---
strategie per la comunicazione indipendente
http://www.rekombinant.org/media-activism
---


spedito al portale RK

mcs


Tempo fa, prima che cominciasse la stagione dell'articolo 18, mi ricordo che
a una cena un sociologo si mise a raccontare di una iniziativa Cgil alla
quale era stato invitato. Mi restò impresso il giudizio su Cofferati:
"quando scende dal
palco, svestiti i panni del leader, ragiona come un impiegato". Se devo poi
aggiungere
un altro ricordo, mi rammento di giusto dieci anni fa quando la Cgil spedì
il non
ancora segrentario generale a Piombino a difendere un importante accordo
bidone alle
acciaierie. Fu spernacchiato apertamente, non riuscì a difendere il bidone,
e chissà cosa
hanno pensato di lui quegli adesso ex operai piombinesi che mi dicono esser
scesi in
piazza per l'articolo 18. Quando diventò segretario generale della Cgil le
cronache evidenziavano
le centinaia di migliaia di ore di cassa integrazione da lui contrattate
nelle grandi ristrutturazioni
industriali degli anni '80 patrimonio questo comune a Romano Prodi (in veste
di presidente dell'IRI
però). Quando invece partì la mobilitazione sulle pensioni del '94 Cofferati
fissò, in una assemblea a Milano (se non ricordo male), quella che sarebbe
stata
la linea del Piave di quel movimento di lotta: il tetto di 35 anni di
contributi per andare
in pensione, il 2% di rendimento annuo dei contributi etc.
Caduto il primo governo Berlusconi
tutte le forze poltiche in parlamento, esclusa Rifondazione,
e i sindacati confederali confezionarono
la riforma Dini che oltrepassava ampiamente la linea del Piave tracciata nei
momenti di furore antiberlusconiano. La Cgil indisse un referendum
sull'accordo
invitando a votare un si
che smentiva le indicazioni di lotta di qualche mese prima e così la
concertazione
potè proseguire ancora per qualche anno fino alla stagione del governo Prodi
(e con lei l'entrata dell'Italia nel
sistema monetarista-liberista della Ue, le leggi sul lavoro interinale, la
neutralizzazione
delle spese sociali, decine di migliaia di miliardi di lire annue di tagli
ai bilanci dello stato,
la
pace sociale sulla guerra in Kosovo etc.)

Questo per dire che l'investitura a leader politico della sinistra per
Cofferati da parte
del potere spettacolare (rappresentato da Moretti) e le insistenti voci di
una effettiva
realizzazione del ticket Prodi-Cofferati per le politiche del 2006 fanno
emergere immediate
reminescenze dal recente passato. Reminiscenze che non sembrano confinate
alla dimensione
dei ricordi degli anni '90: la riforma Dini delle pensioni -che aumenta
gradualmente
l'età pensionabile e che sterilizza gli aumenti "salariali" da erogarsi ai
pensionati- è
stata recentemente difesa come modello per il futuro sia da Cofferati che da
Epifani,
il ritorno della
stagione della concertazione è l'obiettivo dichiarato della Cgil mentre la
fedeltà di Prodi alla
politica di monetarismo e di privatizzazione liberista (in ultimo l'energia)
è stata ben
ribadita nella sua stagione alla presidenza della commissione Ue.
Insomma, quello che sta accadendo è che rischia di delinearsi una
ricomposizione della politica
dell'Ulivo -flessibilità e continue ristrutturazioni del mondo del lavoro e
delle imprese entro
un quadro di competitività in Europa regolato da un'unica moneta e
concertato tra governi e sindacati-
ma stavolta promosso dalla dimensione di innocenza primordiale che solo i
movimenti sanno produrre.
Che ci sia mezzo Ulivo che è contrario a questo progetto, perchè da come
liquidata la stagione della
concertazione assieme a quella del ruolo strategico del sindacato nella
società capitalista,e
che ci sia una buona parte di movimento che neanche intende di mettersi a
discutere di questo serve poi
per capire quali siano le forze in campo.

L'icona cofferatiana rappresenta la soluzione carismatica e, allo stesso
tempo razionale, alla necessità
di ricostruire un Ulivo che non sia la somma di rissosissimi spezzoni di
cartelli elettorali tenuti assieme
da una strategia di marketing. E rappresenta questo tipo di soluzione quanto
più la necessità è quella di
ribadire un consenso di massa attorno a una agenzia di mediazione del lavoro
come è la Cgil che può apparire come
sindacato grazie alle dosi di calore identitario prodotte dal leader
carismatico piuttosto che dagli
effettivi concreti benefici contrattati sul campo (per tacere del piano
della democrazia interna).
Che spezzoni di movimento prendano sul serio, o come ragionevolmente
accettabile, tutto questo è indice sia
che la stagione politica apertasi con Seattle è ancora lontana, esperimenti
a parte,
da produrre significative innovazioni sul
piano politico come del fatto che ci siano settori di ceto politico già
pronti a capitalizzare
il lavoro di questo ultimo triennio. Nessuno si scandalizza di questo, basta
esser chiari: entro il
quadro delineato da questo progetto di nuovo Ulivo i margini di manovra per
chi
proviene dal movimento riguardano la possibilità di
gestire il passaggio dal Welfare State alla Welfare Society ovvero di
indirizzare tutto il lavoro
precario del terzo settore verso un sistema di assistenza alla persone (per
la politica interna) e
di volontariato internazionale.
Sarebbe un percorso in ascesa per la carriera politica di molti
(associazioni e ceto politico di movimento)
che verrebbe
venduto come progetto politico per tutti, come una riedizione friendly e
ragionevole dell'universalismo
dei diritti assicurati in maniera originale e partecipativa. Per mettere in
secondo piano l'effettiva egemonia
della cultura liberista presente nell'operazione la garanzia starebbe nel
far luccicare la soluzione Cofferati,
razionale sul piano della politica dei ceti, carismatica su quello della
presa identitaria nei confronti
delle masse anonime.
Per mettere seriamente in difficoltà questo progetto, e guardare alla
applicazione effettiva di concreti
diritti fondamentali, bisogna guardare a rivendicazioni che richiedano un
trasferimento di risorse dai
ceti più alti a quelli della base piramidale della società: si pensi a
ricontrattare l'intero sistema del reddito di cittadinanza
ora operante in forma frammentaria, ineguale e persino informale tra
pensioni, sussidi, cassa integrazione
e mobilità lunga in una unica categoria universale riguardante il reddito di
cittadinanza erogato erga omnes.
Sarebbe mettere alla prova il sindacato-futuro Ulivo sul terreno della
contrattazione dei livelli di
esistenza spiazzando i terreni privilegiati dal ceto politico di movimento
collaterale al cofferatismo
(quel ceto che si riproduce di finanziamenti erogati grazie alla solidarietà
e che predilige le marce a futura memoria).

Fantapolitica ? Quello che sembra chiaro che chi ha immesso questo paese nel
percorso della globalizzazione
liberista con la moneta unica, le privatizzazioni e le dismissioni del
patrimonio pubblico, garante di poteri
forti e di settori della finanza cattolica (Prodi) è oggi ragionevolmente
pensato come colui che può essere chiamato
come alleato di una sinistra che si fa forte del movimentismo grazie alla
carta carismatica e razionale
rappresentata da Cofferati. E questo più che di fantapolitica sa di farsa
francese.
Riuscirà questa sinistra a fare come il Pci che evocava il socialismo
mentre lavorava per il funzionamento delle società disciplinari allora dette
a capitalismo maturo ?
La vocazione ci sarebbe..vediamo se c'è anche la stoffa. E soprattutto
lavoriamo per impedirglielo per
non ritrovarsi domani con un bel pacco vuoto di diritti riconosciuti con
grandi cerimonie ma spendibili
solo sul piano formale entro il deserto liberista.

___________________________________________
Rekombinant   http://www.rekombinant.org

Rispondere a