Tele Street e Global Project
Prove tecniche di una contaminazione possibile
Come essere dentro e contro? Come mettere a valore la coincidenza inaggirabile tra comunicazione e prassi politica laddove la comunicazione e la produzione di senso divengono centrali nella cooperazione produttiva contemporanea? Come fare delle differenti esperienze comunicative accumulate negli ultimi anni di movimento laboratorio politico o meglio dispositivo organizzativo all’altezza della complessità?
Queste sono alcune delle domande che hanno attraversato la discussione della scorsa serata nelle giornate del Global Project alla festa di Sherwood di Padova. Il problema dell’agire comunicativo nelle sue articolazioni concrete è stato lo spartito mobile attorno al quale si sono dipanati gli interventi di Franco Berardi Bifo di Tele street, di Alessandra Ferraro di Global Tv, di Luca Casarini animatore tra gli altri dell’esperienza editoriale di Global Magazine. Un primo momento di discussione, di messa in relazione di esperienze diverse, di tematizzazione intransigente, in questo caso virtuosa, di un salto di pradigma che sgombra il campo definitivamente dalle tradizionali determinazioni contro-informative di movimento, così come dal pluralismo democratico della sinistra storica.
Tele street, da una parte, dispone la centralità assoluta della rete, della proliferazione, della Tv di quartiere come linea di fuga costituente di nuova comunità virale e confliggente con quel processo di inflazione semiotica che paralizza la disponibilità sociale alla decodificazione. Il Global Project, dall’altra, che con il l’uso del satellite, per quanto riguarda la radio e la Tv, e la diffusione in edicola, per quanto riguarda il magazine, tenta di agire non solo lo spazio locale ma anche la connessione globale della produzione di senso. Due progetti diversi ma per nulla incompatibili, che pur esercitando una ricerca comune sulla comunicazione non avevano trovato fino ad adesso momenti concreti di confronto e di verifica. Quindi un’occasione inedita quanto di straordinaria utilità, dove il riconoscimento di non autosufficienza delle sperimentazioni in atto
va di
pari passo con l’esigenza di connessione, di concatenazione, di messa a valore di circuiti complessi e integrati.
L’assunzione comune è quella che non ci sono zone franche, che la comunicazione ha irreversibilmente segnato la produzione e le forme di vita e che non c’è un “fuori” consolante nel quale determinare l’alternativa. Se è vero poi che immaginario e prassi politica concidono e procedono assieme, il problema dei dispositivi comunicativi non pùò evadere quello della ricerca di dispositivi politici all’altezza di questa complessità. Come fare cioè delle reti attive della comuncazione spazio laboratoriale di nuova organizzazione politica? Nulla semba prestarsi ad una soluzione lineare nè tanto meno sono auspicabili riduzioni e sintesi così come, nel caso della televisione, sembra prefigurare la gestione di un meccanismo satellitare stabile.
Per questo abbiamo deciso di dare un seguito a breve alla discussione e di ritrovarci a settembre, probabilmente a Venezia, per riaprire un tavolo di lavoro comune che continui a domandare e a tracciare linee di fuga.
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