Ho qualche dubbio sul pezzo, forse prodotto dall'ignoranza sulla situazione di NO.
La provocazione, che come tale fa riflettere, sembra far emergere un rapporto uomo/natura un po' semplificato: da una parte l'uomo che effettivamente 'sbagliò' a metter su case dove non era il caso, dall'altra 'l'acqua' e un ecosistema refrattario all'arroganza dell'ottuso antropocentrismo di quest'uomo.
E quindi, se ho capito bene, la conclusione è: noi ottusi antropocentrici abbiamo avuto una lezione, teniamola a mente e non ripetiamo lo stesso errore, è nel nostro interesse. Quindi famo na grande palude, che ci serve pure per il futuro.
Mah?
 
Mi chiedo, a vanvera:
in una situazione in cui lo Stato, nei soccorsi, si è mostrato solo mediante autoritarismo, soppruso e violenza e ben poco soccorso, un altro gesto autoritario, fatto per 'il bene comune' , come sarebbe preso dalla cittadinanza, che forse invece ci tiene a ricominciar a 'vivere come prima' (anche quando 'prima' era una vita di stenti).
E poi: l'acqua ha coperto tutta la città in maniera interclassista, o ci son quartieri più sfigati, irrecuperabili et altri invece recuperabilissimi, per cui lo stagno sarebbe una condanna gratuita?
E poi: il tessuto economico di questa città è finito, morto e sepolto, cioè non c'è più alcun tessuto e quindi restano solo diseredati da accompagnare con un po' di welfare assistenziale ovunque essi vivano, oppure val la pena ricostruir da quelle macerie, se qualcosa può esser recuperato (metti mai che un'officina sia ancora in piedi...)
 
 
le scorciatoie illuministe imposte dall'alto, per quanto illuminate o illuminanti siano, mi puzzano sempre.
La provocazione sarebbe efficacie se si gettasse su un terreno politico vero, e non da modello SimCity.
Che poi penso che anche in SimCity forse i cittadini s'incazzano se gli impedisci di tornar a casa propria con la scusa che 'l'uomo' aveva sbagliato il secolo prima a metter una città lì.
 
Ecco: nella vostra provocazione mancano le persone in carne ed ossa. Nient'altro.
 
ciao
 
simone
 
PS
La storia nell'ultima pagina del manifesto di ieri raccontava un punto di vista interessante. A sorpresa, nella testimonianza, si sminuiva il discorso sulla società somma di individui che lasciati a se stessi dismettono un piano di civile convivenza, e ne usciva invece un ritratto in cui la solidarietà aveva un maggior peso, quanto le strutture statali/federali (polizia e guardia nazionale)divenivano maggiormente colpevoli.
E era anche un avvertimento a relazionarsi più criticamente con la rappresentazione che i media hanno dato della tragedia, rappresentazione che poi diventa la base oggettiva delle nostre analisi.
 


 
On 9/22/05, bussola <[EMAIL PROTECTED]> wrote:
On Wed, 21 Sep 2005 18:09:26 -0500, fabio sterpone wrote
>  poi pero mi dovete spiegare
> una cosa: rispetto all'invasivita' dell'acqua che famo annamo tutti nell'entroterra?
> sapete bene, che la vita costiera per millenni ha sostenuto
> l'esistenza umana. non prendete in considerazione questo aspetto.
> secondo, NO e' un caso molto grave.

Fabio, in un certo senso hai ragione (non c'è lo spazio per spiegare a fondo il
concetto, forse si può fare un po' più informazione citando le possibilità alternative di
ricostruzione)
in un certo senso no: in fondo tu pensi sia giusto ricostruire No. io per esempio no.
Tu forse pensi sia da dare per scontato che il nostro stile di vita vada adattato, ma in
fondo resti lo stesso. Io no. La differenza con le comunità che vivevano nelle barene, è
che quelle erano comunità, non città di eprsone che manco si scambiano una tazza di
zucchero quando gli manca.
Ed è qui che io sento la mancanza di approfondimento e spazio: spiegherei infatti
perché il modello preseistente di No non ha senso nè lì ne altrove, perché in un certo
senso non aveva senso neppure prima. E gli eventi catastrofici che stanno capitando
stanno facendo emergere questa contraddizione.
Ho paura non ci sia molto tempo per intervenire, ma se hai voglia, cambia qualcosa....
baci

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