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Il 1977 è l'anno di giunzione tra l'epoca delle rivoluzioni proletarie e l'epoca della controffensiva capitalista di tipo neoliberista, Ma è anche l'anno di passaggio dalle culture sensuali alle culture spasmodiche, dall'hippy al punk, dall'avanguardia calda allo sperimentalismo freddo della no wave. Nell'autunno di quell'anno in cui il secolo ventesimo voltò pagina, mentre gli insorti creativi di Bologna passavano dal marzo colorato e felice al settembre disperato e cupo che inaugurava gli anni di piombo del terrorismo e della competitività produttiva trionfante, mentre nel carcere di Stammheim zelanti funzionari suicidavano Ulrike Meinhof e Andreas Baader e Gudrun Ensslin e Carl Raspe, apparve un film sorprendente di Ingmar Bergman, ambientato nella Germania del 1923, ma carico di premonizioni per il tempo che stava arrivando.
Il titolo del film è L'uovo del serpente. Bergman descrive il decennio di preparazione del nazismo come un avvelenamento dell'atmosfera, un avvelenamento fisico, prodotto da gas e da sostanze venefiche immesse da folli sperimentatori nell'ambiente in cui vivono i protagonisti (un trapezista di Philadelphia emigrato a Berlino e una Liv Ullman proletaria). Il nazismo cresce poco alla volta nella psiche obnubilata e terrorizzata di queste povere vittime inconsapevoli di un avvelenamento lento che filtra giorno per giorno nelle loro case, e viene filmato da cineprese rudimentali nascoste dietro imporbabili paraventi. Una visione fantascientifica degli anni venti che anticipa quello che é accaduto più o meno letteralmente nei decenni che seguirono il 1977.
Quando vidi quel film per la prima volta (era l'autunno di quell'anno, che nella mia vita è stato il più esaltante ma anche il più traumatico) mi resi conto subito che si stava parlando di noi, del nostro futuro di allora, di quello che oggi, nel nuovo millennio, è ormai il presente. L'avvelenamento è stato portato quotidianamente nelle nostre case da un gas nervino che ha le forme della televisione della pubblicità, della stimolazione infosferica interminabile, della stimolazione produttiva, della mobilitazione competitiva delle energie. La potenza criminale dell'economicismo liberista non è inferiore alla potenza criminale che fu del nazismo. I suoi effetti sono alla lunga più profondi, più devastanti, e oggi purtroppo cominciamo a rendercene conto.
E' troppo tardi? Non lo so, quello che mi pare certo è che soltanto partendo dalla sensibilità, dal corpo sensibile dolorante, possiamo riproporci un risveglio, una riattivazione di energie umane.



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