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strategie per la comunicazione indipendente
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Firenze, 9 novembre.

PRIMA SENSAZIONE:
Stare con lo spezzone di Reclaime the money - quelli del reddito garantito -
mi piace. Mi diverte.
Dopo innumerevoli manifestazioni penitenziali, ma proprio di quelle da farti
venire il latte alle ginocchia, è un sollievo liberatorio.
Come una vecchietta bolognese che, dopo essersi rassegnata ad avere
l'oratorio e "Adeste fideles" come unica occasione di socialità e svago, si
ritrova inaspettatamente in una balera con le luci colorate, e sì, è proprio
la Filuzzi quella, e sta suonando "Romagna mia".
Arrivando, ero pre-rassegnata, mi trovavo lì solo perché Rossana mi aveva
proposto di incontrare alcune persone e io il giorno prima non potevo.
Già era cominciata male.
Al primo tentativo di salire sul treno della Cgil, il "compagno" a guardia
della porta del vagone ci chiede i biglietti, e quando Rossana gli mostra
quelli del Social Forum: "Mi dispiace, signora, per questo treno ci vogliono
i biglietti della Cgil".
Signora. Sto per andare a manifestare con uno che chiama "signora" una che
sta per salire sul suo stesso treno per andare a manifestare... Va bene. Ho
già deciso di prenderla con distacco. Saliamo da un'altra porta, lì il
"compagno" di guardia ha qualche anno di più e ci fa passare - per
galanteria, sospetto. Ma ho deciso di prenderla con distacco.
Al concentramento, comincio a sentire le ginocchia che si gonfiano (ma la
prendo con distacco): "Fuori l'Italia dalla Nato/fuori la Nato dall'Europa"
(e l'integrazione delle forze armate europee? persino io, che sono una che
si informa a singhiozzo, ne ho sentito parlare). "Pace, pace, pace!" gridano
intanto i seguaci di Santa Maria Goretti, e "In-ti-fada/ vin-ce-rà", gridano
quegli altri - e qui mi vengono proprio le lacrime agli occhi, tutte quelle
donne, tutti quei ragazzi massacrati, senza speranza. Recupero il distacco,
mi preparo a "Il proletariato/non ha nazione/internazionalismo/rivoluzione".
Arriva invece qualcosa che fa rima con "nonviolenza", quasi tutte donne, ma
perché sono vestite come suore laiche? ci sono anche buoni rossetti a buon
prezzo, in fondo.
Ma poi, con questi del reddito di esistenza, mi ritrovo a interessarmi,
entusiasmarmi e ridere. Nessuno slogan triste, idee che possono anche
irrompere e poi lo sbracamento finale, orgasmi e godimenti da rivendicare -
finalmente. Non mi dà fastidio neanche il tum-tum del sound system (che di
solito dopo mezz'ora mi riduce sulla soglia dell'isterìa), mi muovo al
ritmo, cammino ballando.

SECONDA SENSAZIONE:
Siamo in via De Sanctis. Caseggiati di quattro-cinque piani, ad ogni
caseggiato tre, quattro, cinque finestre aperte, e ci sono "signore"
cinquantenni, e ragazzi rap, e immigrati da qualche parte, e bambini e
vecchiette - e ci salutano, ci lanciano pezzetti di carta come coriandoli,
espongono lenzuola e sventolano fazzoletti...
Oh cristo. E' questa la manifestazione.
Due donne alla finestra coinvolgono mezzo corteo, dimenandosi al ritmo di
"Berlusconi/vaffanculo" - e certo il corteo risponde, anche perché loro non
la smettono, ma rispondono anche gli immigrati (singalesi? pakistani?) al
balcone di fronte, e improvvisamente penso che forse anche il giorno dopo
continueranno a parlarsi, a rispondersi, anche domani apriranno le finestre
e si riconosceranno...
E non è questo che dovremmo fare? Un milione, centomila o mille non importa
- ma lasciare una traccia - una bava, come le lumache.

FLASH-BACK:
Altro treno per altra manifestazione - un sedile di donne, coccole e
chiacchiere, improvvisamente una consapevolezza: ma perché tutte le riprese,
le documentazioni dei cortei, debbono essere così noiosamente
autoreferenziali?
Pensateci per un momento: le riprese riprendono le manifestazioni, le
interviste intervistano i manifestanti. Ma, ai margini, cosa succede?
Chiunque ci sia stato anche una sola volta sa gli sguardi dai marciapiedi -
sospettosi, solidali, ostili, circospetti... Perché nessuno li intervista
mai, quegli sguardi? Eppure di "documentatori" di ogni occasione oramai ne
abbiamo che metà basta. Ma documentano sempre e soltanto noi. Cioè se stessi
(si apre una nuova prospettiva forse - l'autismo documentario).
E si sa, le idee, una volta che si apre la porta, rotolano senza misura:
perché, per esempio, non seguire con la videocamera un qualunque
manifestante "prima" e "dopo"? nei luoghi da cui parte e a cui ritorna,
nelle reazioni di quelli (compagni di lavoro o di calcetto) che invita o a
cui racconta... 
Non voglio tirarla a nessuno - a nessuna soprattutto - perché io magari mi
concedo il lusso delle idee ma poi non sono capace (di usare una
videocamera, per esempio) - però, che cazzo, mica stiamo parlando di cinque
donne su un sedile: stiamo parlando del Movimento dei Movimenti, centinaia
di migliaia in piazza e quanto a riprese che ci immortalano persino io
potrei essere Sharon Stone... e allora, come mai?

UN PENSIERO INGOMBRANTE:
Qualcuno dice: "Siamo un milione davvero, adesso non  potranno più fare
quello che vogliono, dovranno tenerne conto".
Io volevo starci con leggerezza in questo corteo, non avrei voluto dire
nulla che contrastasse qualcun'altro ma mi accorgo di parlare quando già sto
parlando "No, aspetta: che siamo un milione significa qualcosa, ma non
pensarci neanche che questo possa automaticamente spostare una qualunque
decisione, nella politica o nell'economia...". Ecco. L'ho detto - non volevo
ma l'ho detto.

Il giorno 10-11-2002 23.41, [EMAIL PROTECTED],
[EMAIL PROTECTED] ha scritto:
> Un milione di persone a Firenze. Una festa? Certo.
> Una vittoria? Non diciamo scemate.
 Sì, per favore, non diciamo scemate. O almeno, sforziamoci di non dirle.
Ciao
Chiara





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