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Usando argomenti decisivi per la prognosi della propria epoca, e di quelle che essa avrebbe generato, Friedrich Nietzsche ha sempre collegato il concetto di nichilismo non solo alle formazioni di sapere legate al concetto di soggetto o a quello di conoscenza ma anche alle categorie politiche che hanno sostenuto le tecnologie di governo dall'emergere dell'illuminismo in poi. In quest'ultimo senso il concetto di nichilismo serve a spiegare il fenomeno storico della riduzione del nucleo idealista di una cultura politica a semplice involucro formale contenente una pura e semplice lotta per il potere, delle tecniche di assoggettamento e la tendenza a neutralizzare lo sviluppo di quella che Foucault chiamava "la volontà di sapere". Come sappiamo, questo senso la critica nietzcheana all'illuminismo e al socialismo anticipa, e precede, da sinistra tutto il pensiero critico del secolo successivo. Il punto sul quale si insiste meno, dopo un quindicennio almeno d'oblio a seguito del grande freddo conservatore degli anni '80 ma anche della crisi dell'idea stessa che il pensiero filosofico debba metter mano alle categorie politiche in uso, è quello ci permette di domandarci a partire da Nietzsche quali siano le caratteristiche del nichilismo capitalista dominante. Domanda questa che dovrebbe uscire dai dibattiti specialistici visto che questo nichilismo capitalista è l'anima delle tecnologie di dominio globali nonchè una pervasiva presenza nei nessi cognitivi di riproduzione sociale. Domanda tanto più stringente quando il nichilismo liberista evoca la libertà nel momento in cui dispiega la strategia dello sterminio. Domanda tanto più difficile da farsi in quanto la critica all'assoggettamento presente nel formalismo idealistico del liberismo capitalista se condotta con le armi della critica al nichilismo può travolgere le stesse culture antiliberali: infatti, quanti tratti, tipici del nichilismo, messi a nudo da Nietzsche nella critica al socialismo li troviamo nei Lula, negli Chavez, nei Forum sociali mondiali ? Quanta informazione "critica" presenta i tratti demonici e assoggettanti dell'illuminismo ben disvelati poi dagli antichissimi Adorno e Horkheimer ? Del resto se si vuol trovare il bandolo della matassa che altri movimenti non hanno trovato -affermarsi storicamente dissolvendo l'avversario senza creare le condizioni di un nuovo assoggettamento. ad esempio- ci si dovrà pur interrogare su quel continuo rovesciamento dei processi di liberazione in dispositivi di alienazione. Chi sta già cantando forsennatamente le lodi di quello che abbiamo visto in questi giorni -magari proveniendo da quella che Heidegger considerava una malattia dello storicismo, ovvero il mondo dell'informazione, o dal politicismo che se ne nutre- non fa che celare dei temi storici che ci sono ineludibili. L'apparire dei movimenti sulla scena globale con un messaggio immediatamente etico contro la guerra in questo contesto è una ricchezza come un rischio. E' una ricchezza perchè compone immediatamente i nessi societari che sono stati differenziati e frammentati dalle rivoluzioni liberiste. E' un rischio perchè la genericità di questo eticismo, e delle sue pratiche, rischia di generare l'ennesimo involucro idealistico che contiene poi le pratiche dell'assoggettamento, il delinearsi dei dispositivi di potere. Allo stesso tempo, la critica al liberismo capitalistico, e al suo portato della guerra globale, non può fermarsi a una critica delle pratiche o alla speranza della costruzione di una gabbia fatta di diritti fondamentali in grado di neutralizzare la marea deregolativa. Alla fine il nichilismo presente nel capitalismo è capace di trasmettersi oltre la propria barricata..è sul piano del suo superamento che bisogna attenderlo. Vecchio e irrisolto compito. Hic Rhodus.. mcs ___________________________________________ Rekombinant http://www.rekombinant.org