Ciao Zapa,

Trovo il tuo intervento molto suggestivo, tuttavia come in gran parte del pensiero delle moltitudini rilevo difetti di contestualizzazione storica e di prospettiva strategica. Che sono imensioni ineludibili di ogni progetto di trasformazione da quando siamo entrati nell'età della guerra globale (e non è una metafora: i fronti si moltiplicano e attraversano tutte le metropoli occidentali e orientali).

In inglese "framing" vuol dire sia "incastrare qualcuno" (who framed Roger Rabbit?) sia "fornire il quadro" in cui avviene una scelta, una proposizione ecc (vedi Kahneman).
I don't wanna frame you, but I wish you'd frame yourself;)


Una sola obiezione: ma sei così sicuro che nei prossimi decenni ci sarà ancora un mondo su cui discutere ? Perché io vedo solo accelerazioni distopiche ed entropiche a destra mentre la sinistra manca o il rifugiarsi in futuri radiosi alquanto improbabili. Non sono solo i diritti fondamentali a essere a repentaglio, è la specie umana stessa che rischia di essere cancellata. Dispero che si possa costruire alcunché sul deserto che avanza, tanto meno un altro mondo. Certamente non è possibile in assenza di un'identità progettuale che esprima la possibilità di coagulare visioni/esperienze di mondi diversi in potenza mediatica, sociale, culturale dispiegabile contro l'impero del necrocapitale e il suo doppelganger sunnita. La definizione di un sé collettivo è capace di infrangere le barriere geografiche e i monopoli mediatici più temibili. Se non sappiamo chi siamo, non abbiamo futuro.

Chi siamo? Quando un@ diceva che era un leveller, un giacobino, una cartista, un anarchico, una comunista, un partigiano, bastava quella parola a farl@ sentire parte di un mondo in costruzione che né le perquisizioni, né le torture, né le trincee potevano arrestare. Le identità cambiano il mondo. Che cosa siamo noi?

Ciao, lx

At 02.35 05/09/03 +0200, you wrote:
Rispondo a tutto il tread su "Europa minore" e possibilità di
trasformazione, per mettere in luce quello che, secondo me, vi è trascurato.

Cambiare il mondo è innanzi tutto cambiare quello che si intende per
"mondo".

Se per "mondo" si intende l'insieme delle rappresentazioni condivise intorno
a ciò che accade sul globo terrestre, allora cambiare il mondo è fuori dalle
nostre possibilità.

Tutto l'insieme di queste rappresentazioni, di queste notizie e
informazioni, il mondo intellegibile, è creato e governato a immagine e
somiglianza del capitalismo mediatico globale.

Qualunque cosa noi facciamo in questo "mondo" è perfettamente interno alla
dialettica interna del sistema, movimenti radicali e terrorismo islamico
compresi.

Questo "mondo", la rappresentazione condivisa del mondo, è il nucleo
centrale della falsificazione biopolitica operata dal sistema spettacolare.

Questo "mondo" è ciò che separa ogni essere vivente della nostra specie dal
suo proprio mondo sensoriale e dalla potenza di agirvi gioiosamente e
liberamente.

Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere
statuto di realtà a quel "mondo" palesemente irreale, costituito da immagini
e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e
ricontestualizzata in un contesto inesistente.

Col concentrare l'attenzione collettiva su ciò che, nel suo insieme, non
esiste, se non nei palinsesti televisivi, esso la distoglie metodicamente da
quanto, per ognuno, esiste nel suo insieme, innanzi ai suoi occhi e alle sue
orecchie, e cioè la sua vita sensibile, degradata alla mera insignificanza
dell'occasionalità individuale.

Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della
moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel
condividere quest'altro "mondo", che è il mondo sensibile di ogni singolo
organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che "un altro
mondo è possibile").

Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente può
ricomporsi in unità e in potenza: se in testa e sulla lingua ha ciò che ha
negli occhi e nelle orecchie, esso si libera ad un livello cognitivo
superiore.

Ed è solo se si libera a un livello cognitivo superiore, che la sua potenza
diviene paragonabile con quella del sistema finanziario e mediatico del
capitalismo globale. In caso contrario, ogni preteso antagonismo è
semplicemente ridicolo.

Esiste un solo movimento di liberazione reale, ed è il movimento di ogni
singolo organismo verso la sua immediata presenza nel mondo fisico, verso il
contatto con le leggi naturali che operano in lui e che ne producono la
coscienza soggettiva.

Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte
biopolitico del comunismo.

Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se ne
esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo.

Ecco la dimensione per me trascurata nel tread estivo su "Europa minore" e
possibilità di trasformazione.

Tanti bacetti.

Z.


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