sì, lo so che ci troviamo in una situazione di
illegalità, ma questo non significa che la "civiltà sottostante" non possa
servire da propulsore per la ri-scrittura di nuovi diritti. Ci sono spaccature
profonde in ogni manifestazione politica in tutte le parti del mondo. Lo so e ne
ho la mia piena consapevolezza. Ma se la violenza può essere ancora un
problema personale, politicamente si può decidere che non è più
conveniente. Soprattutto se la violenza si chiama guerra. Questo mi sembra stia
succedendo se guardiamo ai sondaggi e, soprattutto, se pensiamo ai tanti che si
stanno organizzando per fare da scudi umani in Iraq. Cosa faranno gli Usa e i
suoi alleati, spareranno nel mucchio rischiando di colpire alcuni dei
parenti dei morti dell'11 settembre, oppure i propri figli illegalmente
pacifisti? oppure pensiamo che i media riusciranno ad occultare tutto o che
l'egoismo occidentale trionferà su una prospettiva così folle di
liquidazione di tutto l'ecosistema del pianeta, compresa l'estinzione della
specie umana? Carol Muske Dukes, poetessa, dice che "le emozioni
sono biologicamente indispensabili alle decisioni" e non credo che, al di là di
quanto poi venga codificato nella storia, nella scienza economica o altro, non
nasca da questa esigenza biologica. Sono convinta che è stata l'emozione a
convincere Rousseau a formulare il suo pensiero. Mi chiedo, allora, quanto
invece siamo consapevoli dei nostri personali cambiamenti, prima di
spaventarci del baratro che, per tenerci attoniti, continuamente ci viene
proposto. La "biologia" politica che ci rende rizomatici, tanto per scomodare
Deleuze, è la novità del movimento, è la sua forza, appunto vitale, singolare e
collettiva che stiamo sperimentando in una situazione di salto
evolutivo per la specie umana. Diceva Adorno che "la parità politica è
quella situazione nella quale si può essere diversi senza svantaggi e senza
paura" , ma per fare questo bisogna cambiare anche noi stessi e i nostri
comportamenti emotivi, altrimenti avremo no la paura, ma proprio il terrore
paralizzante delle nostre capacità creative e l'annichilimento dell'istinto di
sopravvivenza. Ora come ora la violenza è ancora storicamente un sentire comune,
ma possiamo cambiare, soprattutto perchè non ci è più utile e scrivere nuovi
patti sociali.
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