 'parole') sul sistema socializzato (la 'langue').
Qui siamo in effetti davanti alla prospettiva di un cambiamento linguistico
di tipo nuovo. Il mio 'educated guess' (del momento) è che si tratterà del
collasso della 'langue' su sé stessa, di una frana nella media.

A questo cambiamento non avremo da opporre che arte, poesia e creatività
industriale. Intendo dire: non lo fermeremo con l'AI-act *et similia*.

G.


On Mon, 17 Apr 2023 at 23:48, Alberto Cammozzo via nexa <
nexa@server-nexa.polito.it> wrote:

> Buona sera Giovanni,
>
> credo che la responsabilità maggiore sia indiscutibilmente del
> management che progetta la macchina per specifici fini, specie
> illegittimi, più di chi la realizza nel codice.
>
> Va ricordato però che una condotta illegale anche se in esecuzione di
> ordine dato da un superiore gerarchico non esime dalla responsabilità,
> se chi lo esegue è in possesso delle necessarie cognizioni tecniche per
> avvedersi della illiceità.
>
> Chi ha realizzato i dispositivi di Google Street view che raccoglievano
> dati delle reti wifi e relativi payload sapeva di realizzare un
> corporate wardriving.
> Chi ha modificato le centraline dei diesel VW per superare i test non
> poteva non sapere cosa stesse facendo.
> Che  'obbedisse agli ordini' senza condividerli o condividesse le
> intenzioni del management può al massimo costituire una attenuante o
> aggravante.
>
> Chi programma non è esente da responsabilità, e molti whistleblowers si
> sono esposti per non condividere nemmeno la responsabilità morale.
>
> Come non penso che queste tecniche siano intrinsecamente malvagie, così
> non penso nemmeno che ne vada censurato l'insegnamento o la ricerca,
> anzi, va approfondita per limitarne al massimo la perniciosità. Nel
> frattempo ne va limitata l'applicazione indiscriminata fino a che non si
> sarà capito cosa va fatto con i dati in input e con gli output, per
> rispettare chi li ha prodotti ed evitare l'inquinamento dello spazio
> comunicativo umano.
>
>
> Data la capacità produttiva degli LLM e la fulminea adozione globale,
> molto presto vedremo che gli output automatici o ibridi supereranno in
> volume quelli puramente umani e entreranno nei dati di training degli
> LLM delle generazioni successive. Già ora non abbiamo certezza che una
> pagina web abbia origine umana, tra non molto avremo interi siti si spam
> molto ben scritto generati automaticamente, per favorire le economie dei
> backlink (fenomeno già in atto [1]).
>
> Questo di sicuro perturberà i criteri SEO e i motori di ricerca, ma
> quello che mi preoccupa di più è immaginare cosa accadrà allora alla
> lingua. Verosimilmente con LLM autofertilizzanti (che producono più
> testi di quanto ne consumano) si amplificheranno gli effetti di
> allucinazione e le derive, quelle sì evolutive: assisteremo a una
> proliferazione di testi con caratteristiche progressivamente proprie e
> singolari, distanti dalla lingua usata comunemente dagli umani? Oppure i
> padroni del web correranno ai ripari e le contromisure privilegeranno i
> testi dei siti 'affidabili'?
>
> Mi fermo qui, ma questo è quello che intendo quando parlo di
> inquinamento dell'ecosistema linguistico.
>
> Ciao,
>
> Alberto
>
> [1] <https://herman.bearblog.dev/the-chatgpt-vs-bear-blog-spam-war/>
>
>
> On 17/04/23 17:01, 380° wrote:
> > Buongiorno Alberto
> >
> > Alberto Cammozzo via nexa <nexa@server-nexa.polito.it> writes:
> >
> > [...]
> >
> >> L'oggetto di per se non è responsabile di nulla, ma i vari attori che
> >> costruiscono l'ecosistema del suo impiego lo sono: chi
> >> progetta/programma/vende/impiega, ciascuno per la parte di azione
> >> compiuta attraverso la macchina che gli compete.
> > Sì ma analizziamo bene quale /azione/ ciascun attore compie e la
> > relativa responsabilità che gli compete: che responsabilità ha chi
> > definisce le specifiche? E chi programma il software? E chi lo propone
> > al /mercato/ sotto forma di servizio adatto a uno scopo?
> >
> > Nel caso del LLM programmato statisticamente secondo le specifiche
> > derivate dalle teorie della "Cognitive Behavioral Therapy" usato in
> > Wysa, la responsabilità di esercizio abusivo di professione (giudizio
> > mio) è dei programmatori?  É di chi ha sviluppato lo specifico LLM?
> >
> > [...]
> >
> >> L'industria del software ha sempre sfuggito tale responsabilità (vedasi
> >> i vari /standard disclaimers/ e l'argomento del "tech exceptionalism").
> >>
> >> All'aumentare degli effetti sul mondo, chi progetta e vende queste
> >> tecnologie non può esimersi dal considerarsi in una ragionevole misura
> >> responsabile dei possibili impieghi di ciò che costruisce.
> > Non nego che il software includa anche (soprattutto!) l'"intenzione
> > politica" di chi lo /progetta/, ma vogliamo davvero fare un "processo
> > alle intenzioni"?
> >
> > Se seguissimo fino in fondo questo ragionamento dovremmo seriamente
> > pensare di chiamare /in giudizio/ "la scienza" (pseudoscienza?) che è
> > alla base della progettazione dello specifico software (e non solo del
> > software, ovviamente).
> >
> > «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento», per cui
> > non credo sia il caso di perseguire questa strada assai pericolosa, così
> > come non credo sia il caso di perseguire la strada opposta e altrettanto
> > pericolosa di negare i diritti costituzionali in nome della libertà di
> > ricerca o della asserita scientificità di alcune determinazioni.
> >
> > Se non c'è dolo o colpa grave [1] a nessuno sviluppatore software può
> > essere chiesto conto dell'adeguatezza a tutti i possibili /impieghi/, a
> > volte criminali, di ciò che ha sviluppato.  (Lo stesso dovrebbe valere
> > anche per gli scienziati, ma limitiamoci al software)
> >
> > É per quello che praticamente tutte le licenze d'uso (contratti
> > _atipici_) del software contengono una clausola di "assenza di garanzia"
> > o di "esclusione di responsabilità" [2]
> >
> > Anche nei contratti di sviluppo software c'è una piuttosto consolidata
> > giurisprudenza (o solo prassi?) in merito alle garanzie con le quali
> > tutelare l'acquirente in caso di presenza di vizi nel software [3]:
> >
> > --8<---------------cut here---------------start------------->8---
> >
> > Nel caso dei contratti di appalto [...] il committente deve denunciare
> > tali vizi all'appaltatore entro sessanta giorni dalla scoperta per
> > godere della garanzia. Nel caso in cui il committente abbia accettato
> > l'opera e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano
> > facilmente riconoscibili, previa buona fede dell'appaltatore, non si può
> > avvalere della garanzia.
> >
> > Nel caso in cui il contratto di sviluppo di software sia riconducibile
> > ad un contratto di opera intellettuale, allora l'appaltatore non
> > risponde della garanzia se non si verifica un caso di dolo o colpa
> > grave.
> >
> > --8<---------------cut here---------------end--------------->8---
> >
> > Sottolineo: «Nel caso in cui [...] i vizi [...] erano facilmente
> > riconoscibili [...] non si può avvalere della garanzia.»
> >
> > Non è allo sviluppatore software che bisogna chiedere conto degli
> > (ab)usi che vengono fatti del software che ha programmato, non è lui che
> > decide che quel software, ANCHE SE (probabilmente) CONTIENE VIZI, viene
> > utilizzato impropriamente e _soprattutto_ senza adeguate misure per
> > minimizzare il rischio.
> >
> > Casomai, è l'utilizzatore del software che dovrà dimostrare al giudice
> > (c'è un giudice?!?...) di aver condotto adeguate analisi di adeguatezza
> > all'utilizzo, una adeguata analisi dei rischi e di aver adottato misure
> > adeguate per minimizzare (al massimo possibile secondo lo stato
> > dell'arte) i rischi residui non eliminabili.
> >
> > Ecco le parole magiche "minimizzare i rischi non eliminabili con misure
> > adeguate", potendolo dimostrare /documentalmente/.
> >
> > Così si comincia a ragionare.  O no?
> >
> > Poi, io voglio proprio vedere come può fare l'utilizzatore del software
> > a condurre una l'analisi dei rischi senza poter analizzare il software
> > (o almeno avvalersi di analisi pubbliche di terze parti) perché lo ha a
> > disposizione solo in formato binario... o perché è una scatola nera
> > "inesplicabile".
> >
> > Poi, non c'è solo la responsabilità da prodotto o servizio, c'è anche la
> > pubblicità ingannevole... ma andrei OT e mi fermo qui
> >
> > [...]
> >
> > saluti, 380°
> >
> >
> >
> > [1] che sono da provare /in giudizio/, non possono essere
> > pre-determinati anticipatamente, ovviamente
> >
> > [2]
> https://it.wikiversity.org/wiki/Tutela_dei_beni_informatici_(software,_database,_opere_multimediali,_ecc.)_fra_diritto_d%E2%80%99autore,_brevetto_e_diritto_sui_generis#Licenze_d'uso
> >
> > [3]
> https://it.wikiversity.org/wiki/Tutela_dei_beni_informatici_(software,_database,_opere_multimediali,_ecc.)_fra_diritto_d%E2%80%99autore,_brevetto_e_diritto_sui_generis#Contratti_di_processo_software
> >
> _______________________________________________
> nexa mailing list
> nexa@server-nexa.polito.it
> https://server-nexa.polito.it/cgi-bin/mailman/listinfo/nexa
>
_______________________________________________
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