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A Eleftherotypia, quotidiano greco, Venerdi' 28.2.2003 e' pubblicata 
la lettera di un consigliere dell'ambasciata americana ad Atene a 
Colin Powell con la quale presenta le sue dimissioni dal corpo 
diplomatico. Lui si chiama qualcosa come John Brady Kisling (non 
sono sicuro dell'ortografia del suo nome, traduco dal greco cosi' 
come si sente).

Gentile signor Ministro
Le scrivo per presentare le mie dimissioni dal servizio Esteri degli 
USA e dal mio posto come consigliere politico all'ambasciata degli 
USA ad Atene, valide dal 7 Maggio. Lo faccio a malincuore. Sono 
cresciuto con il senso del dovere ricambiare qualcosa alla mia 
patria. Il mio servizio come diplomatico americano era un lavoro 
fantastico. Ero pagato per comprendere lingue e culture straniere, 
andare in cerca a diplomatici, politici, professori e giornalisti e 
convincerli che gli interessi americani fondamentalmente 
coincidono con i loro interessi. La fede alla mia patria e ai suoi 
valori era l'arma piu' potente al mio arsenale diplomatico.
Inevitabilmente, dopo 20 anni al ministero degli Esteri, sono 
diventato piu' selettivo e cinico nei confronti dei moventi egoistici e 
burocratici chje spesso formavano le nostre strategie. La natura 
umana e' quella che e' e io sono stato premiato e promosso 
perche' comprendevo la natura umana. Ma fino a questo governo, 
credevo che, sostenendo le pratiche del mio presidente, sostenevo 
anche gli interessi del popolo americano e del mondo. Non lo credo 
piu'.
Le pratiche che ora ci chiedono di promuovere sono incompatibili 
non solo con i valori americani ma anche con gli interessi 
americani. Inseguendo smaniosamente la guerra con l'Iraq, ci 
trasciniamo alla degenerazione della legalita' internazionale che era 
l'arma piu' forte dell'America, sia per attacco che per difesa, 
dall'epoca di Woddrow Wilson. Abbiamo iniziato a smantellare la 
piu' ampia e riuscita rete di rapporti internazionali mai conosciuta 
nel mondo. La strada che abbiamo preso portera' instabilita' e 
pericolo, non sicurezza.
Il sacrifizio degli interessi mondiali sull'altare della politica interna e 
dell'interesse individuale burocratico non e' una novita' e certamente 
non e' un'esclusiva americana. Ma non avevamo mai visto una cosi' 
sistematica falsificazione dell'infirmazione, cosi sistematica 
manipolazione dell'opinione americana dall'epoca della guerra in 
Vietnam.
La tragedia dell'11 Settembre ci ha resi piu' forti di prima, 
concentrando attorno a noi un'alleanza mondiale colossale con il 
proposito la collaborazione, per prima volta sistematica, contro la 
minaccia terroristica. Ma, invece di accreditare e capitalizzare 
questo successo, l'attuale amministrazione ha scelto di fare il 
terrorismo uno strumento di politica interna, iscrivendo una Al 
Qaeda sconfitta e squartata come suo alleato.
Abbiamo seminato sproporzionale terrore e confusione nella mente 
dell'opinione pubblica, collegando arbitrariamente i problemi 
sconnessi del terrorismo e dell'Iraq. Il risultato, e forse la ragione, e' 
di giustificare un colossale trasferimento di stanziamenti 
all'eswercito e di attenuare i dispositivi di sicurezza che proteggono 
i cittadini americani dalla mano pesante dell'amministrazione.
L'11 Settembre non ha fatto cosi' gran danno al tessuto della 
societa' americana, quanto noi siamo decisi a fare. E', veramente, 
nostro modello la Russia dei Romanof, un impero egoista e 
superstizioso che va verso l'autodistruzione nel nome di un lugubre 
status quo?
Dobbiamo chiederci perche' abbiamo fallito di convincere la 
maggioranza del mondo che e' indispensabile una guerra contro 
l'Iraq. Negli ultimi due anni abbiamo superato noi stessi tentando di 
mostrare ai nostri alleati nel mondo che ristretti interessi 
mercanteschi prevalgono sui nostri valori. Anche laddove non si 
mettevano in discussione i nostri obiettivi, si mette in dubbio la 
nostra coerenza. Il modello dell'Afghanistan non tranquilizza i nostri 
alleati, che si domandano su quale base vogliamo ricostruire il 
Medio Oriente, su immagine e per interesse di chi?
Ci stiamo accecando come la Russia e' cieca in Cecenia, come 
l'Israele e' cieco nei territori occupati, di fronte ai nostri consigli, 
secondo i quali, la schiacciante superiorita' militare non costituisce 
una risposta al terrorismo? Quando il caos dell'Iraq post-guerra si 
sommera' al caos di Grozny e di Ramala, dovra' essere troppo 
coraggioso qualcuno per seguire i nostri vertici.
Continuiamo ad avere una buona coalizione. La devozione di molti 
dei nostri amici e' impressionante, omaggio al capitale morale 
americano costruito in piu' di un secolo. Ma i nostri alleati piu' 
stretti sono meno convinti che la guerra e' giustificata, rispetto alla 
pericolosita' di permettere agli USA di trascinarsi a un solipsismo 
assoluto. La lealta' dev'essere reciproca. E', forse, diventata nostra 
parola d'ordine "oderint dum metuant"?
Vi invito di ascoltare gli amici dell'America in tutto il mondo. Perfino 
qui in Grecia, considerata come focolaio rovente 
dell'antiamericanismo europeo, abbiamo piu' stretti amici di quanti 
puo' immaginare il lettore dei quotidiani americani. Anche quando 
protestano per l'arroganza americana, i Greci sanno che il mondo e 
un posto difficile e pericoloso e desiderano un forte sistema 
mondiale con gli Stati Uniti e l'UE in stretta collaborazione. Quando 
gli amici ci temono, invece di temere per noi, e' ora di 
preoccuparci. E ora hanno paura. Chi puo' persuaderli che gli USA 
sono, com'erano, un faro di liberta' di sicurezza e di giustizia per il 
pianeta?
Signor Ministro, rispetto sconfinatamente il suo carattere e le sue 
capacita'. Ha mantenuto maggiore affidabilita' internazionale 
rispetto a quanto vale la nostra politica e ha salvato qualcosa dagli 
eccessi di una amministrazione invasata che fa i suoi comodi. Ma 
la vostra fedelta' al presidente va troppo lontano. Spingiamo oltre i 
suoi limiti un sistema mondiale che abbiamo costruito con tanto 
lavoro e spese, una rete di leggi, trattati, organismi e valori comuni 
che ostacola molto piu' efficacemente i nostri nemici rispetto alla 
limitazione del potere dell'America di difendere i suoi interessi.
Mi dimetto perche' ho tentato e fallito di conciliare la mia coscienza 
con la capacita' di rappresentare l'attuale amministrazione degli 
USA. Credo che le nostre procedure democratiche hanno in 
definitiva una capacita' di autocorrezione e spero di poter 
contribuire in piccola parte, essendo fuori, alla formazione di 
politiche che servono meglio la sicurezza e il benessere del popolo 
americano e il mondo che abbiamo in comune.


Angelo
(traduzione artigianale, mia)
(non riesco a capire come fara' il tizio a tornare a casa)

     "Dov'e' quello che sapeva parlare?"                     
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