Nel caso non abbiate letto il comunicato, faccio presente che il
proprietario di DPreview
non è un associazione di volontari o una "boita" squattrinata:
è nientepopodimeno che Amazon, al quale non mancano, credo, risorse di
calcolo, banda,
dischi, competenza tecnica, risorse finanziarie, ecc. ecc.
Legittimo, quindi, che Amazon non consideri più interessante Dpreview
dal punto di vista
economico, un po' più discutibile, a mio parere, che decida di chiudere
un sito simile
dall'oggi al domani (annuncio il 21 marzo, chiusura il 10 aprile: 20
giorni, festivi inclusi).
Magari è solo una strategia per strappare un prezzo migliore a
potenziali acquirenti.
O magari alla fine lo regaleranno a Archive.org, o a un'associazione di
appassionati,
o una biblioteca. Speriamo.
Mi sembra comunque una buona occasione (di certo né la prima né l'ultima)
per ragionare di conoscenza, o almeno di un tipo particolare di conoscenza,
senza accettare acriticamente l'assioma che siccome è privato allora
possono fare
tutto quello che vogliono.
jc
On 24/03/23 16:16, Damiano Verzulli wrote:
Il 24/03/23 10:35, J.C. DE MARTIN ha scritto:
[...]
in assenza di istituti e processi che conservino
sistematicamente e adeguatamente la conoscenza digitale pubblicamente
disponibile,
esattamente come già capita [...] grazie a archivi, biblioteche e musei,
per la conoscenza su supporto fisico, che fare?
[...]
il punto a mio avviso decisivo è proprio quello di mettere
(molto moderatamente) in discussione quello che invece tu sembri
dare per scontato,
ovvero, il diritto incontrastato di fare quel che si vuole solo
perché si tratta di "proprietà privata".
Continuo ad essere scettico, rispetto a questo approccio.
Mi chiedo veramente se abbia senso tutelare le scelte di qualcuno che,
scientemente, pubblica contenuti negli spazi di qualcun altro, sol
perché questo qualcun altro gli da la possibilita' di farlo, e senza
porsi minimamente il dubbio degli effetti che tale pubblicazione produce.
Non sarebbe preferibile che questo qualcuno, PRIMA di pubblicare
contenuti, venisse edotto delle conseguenze di tale azione e, quindi,
nel momento della pubblicazione, sia consapevole delle conseguenze
(prima fra tutte, la possibilita' che i contenuti spariscano con uno
schiocco delle dita) ?
Anch'io mi rendo conto che un tal approccio è da "libro dei sogni" e
che se cosi' si fosse fatto, oggi le big-tech non esisterebbero o,
qualora esistessero, i problemi di lock-in non esisterebbero...
Il paragone con le biblioteche regge... ma fino ad un certo punto:
quella che finisce in una biblioteca fisica, è una COPIA del testo.
Anche in ambito museale, a volte si muovono COPIE delle opere
originali (almeno cosi' mi pare di ricordare; confesso di essere
ESTREMAMENTE ignorante, al riguardo).
Ragionandoci meglio, mi vengono in mente i problemi della
"Conservazione Sostitutiva": una normativa (vigente) estremamente
complessa, che consente --ad esempio-- ai commercialisti di liberarsi
della carta in favore di copie "digitali" normativamente assimilate
all'originale. Non è un caso che mi risulti essere scarsissimamente
adottata...
Mi sembrano, pero', argomenti che dovrebbero essere appannaggio degli
archivisti, piu' che degli informatici e/o dei gestori di contenuti
(digitali).
Da "tecnico" mi incuriosisce, ad esempio, l'approccio del cosiddetto
"Fediverso", dove (semplifico...) piu' o meno "magicamente", contenuti
pubblicati sul sito X finiscono anche sul sito Y (...e quindi
potrebbero finire anche "nella biblioteca Z"), senza azioni specifiche
da parte del produttore dei contenuti... Forse una diffusione
capillare di tali tecnologie darebbe una mano. Ma come "enforzarle",
mi viene difficile da pensare....
In ogni caso, rispetto all'ultimo punto:
[...]
mettere [...] in discussione [...] il diritto incontrastato di fare
quel che si vuole solo perché si tratta di "proprietà privata".
[...]
continuerei ad essere "rigido": lungi da me il difendere la
possibilita' di spargere del tritolo sul giardino di casa mia (lontano
da casa), senza la necessita' di erigere recinzioni e segnaletiche
adeguate (e, vista la pericolosita', poterlo fare anche solo previa
autorizzazione).
Ma il fatto di poter fare power-off del "mio" bel portale di
fotografia, magari semplicemente perché la bolletta energetica è
cresciuta di un x3, il costo del personale è cresciuto di un x1.5, il
costo dell'hosting è cresciuto di un x2 e... i ricavi per pubblicita'
--anche grazie alle big-tech-- si sono ridotti di due terzi e... i
finanziatori hanno deciso di abbandonarmi.... mi pare sacrosanto.
Certamente, se io fossi l'Archivio di Stato e conservassi (ancora; in
digitale) gli Stati Matricolari di tutti coloro che hanno partecipato
alla Grande Guerra... il discorso sarebbe diverso. Cosi' come se io
avessi digitalizzato l'intero archivia TARA [1], sarebbe un'altra
storia. Ma tali iniziative dovrebbero essere --appunto-- appannaggio
del "pubblico"; non certo affidate alle volonta' del privato
(qualunque esso sia...). E se viene lasciata al privato una certa
"liberta'" (penso al "Codice Leicester" [2] di Leonardo), allora darei
per scontato che... se voglio dargli un'occhiata, devo sperare nella
buona volonta' di.... Bill Gates...
Un saluto,
DV
[1]
http://www.arcland.eu/case-studies/case-studies/aerial-archives/1818-ncap-archives
[2] https://it.wikipedia.org/wiki/Codice_Leicester
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