sì, lo so che ci troviamo in una situazione di illegalità, ma questo non significa che la "civiltà sottostante" non possa servire da propulsore per la ri-scrittura di nuovi diritti. Ci sono spaccature profonde in ogni manifestazione politica in tutte le parti del mondo. Lo so e ne ho la mia piena consapevolezza. Ma se la violenza può essere ancora un problema personale, politicamente si può decidere che non è più conveniente. Soprattutto se la violenza si chiama guerra. Questo mi sembra stia succedendo se guardiamo ai sondaggi e, soprattutto, se pensiamo ai tanti che si stanno organizzando per fare da scudi umani in Iraq. Cosa faranno gli Usa e i suoi alleati, spareranno nel mucchio rischiando di colpire alcuni dei parenti dei morti dell'11 settembre, oppure i propri figli illegalmente pacifisti? oppure pensiamo che i media riusciranno ad occultare tutto o che l'egoismo occidentale trionferà su una prospettiva così folle di liquidazione di tutto l'ecosistema del pianeta, compresa l'estinzione della specie umana?  Carol Muske Dukes, poetessa, dice che "le emozioni sono biologicamente indispensabili alle decisioni" e non credo che, al di là di quanto poi venga codificato nella storia, nella scienza economica o altro, non nasca da questa esigenza biologica. Sono convinta che è stata l'emozione a convincere Rousseau a formulare il suo pensiero. Mi chiedo, allora, quanto invece siamo consapevoli dei nostri personali cambiamenti, prima di spaventarci del baratro che, per tenerci attoniti, continuamente ci viene proposto. La "biologia" politica che ci rende rizomatici, tanto per scomodare Deleuze, è la novità del movimento, è la sua forza, appunto vitale, singolare e collettiva che stiamo sperimentando in una situazione di salto evolutivo per la specie umana. Diceva Adorno che "la parità politica è quella situazione nella quale si può essere diversi senza svantaggi e senza paura" , ma per fare questo bisogna cambiare anche noi stessi e i nostri comportamenti emotivi, altrimenti avremo no la paura, ma proprio il terrore paralizzante delle nostre capacità creative e l'annichilimento dell'istinto di sopravvivenza. Ora come ora la violenza è ancora storicamente un sentire comune, ma possiamo cambiare, soprattutto perchè non ci è più utile e scrivere nuovi patti sociali.
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Sent: Wednesday, January 29, 2003 3:04 PM
Subject: Re: [RK] Il diritto all'Insurrezione

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Per Loredana

Parlavo in termini di "diritto". La fine del contratto sociale (Rousseau) o della convivenza civile, come si vuol chiamare il patto che lega o dovrebbe legare Stato e popolo crea una situazione di illegalità hobbesiana (homo homini lupus). In questa situazione non esiste più una legittimità a condannare la violenza, in quanto si è rotto il patto sottostante di civiltà. La condanna della violenza diventa fatto personale, morale, ma non può più essere generalizzato come fatto di comune sentire. Senza diritto si ha l'esercizio della volontà del singolo in quanto individuo. E l'individuo può essere contro o a favore della violenza per motivi, appunto, individuali.   quindi io al  massimo posso dire di essere personalmente contro, ma non dispongo più di una legge di convivenza che mi possa permettere di condannare il pensiero diverso di un altro. E' questa la situazione paradossale in cui ci ha cacciati la guerra personale del Cav. Berlusconi!

>From: "Loredana" <[EMAIL PROTECTED]>
>Reply-To: [EMAIL PROTECTED]
>To: <[EMAIL PROTECTED]>
>Subject: Re: [RK] Il diritto all'Insurrezione
>Date: Mon, 27 Jan 2003 18:36:21 +0100
>
>---
>strategie per la comunicazione indipendente
>http://www.rekombinant.org/media-activism
>---
>
>Ho letto con grande interesse, come sempre, il grande, lucido e
>appassionatamente disperato Sbancor. Ma poi questa frase: "Potrebbe pensare
>che io abbia cambiato posizione, rispetto alle precedenti scelte per la non
>violenza. No. Rimango contrario alla violenza, ma oggi questa è una scelta
>personale. La situazione interna italiana è tale che non
>potrò condannare chi farà altre scelte", che significa? Io non penso che la
>nonviolenza sia una scelta personale, ma è l'unica scelta da fare,perchè
>non ci sono alternative per l'intera umanità. La nostra storia di specie
>superiore è percorsa da orrori di ogni genere. Siamo ancora legati ad
>un'idea dell'essere umano che risale al paleolitico. le nostre forme
>mentali, la nostra creatività sono drammaticamente bloccate di fronte al
>salto evolutivo che ci viene oggi richiesto: che la guerra diventi un tabù e
>che le controversie politiche, economiche, sociali, collettive, individuali
>e personali vengano risolte non a prezzo della vita. Di nessuno. Questo non
>significa rinunciare a diritti quali quello dell'insurrezione, ma non
>sprofondare nel medioevo che addirittura, in certi casi, legalizzava il
>regicidio. Le nostre potenzialità di esseri umani vanno oltre a ciò che
>finora abbiamo praticato e non possiamo attaccarci alla costituzione che
>ripudia la guerra, se prima non ripudiamo la violenza. Ma cominciando da noi
>prima di pretenderla dagli altri. Personalmente, ma anche politicamente, mi
>sentirò di "condannare chi farà altre scelte" perchè quella che è in ballo è
>la vita di tutto il pianeta, non solo di quelli che mi stanno antipatici o
>attentano ai miei diritti.Siamo complici tutti i giorni, con i nostri stili
>di vita, di violazioni di diritti, di fame, di morte, per poter chiedere per
>noi un trattamento migliore. Il diritto è alla vita. Di tutti. E la vita può
>essere molto più bella se rinunciamo alla violenza. Gandhi parlava della
>"forza d'amare", ma finora nessun economista, nessuno statista e nessun
>politico ha investito su questa forza che pure è energia, potere, grande
>trascinatrice e che richiede grande coraggio. Perchè?
>Comunque, in ogni caso, grazie Sbancor, per aver dichiarato sulle tue
>posizioni personali di pacifista. Il mio pacifismo è politico e talmente
>granitico che non accetta possibili giustificazioni verso coloro che ancora
>intendono adoperare la violenza al posto della forza di essere migliori. Non
>ci potrà essere cambiamento se non cominciando da noi stessi. E la violenza,
>qualsiasi violenza, non ha cambiato mai nulla. Cerchiamo di inventare la
>pace, piuttosto e non arrendiamoci alla rabbia che è una cosa da belve.
>Loredana
>
>
>
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