Certo
che in un paese con 5milioni di piccoli imprenditori la strada
sembra ancora più in salita del referendum sulla scala mobile...
Rossana Rossanda nelle "Note
a Margine" scrive che in Italia ci sono 4.800.000
piccole imprese. Alex dice che ci sono 5 milioni di piccoli impenditori. D'Alema dice
che l'estensione dell'art.18 va a colpire anche un piccolo negozio a conduzione
familiare (come se i piccoli negozi al dettaglio fossero piccole imprese).
Credo che al riguardo ci sia un poco
di disinformazione. Innanzitutto, coloro che non
hanno un contratto di lavoro subordinato, non sono tutti piccoli imprenditori
indipendenti. In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, i lavoratori indipendenti sono circa
6.350.000, di cui 2.130.000 con contratto di co.co.co (ben 470.000 nella sola
Lombardia, dati 31.10.2002 dell'Inps), dai quali cica il 12-13% sono amministratori (di
condominio, di proprietà, ecc.). Dei restanti 4.200.000, un milione e duecentomila
sono liberi professionisti, iscritti ad un ordine (avvocati, notai, ingegneri, dentisti,
giornalisti (!!!), ecc.), 500.000 sono coadiuvanti (ovvero familiari di titolari di ditte e
attività prevalentemente agricolo e di commercio al dettaglio, figura prefordista in via
di estinzione - erano quasi 4 milioni negli anni '50), 700-800.000 sono soci di
cooperative e solo 440.000 sono considerati dall'Istat imprenditori (secondo la
definizione giuridica dell'art. 2082 del cod.civ., secondo il quale è imprenditore chi
organizza lavoro altrui con libertà di decidere quanto produrre, come produrre e il
prezzo a cui produrre). Infine ci sono 1.200.000 di "lavoratori per conto terzi", una
categoria che per l'Istat è residuale.
Scusate questa serie di dati. Ma il
punto è sapere che dei sei milioni e passa di
lavoratori indipendenti e parasubordinati, in teoria solo 2.800.000 potrebbero
assumere una persona a tempo indeterminato, a cui potrebbe essere applicata
l'estensione dell'art.18. Mai poichè circa il 40% di costoro lavora individualmente,
solo 1.600.000 hanno almeno un dipendente. La maggior parte di costoro ha addetti
alle dipendenze con contrattazione atipica (quindi fuori dall'estensione art. 18).
Pensiamo alla maggior parte degli studi professionali (contratti di apprendistato,
co.co.co, tempo determinato, stage, borse lavoro, ecc.). Difficilmente la moglie del
fioraio, citata da D'Alema e riportato nel demenziale articolo di Scalfari su "La
Repubblica" di domenica scorsa, ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, a
prescindere dall'esistenza dell'art. 18. Solo le imprese manifatturiere con più di 8-10
dipendenti possono essere quindi soggette all'estensione dell'art. 18, non più di
150.000 unità complessivamente.
E' quindi una bufala grande come una
casa affrmare che un'eventuale applicazione
dell'art. 18 a tutti i lavoratori/trici dipendenti a tempo indeterminato crei sconquassi
micidiali, (un po' come l'idea che la soglia dei 15 dipendenti impedisca alle piccole
imprese di crescere: se si vedono i dati statistici, si scopre che le impese subito
sopra i 15 dipendenti sono più numerose di quelle con 13-14 dipendenti). Il
problema, piuttosto, è che, come giustamente osservano Alex Foti e i ChainWorker, il
referendum lascia del tutto invariato il problema precariato. La vera bomba sociale
per caporali, imprenditori e capitalisti vari sarebbe la libera estensione di tutele e
garanzie (dal posto di lavoro, alla previdenza, salute, ferie, malattie, al reddito, ecc.) a
tutto coloro che oggi sono precari, parasubordinati, eterodiretti, e chi più ne ha più
ne
metta.
Quindi l'importanza del referendum
e della sperabile vittoria del SI sta soprattuto nella
sua valenza simbolica e politica. Ma ci pensate che potrebbe essere la prima volta
dalla sconfitta operaia del 1980 che non solo si resiste ma si contrattacca con
successo? E se ciò si verificasse, ci potrebbero essere positive ricadute anche sulla
lotta del precariato sociale, per un reddito e una vita dignitosa? E, infine, credo che
grazie a questo referendum si scoprirà chi è a favore dei diritti e delle garanzie
"senza se e senza ma" anche nei fatti e non solo a parole (di cui ne son piene le
fosse).
Andrea Fumagalli