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Mi scuso, abbiamo parlato di cose diverse. Ora cerco di andare + vicino al
punto di Rossana:
secondo me è discutibile parlare sia di cooperazione che confronto: la
soluzione di continuità rispetto alle tendenze del passato è una questione
di grado piuttosto che qualitativa, si tratta piuttosto di un'accelerazione
o intensificazione di tendenze già presenti al tempo della guerra fredda.
Sappiamo che gli US of A non hanno mai considerato la sovranità altrui come
un valore prioritario e che la "cooperazione" europea ha spesso avuto una
certa ambivalenza rispetto allo strapotere americano.  (Vedi:  Gibbs, D.N.,
"Washington's New Interventionism: U.S. Hegemony and Inter-Imperialist
Rivalries", Monthly Review, September (2001), disponibile online).  La
funzione della NATO infatti e' stata di "contenimento" degli alleati Europei
(Germania in primis) non meno che del Patto di Varsavia:
"This presence (of 70,000 U.S. troops in Germany) is the basis of our
influence in the European region and for the cooperation of allied nations
whose security it enhances. ... it keeps European markets open to us. If
those troops weren't there, those markets would probably be more difficult
to access." Former Secretary of State, White House chief of staff, and NATO
supreme commander, Gen. Alexander M. Haig, JrQuoted in de Borchgrave A.,
"Haig: Syria should be next target", UPI, 1/7 (2002)
http://upi.com/view.cfm?StoryID=07012002-022358-8327r1/7/2002.

L'unilateralismo attuale americano si spiega non solo con il mondo
monopolare, ma anche con l'intento di utilizzare il loro strabordante "hard
power" (potere militare) per compensare la tendenza al declino del loro
"soft power" (potere economico e ideologico). Ma anche a questo riguardo si
possono riscontrare continuità e analogie anche sui tempi lunghi:
"You should know from experience that in the Indies trade must be conducted
and maintained under the protection and favour of your own arms and that
these arms must be got out of the profits won from the trade, so that trade
cannot be maintained without war nor war without trade"

Jan Pieterszoon Coen (1614)
quoted in Sukoharsono E.G., "The Boom of Colonial Investment: Dutch
Political Power in the History of Capital in Indonesia",
http://les.man.ac.uk/ipa97/papers/sukoh104.html.


Questa ambivalenza dei rapporti USA - UE si manifesta + chiaramente negli
ultimi 2 anni, quando sono emersi nuovi conflitti di interessi economici e
strategici tra gli "alleati": da Echelon a Galileo, alla rapida espansione a
Est della nato - spinta dagli u.s. - rispetto alla + lenta espansione
dell'UE.
Il fatto che l'Europa sia "un nano politico e un verme militare" (o
viceversa) basta a spiegare secondo me la sua attuale "cooperazione" se cosi
la vogliamo chiamare (ma forse esistono termini migliori: propongo
"vassallaggio"), ma ciò non cancella gli argomenti di coloro che si
attendono invece una crescita dei conflitti di interessi strategici e
militari tra USA e UE, fino a ipotizzare la possibilità di conflitti
"interimperialistici" nei prossimi decenni (il che richiederebbe che almeno
uno degli attori smetta di essere democratico, ma anche questa ipotesi non
sembra irrealistica) come:
Goldfrank, W.L., "BEYOND CYCLES OF HEGEMONY: ECONOMIC, SOCIAL, AND MILITARY
FACTORS", Journal of World-Systems Research, Volume 1, Number 8, (1995),
(disponibile online)

Chase-Dunn, C., Podobnik B., "The Next World War: World-System Cycles and
Trends", Journal of World-Systems Research Vol. 1, N. 6, (1995).
(disponibile online)

Ad ogni modo, nessuna di queste ipotesi rappresenta uno scenario che
potrebbe definirsi "desiderabile": si va dall'orrendo (U.S.A. über alles) al
catastrofico (conflitti interimperialistici).  Forse dovremmo iniziare
discutere anche di alternative?
ciao,
l.

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