Questo clima di insubordinazione alle normative, ribellione all'ordine 
costituito, insofferenza per decisioni prese dall'alto e così via, che si 
percepisce in qualcuno degli ultimi interventi, è ormai inattuale.
Non siamo più al tempo delle dittature, dei regimi centralizzati o delle 
imposizioni governative.
Siamo al contrario (almeno in Italia) in una situazione di pressoché completa 
autonomia e tutela delle legittime esigenze (non solo linguistiche) di ogni 
comunità particolare.


Il nome di un posto è scelto dai suoi abitanti, questo è il principio 
fondamentale che non può essere messo in discussione.
Ma è scelto seguendo le procedure, previste prorpio a garanzia e tutela della 
democraticità della scelta.
Se prima, fino a qualche decennio fa, era lo Stato centrale (quale 
rappresentante dei suoi cittadini) a scegliere e modificare i toponimi di tutto 
il territorio nazionale (anche in contrasto con la storia, la cultura, le 
tradizioni e la lingua locali), adesso questo diritto è stato giustamente 
attribuito agli stessi enti locali che rappresentano quelle comunità.


Come ho già scritto in altro intervento, ogni Regione ha piena potestà sulla 
istituzione, denominazione e variazione dei propri Comuni. E ogni Comune ha 
piena potestà per quanto riguarda, borgate, località e frazioni presenti nel 
proprio territorio. Queste decisioni vengono prese dalle amministrazioni previa 
consultazione popolare. E lo Stato centrale (il governo italiano) con le sue 
emanazioni (Istat, Agenzia delle Entrate ecc.) dovrà necessariamente prenderne 
atto.
Nelle regioni a statuto speciale (come la Sardegna) questo principio è valido 
già dalla loro istituzione, come previsto dagli stessi statuti. E non ha limiti 
linguistici: se i sardi volessero riportare i nomi di tutti i comuni alle 
denominazioni in lingua sarda potrebbero farlo senza alcun problema, facendo 
sparire le odiate traduzioni italiane (come è avvenuto in Valle d'Aosta) da 
qualunque mappa (sia italiana che estera).


Ribadisco ancora una volta: cambiare i nomi di una mappa "per protesta", per 
"rispettare la storia e la cultura", per "sensibilizzare" non so chi, è un 
atteggiamento forse comodo e più facile ma sbagliato (perché il mappatore non 
deve decidere cose per loro natura decise da altri) e infruttuoso (perché 
chiunque continuerà a riferirsi sempre al nome istituzionale, l'unico 
effettivamente utilizzabile).



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Da: Carlo Stemberger <carlo.stember...@gmail.com>
Inviato: martedì 6 settembre 2016 11.25
A: openstreetmap list - italiano
Oggetto: Re: [Talk-it] Sardinian vs Italian names

Il giorno 6 settembre 2016 10:12, Paolo Monegato 
<gato.selvad...@gmail.com<mailto:gato.selvad...@gmail.com>> ha scritto:

Il tag name sul luogo serve pure quello a determinare un indirizzo (non è che 
se uso il navigatore imposto solo la via). Oppure pensiamo agli estratti...

Se scrivo "Mosca" nel campo ricerca, o "Parigi", o "Londra", Nominatim mi 
restituisce a colpo sicuro (come primo risultato) quel che cerco. Eppure 
nessuno di quei nomi è inserito nel tag name. Quindi, ribadisco, 
fondamentalmente il tag name in quel caso non serve ad un tubo.

Io propendo per una terza via: ogni comunità si gestisce come preferisce, con 
buon senso e in un'ottica _globale_.

Carlo
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