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strategie per la comunicazione indipendente
http://www.rekombinant.org/media-activism
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[EMAIL PROTECTED] ha scritto:

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> strategie per la comunicazione indipendente
> http://www.rekombinant.org/media-activism
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> Fotografiamo la situazione prima che tutto precipiti. Cerchiamo in modo
> semplice di ricordare a noi stessi quel che é accaduto nel mondo nel
> periodo di preparazione di un conflitto di cui nessuno può prevedere gli
> sviluppi, delineamo scenari di possibile evoluzione, immaginiamo
> possibilità di azione. Costruiamo una strategia che vada oltre la guerra.

Se è vero quello che dice Bifo, oggi tutto complotta a favore
dell'irreversibilità: biotecnologie, biocapitalismo. Anche la guerra: del
resto "loro" credevano fosse una passeggiata, scontata, come quelle
precedenti, il Golfo e il Kosovo.
Ma, poi, è scattato qualcosa.
Cosa è successo esattamente?
E'successo che qualcuno, e molti, ha cominciato a pensare che non tutto
fosse così scontato.
Che la guerra non era più scontata (quasi un evento naturale che arrivava,
come una stagione); che, prima ancora, il mercato che dettava legge sul
mondo non era più scontato; che questo mondo dovesse andare avanti così, per
forza di inerzia, non era più scontato.
Che si poteva arginare l'irreversibilità.
Da quattro o cinque anni è successo che qualcuno ha cominciato a pensare,
non che il "futuro fosse di nuovo possibile" (vecchia utopia dell'800 che
tristemente mai più ritornerà), ma che dal presente si potesse resistere al
futuro. Ecco cosa è successo, caro Bifo.
Si tratta di trovare isole di reversibilità nella corrente
dell'irreversibile.
Dice I. Stengers: "Resistere nel presente al futuro probabile, vuol dire
scommettere che il presente offra ancora materia per la resistenza e che sia
popolato da pratiche ancora vive". E, aggiunge, anche se nessuna di queste è
sfuggita al grande parassita (il capitalismo). Insomma nessun utopismo né
volontarismo ma, senza troppi ismi: vitalismo sì! E nessuna idea antiquata
di resistenza (da fortino assediato, un po' alla Borrelli), anzi: è un nuovo
concetto del "resistere" come sola azione possibile... E ho anche
l'impressione - carissimi mcsilvan e sbancor e rossana - che questo modo di
vedere le cose scarti anche qualunque ideale di "superamento".
Resistere all'irreversibile: significa affermare, in modo immanente, qui e
ora, non tanto un "dovere" (etico morale ecc) ma un "noi vogliamo fare
altro. Lasciateci stare e andate via ora". Una forma di secessione? e
chiamiamola così...

E poi, che le pratiche siano bandiere e blocchi dei treni - meglio tante e
diverse - benissimo. Ma che poi ci voglia anche continuamente dell'altro e
dell'innovazione, non cadendo nello stereotipo, è altrettanto vero.
Ma che i soliti tristoni non vengano poi a dirci "ah ma quelli lì fanno solo
azioni simboliche" e "quegli altri poi scendono a compromessi ecc ecc..."
Cosa ci propongono di "sostanziale", loro, i criticoni, di innovativo ed
efficace? Che poi curiosamente tale discorso assomiglia alla solita solfa
dei Ferrara e c.: al suo "ma cosa hanno da ballare e da ridere quelli lì?"
Tutto questo è inutile e banale: se i movimenti sanno rimanere movimenti
vivono, altrimenti, come già successo le altre volte, si spegneranno
assorbiti dalla vecchia politica. Pazienza, peggio per loro. Nel frattempo
tutto sarà già da un'altra parte. In un altro secolo...adios.
E allora? Allora - forse - il problema è ancora quello: saper resistere
all'irreversibile. Costruire nuovi ponti, non per il futuro ma per
riguadagnare il presente con le sue pratiche concrete.
Che vorr'dì? boh.
Anche in questo caso la Stengers (ma non solo lei...) ci viene forse in
aiuto. Può voler dire: a) "diagnosticare" nuovi modi d'esistenza; e, si può
aggiungere: b) proteggere questi nuovi modi di esistenza con strategie e
tattiche: r-esistere.

ciao
federico-cas1821

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