Mi lascio scappare un'impressione che mi tengo dentro da tempo: la recezione
italiana di Deleuze e Foucault in materia di categorie politiche dalla metà
degli anni '90 -da quando l'estetica, il cui uso intensivo è stato determinato
dall'esplosione dei temi legati ai new media, ha preso completamente il
sopravvento sulla ricerca empirica, sui problemi di metodo ad essa connessi
e sul metodo critico d'analisi- ha contribuito ad impoverire il cervello
politico collettivo dei movimenti. E questo proprio nel momento in cui le
rielaborazione della categoria di general intellect sono state usate come
una carta matta per far
tornare ragionamenti ed analisi che invece avrebbero avuto bisogno di un
altro profilo conoscitivo. Ancora nel '90 Paolo Virno scriveva che sul Frammento
sulle macchine marxiano si doveva procedere con cautela: il rischio di fargli
rappresentare il pensiero marxiano tout court era pari a quello di scambiare
l'opera postuma di Kant come sintesi del pensiero dell'autore delle tre
critiche. Dalla seconda metà degli anni '90 queste cautele sono pressocchè
scomparse: la differenziazione dei media, il ruolo dell'informatica
in quella fase capitalistica più che essere analizzati sono stati affrontati
da un modo di pensare che probabilmente ha travisato l'antico concetto di
autovalorizzazione ovvero con l'affermazione di un movimento che invece
di disporsi nell'analisi di questi fenomeni si afferma e si vuole di per
sè immediatamente globale, desiderante, molteplice e, ça va sans dire, immanente
a un dispositivo ontologico; invece di porre all'ordine del giorno la reticolarità
del lavoro politico la da per risolta.E questo in contemporanea al deperimento
di qualsiasi problema di metodo, organizzazione, analisi politica ai quali
ogni tanto viene dato riconoscimento postumo con l'elogio dell'inchiesta
(che finisce poi per essere fatta solo per motivi professionali).
Non vorrei che in questo ragionamento ci fosse un frainteso: non vedo alcun
nuovo che avanza in questo modo di procedere ma una frettolosa rielaborazione
del vecchio: l'autovalorizzazione meno procede nel corpo sociale più la
si riafferma sulla carta come potente dispositivo ontologico, l'orizzonte
messianico della rivoluzione viene sostituito dal messianismo debole del
nuovo mondo possibile digeribile e personalizzabile da ogni consumatore
critico, la compomente massimalista e utopistico-chiliastica dei movimenti
un tempo rivoluzionari rimane sotto le vesti della contestazione ai "potenti
della terra" che non riesce che a riprodurre che se stessa.

un paio di impressioni:

>Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere
>statuto di realtà a quel "mondo" palesemente irreale, costituito da immagini
>e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e
>ricontestualizzata in un contesto inesistente.

Mah..direi che una caratteristica di quello che chiami il potere è quella
di dare realtà a ciò che ne difetta. Questo non significa far diventare
reale ciò che sarebbe irreale ma proporre e imporre un modello di mondo
il che è un potente meccanismo di legittimazione del potere.

>
>Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della
>moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel
>condividere quest'altro "mondo", che è il mondo sensibile di ogni singolo
>organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che "un altro
>mondo è possibile").

Uno dei difetti del concetto di moltitudine, tra i tanti essere intriso
di un messianismo del quale se ne fa volentieri a meno se si vuol marxiananamente
eliminare l'ideologia dai movimenti, è quello di dar vita ad equivoci come
questo: la moltitudine la si vuole come composta da differenze e la si usa
per concetti organicistici -che con la differenza han poco a che vedere-
come quello di inconscio collettivo


>
>Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente [..]
<esso si libera ad un livello cognitivo
>superiore.

Secondo me in una nuova Fenomenologia dello spirito tradotta in italiano
deleuzo-postoperaista ti troveresti alla grande. Questa gradazione "verso
l'alto" dei livelli di complessità non si libera mai di  una tradizione
che va da Plotino a Hegel.


>
>Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte
>biopolitico del comunismo.

sarà..a me questo divenire animali sembrava l'orizzonte biopolitico del
cannibalismo :-)


>Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se
ne
>esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo.


facciamo una bella seduta medianica allora :-)



buone vibrazioni e felici intuizioni a tutti

mcs




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