Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-09-12 Per discussione Alex Foti
Ciao Zapa,

Trovo il tuo intervento molto suggestivo, tuttavia come in gran parte del 
pensiero delle moltitudini rilevo difetti di contestualizzazione storica e 
di prospettiva strategica. Che sono imensioni ineludibili di ogni progetto 
di trasformazione da quando siamo entrati nell'età della guerra globale (e 
non è una metafora: i fronti si moltiplicano e attraversano tutte le 
metropoli occidentali e orientali).

In inglese framing vuol dire sia incastrare qualcuno (who framed Roger 
Rabbit?) sia fornire il quadro in cui avviene una scelta, una 
proposizione ecc (vedi Kahneman).
I don't wanna frame you, but I wish you'd frame yourself;)

Una sola obiezione: ma sei così sicuro che nei prossimi decenni ci sarà 
ancora un mondo su cui discutere ? Perché io vedo solo accelerazioni 
distopiche ed entropiche a destra mentre la sinistra manca o il rifugiarsi 
in futuri radiosi alquanto improbabili. Non sono solo i diritti 
fondamentali a essere a repentaglio, è la specie umana stessa che rischia 
di essere cancellata. Dispero che si possa costruire alcunché sul deserto 
che avanza, tanto meno un altro mondo. Certamente non è possibile in 
assenza di un'identità progettuale che esprima la possibilità di coagulare 
visioni/esperienze di mondi diversi in potenza mediatica, sociale, 
culturale dispiegabile contro l'impero del necrocapitale e il suo 
doppelganger sunnita. La definizione di un sé collettivo è capace di 
infrangere le barriere geografiche e i monopoli mediatici più temibili. Se 
non sappiamo chi siamo, non abbiamo futuro.

Chi siamo? Quando un@ diceva che era un leveller, un giacobino, una 
cartista, un anarchico, una comunista, un partigiano, bastava quella parola 
a farl@ sentire parte di un mondo in costruzione che né le perquisizioni, 
né le torture, né le trincee potevano arrestare. Le identità cambiano il 
mondo. Che cosa siamo noi?

Ciao, lx

At 02.35 05/09/03 +0200, you wrote:
Rispondo a tutto il tread su Europa minore e possibilità di
trasformazione, per mettere in luce quello che, secondo me, vi è trascurato.
Cambiare il mondo è innanzi tutto cambiare quello che si intende per
mondo.
Se per mondo si intende l'insieme delle rappresentazioni condivise intorno
a ciò che accade sul globo terrestre, allora cambiare il mondo è fuori dalle
nostre possibilità.
Tutto l'insieme di queste rappresentazioni, di queste notizie e
informazioni, il mondo intellegibile, è creato e governato a immagine e
somiglianza del capitalismo mediatico globale.
Qualunque cosa noi facciamo in questo mondo è perfettamente interno alla
dialettica interna del sistema, movimenti radicali e terrorismo islamico
compresi.
Questo mondo, la rappresentazione condivisa del mondo, è il nucleo
centrale della falsificazione biopolitica operata dal sistema spettacolare.
Questo mondo è ciò che separa ogni essere vivente della nostra specie dal
suo proprio mondo sensoriale e dalla potenza di agirvi gioiosamente e
liberamente.
Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere
statuto di realtà a quel mondo palesemente irreale, costituito da immagini
e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e
ricontestualizzata in un contesto inesistente.
Col concentrare l'attenzione collettiva su ciò che, nel suo insieme, non
esiste, se non nei palinsesti televisivi, esso la distoglie metodicamente da
quanto, per ognuno, esiste nel suo insieme, innanzi ai suoi occhi e alle sue
orecchie, e cioè la sua vita sensibile, degradata alla mera insignificanza
dell'occasionalità individuale.
Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della
moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel
condividere quest'altro mondo, che è il mondo sensibile di ogni singolo
organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che un altro
mondo è possibile).
Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente può
ricomporsi in unità e in potenza: se in testa e sulla lingua ha ciò che ha
negli occhi e nelle orecchie, esso si libera ad un livello cognitivo
superiore.
Ed è solo se si libera a un livello cognitivo superiore, che la sua potenza
diviene paragonabile con quella del sistema finanziario e mediatico del
capitalismo globale. In caso contrario, ogni preteso antagonismo è
semplicemente ridicolo.
Esiste un solo movimento di liberazione reale, ed è il movimento di ogni
singolo organismo verso la sua immediata presenza nel mondo fisico, verso il
contatto con le leggi naturali che operano in lui e che ne producono la
coscienza soggettiva.
Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte
biopolitico del comunismo.
Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se ne
esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo.
Ecco la dimensione per me trascurata nel tread estivo su Europa minore e
possibilità di trasformazione.
Tanti bacetti.

Z.

___

http://rekombinant.org

RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-09-12 Per discussione mcsilvan
Mi lascio scappare un'impressione che mi tengo dentro da tempo: la recezione
italiana di Deleuze e Foucault in materia di categorie politiche dalla metà
degli anni '90 -da quando l'estetica, il cui uso intensivo è stato determinato
dall'esplosione dei temi legati ai new media, ha preso completamente il
sopravvento sulla ricerca empirica, sui problemi di metodo ad essa connessi
e sul metodo critico d'analisi- ha contribuito ad impoverire il cervello
politico collettivo dei movimenti. E questo proprio nel momento in cui le
rielaborazione della categoria di general intellect sono state usate come
una carta matta per far
tornare ragionamenti ed analisi che invece avrebbero avuto bisogno di un
altro profilo conoscitivo. Ancora nel '90 Paolo Virno scriveva che sul Frammento
sulle macchine marxiano si doveva procedere con cautela: il rischio di fargli
rappresentare il pensiero marxiano tout court era pari a quello di scambiare
l'opera postuma di Kant come sintesi del pensiero dell'autore delle tre
critiche. Dalla seconda metà degli anni '90 queste cautele sono pressocchè
scomparse: la differenziazione dei media, il ruolo dell'informatica
in quella fase capitalistica più che essere analizzati sono stati affrontati
da un modo di pensare che probabilmente ha travisato l'antico concetto di
autovalorizzazione ovvero con l'affermazione di un movimento che invece
di disporsi nell'analisi di questi fenomeni si afferma e si vuole di per
sè immediatamente globale, desiderante, molteplice e, ça va sans dire, immanente
a un dispositivo ontologico; invece di porre all'ordine del giorno la reticolarità
del lavoro politico la da per risolta.E questo in contemporanea al deperimento
di qualsiasi problema di metodo, organizzazione, analisi politica ai quali
ogni tanto viene dato riconoscimento postumo con l'elogio dell'inchiesta
(che finisce poi per essere fatta solo per motivi professionali).
Non vorrei che in questo ragionamento ci fosse un frainteso: non vedo alcun
nuovo che avanza in questo modo di procedere ma una frettolosa rielaborazione
del vecchio: l'autovalorizzazione meno procede nel corpo sociale più la
si riafferma sulla carta come potente dispositivo ontologico, l'orizzonte
messianico della rivoluzione viene sostituito dal messianismo debole del
nuovo mondo possibile digeribile e personalizzabile da ogni consumatore
critico, la compomente massimalista e utopistico-chiliastica dei movimenti
un tempo rivoluzionari rimane sotto le vesti della contestazione ai potenti
della terra che non riesce che a riprodurre che se stessa.

un paio di impressioni:

Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere
statuto di realtà a quel mondo palesemente irreale, costituito da immagini
e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e
ricontestualizzata in un contesto inesistente.

Mah..direi che una caratteristica di quello che chiami il potere è quella
di dare realtà a ciò che ne difetta. Questo non significa far diventare
reale ciò che sarebbe irreale ma proporre e imporre un modello di mondo
il che è un potente meccanismo di legittimazione del potere.


Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della
moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel
condividere quest'altro mondo, che è il mondo sensibile di ogni singolo
organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che un altro
mondo è possibile).

Uno dei difetti del concetto di moltitudine, tra i tanti essere intriso
di un messianismo del quale se ne fa volentieri a meno se si vuol marxiananamente
eliminare l'ideologia dai movimenti, è quello di dar vita ad equivoci come
questo: la moltitudine la si vuole come composta da differenze e la si usa
per concetti organicistici -che con la differenza han poco a che vedere-
come quello di inconscio collettivo



Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente [..]
esso si libera ad un livello cognitivo
superiore.

Secondo me in una nuova Fenomenologia dello spirito tradotta in italiano
deleuzo-postoperaista ti troveresti alla grande. Questa gradazione verso
l'alto dei livelli di complessità non si libera mai di  una tradizione
che va da Plotino a Hegel.



Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte
biopolitico del comunismo.

sarà..a me questo divenire animali sembrava l'orizzonte biopolitico del
cannibalismo :-)


Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se
ne
esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo.


facciamo una bella seduta medianica allora :-)



buone vibrazioni e felici intuizioni a tutti

mcs




___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-09-04 Per discussione mcsilvan
[1]

Se il potere costituente e' un fattore omeostatico, allora tutte le
istituzioni sociali dovrebbere apparire in quanto contro-reazione a
dinamiche sociali che tendono ad allontanare la societa' dallo stato di
equilibrio, ammettendo che esso esista. Quindi sono in un certo senso
sempre conservatrici, cosa che non mi sembra si possa dire di ogni
istituzione sociale. L'istituzione del libro mercato, ad esempio, non
mi
sembra il risultato di un processo omeostatico. O forse ho un concetto
troppo ampio di potere costituente?


 Il potere costituente è un potere eccezionale nelle società e non solo
nelle contemporanee: sottintende alla capacità, da parte di un blocco
storico di esercitare il potere dei poteri ovvero quello di definire,
in modo temporalmente durevole, l'assetto istituzionale e giuridico di
una società. E qui mi permetto di dire che pensare che questo potere
costituente sia immediatamente in mano alle moltitudini è sia
argomentare la notte in cui tutte le vacche sono nere (ogni soggetto
collettivo in astratto ha potere costituente) oppure scambiare come
permanente una facoltà esercitabile solo in momenti eccezionali. Ma,
tornando a noi,eviterei di avere una nozione troppo conservativa dei
processi omeostatici. Vanno presi anche alla lettera: come processi di
stabilizzazione delle dinamiche di interazione sociele,del resto
necessari in una qualsiasi società si voglia erogare dei diritti che
devono essere, appunto, stabilmente esigibili ed esercitabili.


[2]



Mc, ti rispondo dicendoti: Levellers. E un sì: oggi c'è bisogno di 
regolazione omeostatica eccome (vedi mio synopticon).

:-) ?


 Voglio proprio 
sentire la tua teoria delle società contemporanee, perché per me stai 
dicendo cose senza prospettiva alcuna.


Eddai..com'è che te la prendi ? Di fronte a una affermazione simile sia
a) risponderti seriamente che b) risponderti alla Vernacoliere rischiano
di fartela prendere ancora di più quindi ti dedico il Malcom McLaren
d'annata che sto ascoltando e non se ne parli più :-PP

mcs
















---
Outgoing mail is certified Virus Free.
Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).
Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003
 

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-29 Per discussione Alex Foti
Mc, ti rispondo dicendoti: Levellers. E un sì: oggi c'è bisogno di 
regolazione omeostatica eccome (vedi mio synopticon). Voglio proprio 
sentire la tua teoria delle società contemporanee, perché per me stai 
dicendo cose senza prospettiva alcuna.

At 14.47 27/08/03 +0200, you wrote:



Certo che abbiamo perso, ma non
siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto
ti sto dicendo che sono poco convinto del potere costituente dei
movimenti. Più ci penso e più credo proprio che si tratti di una
contraddizione in termini: il potere
costituente appartiene ai fattori omeostatici di una società, anzi è un
fattore omeostatico primario. I movimenti sono un fattore dinamico, che
muta -senza garanzia stabile di cambiamento- i termini dell'omeostasi
sociale ma non sono un fattore omeostatico.
Pensa che il concetto di società civile Aristotele, Hobbes, Rousseau,
Kant Hegel, Gramsci per fermarsi ai superclassici è -nelle differenti
coniugazioni- è un concetto omeostatico o propedeutico all'omestasi.
Marx arriva al punto di definire la società civile come talmente
autoregolata che  lo stato le si presenta come mera sovrastruttura (è un
errore di Marx marxianamente confutabile secondo me ma questa è un'altra
storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per
definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano
anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come
funzionano le nostre società.
Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano
proprio altri tempi
-erano altri tempi quelli di Americanismo e fordismo non quelli di
americanismo e postfordismo. Tant'è che la forte mobilità di grandi
masse di popolazione all'interno e verso gli Us, capitalisticamente
regolata, è una
caratteristica del postfordismo americano. Merito gramsciano sta
nell'aver isolato il fenomeno storico dell'americanismo e di averci
fornito gli strumenti per collocarlo oltre il fordismo.


Mi
dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse
-dispiacere che ti verrà facilmente risparmiato :-P

saluti

mca



---
Outgoing mail is certified Virus Free.
Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).
Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003
___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism
___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-28 Per discussione Curzio Basso
On Wed, 2003-08-27 at 14:47, mcsilvan wrote:

 storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per
 definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano
 anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come
 funzionano le nostre società. 

Non capisco.

Se il potere costituente e' un fattore omeostatico, allora tutte le
istituzioni sociali dovrebbere apparire in quanto contro-reazione a
dinamiche sociali che tendono ad allontanare la societa' dallo stato di
equilibrio, ammettendo che esso esista. Quindi sono in un certo senso
sempre conservatrici, cosa che non mi sembra si possa dire di ogni
istituzione sociale. L'istituzione del libro mercato, ad esempio, non mi
sembra il risultato di un processo omeostatico. O forse ho un concetto
troppo ampio di potere costituente?

-- 
Curzio Basso [EMAIL PROTECTED]

___
 
http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-28 Per discussione vittorio marchi


caro uncerto,
un analisi di un movimento e' l'analisi della sua composizione sociale e delle sue cause. Chi ci sta dentro e perche'.Un movimento nasce su questioni specifiche, la riforma dell'universita' come la pantera o la guerra come il 15F. Si organizza e si espande. In questo processo si costituiscono al suo interno le fazioni politche, che spesso e volentieri esistono indipendentemente ed hanno un obiettivo pregresso. Tali fazioni sviluppano conflitto su obiettivi e metodo. Da questa lotta dipende la capacita' del movimento di darsi uno sbocco politico, cioe' di riuscire ad ottenerre quei cambiamenti nell'ordine politico-istituzionale che ha nella pancia. 
Ora, questo mi sembra abbastanza lineare e non assume quella inversione di soggetto e predicato, quel camminare con la testa in giu' che tu mi attribuisci. E dunque semplicemente ribadisco. I movimenti producono un nuovo stato di cose, una nuova sensibilita'. La politica o le fazioni politiche interpretano questo stato di cose lavorando alla trasformazione dell'ordine di diritto e della sovrastruttura politico-istituzionale. La dialettica, in quanto svolge il rapporto fra metodi ed obiettivi, appartiene a questo ordine del discorso, non a quello dell'analisi del movimento. Cosi' e' chiaro sin dai tempi di Aristotele che defini' la politica, nonla metafisica cosi' comePlatone-Hegel,come il suo ambito di applicazione adeguato (Marx fa caso a se'. Basti ricordare a questo proposito come il concetto di materialismo dialettico sia al centro della revisione critica del suo oensiero da un bel pezzo). 

Dunque i movimenti spostano i riferimenti della politica, tanto di quella politica che ne vuole rappresentare le istanze, quanto di quella politica che le vuole negare. Non per niente si parladi reazione in questoultimo caso cercnado di mostrare la natura seconda, ad esempio, di fascismo e nazismo rispetto ai movimenti che hanno contrastato.Questo e' chiaro nel caso del fasismo fin dall'origine della carriera politica di Mussolini nel partito socialista, dalla sua retorica populista e da quella oscenita' che fu lo stato corporativo. Il movimento del biennio rosso fu tanto potente da spostarei termini della politicadella destra come quelli della sinistra. Il fascismo nonci sarebbe stato senza queste premesse. Appartiene all'ordine delle conseguenze di tai premesse.

Tutto cio' mi sembra semplice e chiaro come la luce del sole. Ed e' per questo che mi trovo a disagio quando qualcuno dice che i movimenti perdono (o vincono se e' per questo, e l'uso di tale espressione nel mio precedente contributo era chiaramente paradossale). In altri termini, mi pare un atteggiamento disfattista che riflette una sotanziale incapacita' di pensare in senso materialista e radicale. Invece di lavore politicamente su un sentimento diffuso come il rifiuto dei fini e dei metodi della guerra in Iraq, sentimento che il movimento ha dimostrato essere inequivocabilmente maggioritario nelle societa' occidentali (gli USA a parte, ma questo e' ancora da vedersi caro uncerto, perche' la guerra, come lo stesso bush ha ammesso, e' lontana dalla sua conclusione -- ricordi il vietnam e cio' ne segui' ?), certi danno tutto per finito, anzi sconfitto, distruggendo con cio' le basi di una possibile politica alternativa.

Quanto al resto del tuo contributo mi sembra confuso e massimalista. E' ben verso che esiste una segmentazione verticale ed orizzontale dello spazio politico-istituzionale. Di fronte a questa segmentazione mi sembra che la risposta adeguata venga dal movimento no-global di Seattle-Genova. Lavorare all'interno di questa segmentazione portando in luce a livello locale gli effetti delle globalizzazione capitalistica, quindi organizzare in rete le soggettivita' locali nel rispetto delle loro autonomia politico-culturali e dei loro interessi oggettivi. Il punto della politica radicale e' qui' quello di cercare punti di convergenza e sinergie, e di esprimere su questa base una piattaforma globale. Assumere invece, come mi pare tu faccia, il punto di vista di uno spazio completamente linearizzato, significa fornire alla reazione le armi di sempre, quelle della divisione e dell'esclusione.

Se mi sbaglio, fammi capire perche'.


v
uncerto [EMAIL PROTECTED] wrote:
Il Tue, 26 Aug 2003 13:59:58 -0700 (PDT)vittorio marchi <[EMAIL PROTECTED]>ha scritto: I movimenti possono essere progressivi o regressivi. Essi vincono sempre, semplicemente perche_ spostano i riferimenti e pro-ducono nuova identita'. I movimenti cosi_ come le rivoluzioni sono linee di fuga ricombinanti dove le vecchie distinzioni vengono sovvertite e le identita' vengono scomposte e riaggregate in una nuova prospettiva. Essi sono eventi che fanno differenza e definiscono nuove basi del discorso politico. Sta alla poltica saper leggere ed interpretare la proiezione di tendenza che essi pro-ducono.Scusami, ma non mi pare un'affermazione politica, ma meta-politica. Inche senso vincono SEMPRE? Anche la controrivoluzione è un 

RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-27 Per discussione vittorio marchi

ma si, facciamoci pure un panino al prosciutto e du' spaghetti al sugo. 
Sugo ricco mi ci ficco. 

I movimenti possono essere progressivi o regressivi. Essi vincono sempre, semplicemente perche’ spostano i riferimenti e pro-ducono nuova identita'. I movimenti cosi’ come le rivoluzioni sono linee di fuga ricombinanti dove le vecchie distinzioni vengono sovvertite e le identita' vengono scomposte e riaggregate in una nuova prospettiva. Essi sono eventi che fanno differenza e definiscono nuove basi del discorso politico. Sta alla poltica saper leggere ed interpretare la proiezione di tendenza che essi pro-ducono.
I movimenti sono un dato di realta', la critica (dialettica) un fatto della ragione politica. I movimenti esprimono un disagio o un desiderio, non fanno politica. Ed e' piuttosto vero l’opposto, e’ cioe’ che la politica si fa sulla testa dei movimenti. E la politica puo’ vincere e perdere. La critica (dialettica) pertanto si applica alla politica, ai movimenti l’analisi della loro natura e forma. Scambiare I due ruoli significa voler portare la storia inietro e fare il gioco della reazione. Burke, ad esempio, faceva la critica della rivoluzione francese. E Burke lavorava per la reazione.
Io sento e capisco la frustrazione di lx di fronte a questi argomentimcsilvan [EMAIL PROTECTED] wrote:
Non ci crederete, ma è da due mesi che 'sta roba dell'identità europeami tormenta.-personalmente mi sento tormentato dal non sapere in quale serie Bgiocheremo a pochi giorni dall'inizio ufficiale del campionato ..poispero che acquistiamo un centrale dal Brescia e che riapra un pasticcereche conosco per spararmi un maritozzo come si deve. Sono decisamentecorrotto, mi perdoni :-))) ?Prima di liquidare il suddetto trio, teniamo bene a mente una cosa.Quegli interventi postulano il 15 febbraio come data di nascita dellasocietà civile europea -non mi sembra gran cosa aggiungere un errore teorico sopra un altro. Ilprimo è l'uso del concetto di società civile dalla quale francamente noncapisco dove se ne ricavi non dico il primato ma pure l'esistenza. Ilsecondo, tacendo sul fake dell'identità europea, 
 è quello
 del 15febbraio come data costitutiva di chissàcchè. Nel migliore, ma propriomigliore, dei casi se acquista una parvenza di materializzazione è unaidentità costruita su una sconfitta clamorosa di fronte alla guerra(basti dire che gli irakeni resistono mentre la società civile europea èsottol'ombrellone). E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle deiserbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità dinutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il chepuò andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò meno perun pensiero politicoIl loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti. Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morsoInsomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci sitrova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo-un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su 
 Indy di
 ieridi ritorno dalle feriehttp://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.phpE poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfasull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressioneche tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc.Allora risponde e si sprecano thread interessantiSalutone one oneMcsPs. Giulio ho visto che ti sei iscritto. Fatti vedè: dal due settembresono tre volte a settimana a Pisa e due a Firenze, vai che ci siribecca. Ciao !---Outgoing mail is certified Virus Free.Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism
Do you Yahoo!?
Yahoo! SiteBuilder - Free, easy-to-use web site design software

RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-27 Per discussione Alex Foti

E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle dei
serbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità di
nutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il che
può andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò  meno per
un pensiero politico
Questa è una panzana grossa come una casa. Certo che abbiamo perso, ma non 
siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto e 
che solo la pallosissima pedata, un po' di surrealismo e i maritozzi ti 
stanno tenendo a galla?


Il loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti.

Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morso
Niente ciappi per te, allora;)


Insomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci si
trova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo
-un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su Indy di ieri
di ritorno dalle ferie
http://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.php
America è per me: alternative comix, garage punk, wobblies, libertarismo, 
soul food, ragazze ebree. Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano 
proprio altri tempi, quando gli States erano una forza progressiva nella 
storia dell'umanità. Da Reagan in poi, cercano di esportare darwinismo 
sociale e distruzione ecologica, non partecipazione democratica di massa. 
Comunque la red army che ti può venire a salvare esiste ancora: si chiama 
PLA, People's Liberation Army, sta in Cina ed è l'unica che potrà forse un 
giorno fare il culo allo Zio Sam. Per il resto che su indy si debba 
intervenire sull'antiamericanismo becero di parte del movimento, si 
commenta da solo.

E poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfa
sull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressione
che tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc.
Allora risponde e si sprecano thread interessanti
Be' fintanto che la menate con 'sta favola del comunismo come strategia 
politica... Per il resto, sono per la libertà di religione. Mi 
dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse, così come il buddismo 
tibetano, l'unitarismo protestante okessoio. Dopo il 1989-1991, comunista è 
colui (è più spesso un lui che una lei) che professa una religione che 
annuncia la fine del capitalismo sulla terra. Nel frattempo, elaborato il 
lutto per il ground zero del comunismo storico (sì lo sappiamo, non era 
quello vero, e comunque almeno teneva il capitalismo a bada) visto che la 
realtà è riottosa a confermare l'avvento della profezia, si consola col 
sandinismo, il castrismo, lo zapatismo o qualunque altro movimento di 
liberazione esibisca un stella rossa e sia passibile di proiezione 
romantica. Proprio non si può praticare in privato questa come altre fedi? 
In ogni caso, ti sfido a trovare qualcun@ che oggi in Italia sia davvero 
comunista... Più ci penso e meno riesco a trovarne. Oppure siete tutti in 
Toscana e non lo sapevo? Cmq OK, la smetto, se non altro per rispetto dei 
milioni di morti dell'Armata Rossa che ci hanno salvato da nazismo certo.

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-27 Per discussione uncerto
Il Wed, 27 Aug 2003 10:44:07 +0200
Alex Foti [EMAIL PROTECTED] ha scritto:


 Be' fintanto che la menate con 'sta favola del comunismo come
 strategia politica... Per il resto, sono per la libertà di religione.
 Mi dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse, così come il
 buddismo tibetano, l'unitarismo protestante okessoio. Dopo il
 1989-1991, comunista è colui (è più spesso un lui che una lei) che
 professa una religione che annuncia la fine del capitalismo sulla
 terra. Nel frattempo, elaborato il lutto per il ground zero del
 comunismo storico (sì lo sappiamo, non era quello vero, e comunque
 almeno teneva il capitalismo a bada) visto che la realtà è riottosa a
 confermare l'avvento della profezia, si consola col sandinismo, il
 castrismo, lo zapatismo o qualunque altro movimento di liberazione
 esibisca un stella rossa e sia passibile di proiezione romantica.
 Proprio non si può praticare in privato questa come altre fedi? In
 ogni caso, ti sfido a trovare qualcun@ che oggi in Italia sia davvero 
 comunista... Più ci penso e meno riesco a trovarne. Oppure siete tutti
 in Toscana e non lo sapevo? Cmq OK, la smetto, se non altro per
 rispetto dei milioni di morti dell'Armata Rossa che ci hanno salvato
 da nazismo certo.
 

..molto pacatamente, e senza polemica alcuna, volevo consigliarti di
leggere la prima parte della 'Questione ebraica' di Karl Marx. Fallo un
pò come ti guardi Pazienza, ascolti Lou Reed, leggi Platone, vedi
Bellocchio. Così, come uno di cui non sai nulla. Che parla di religione
e analizza proprio la maniera come ne parli tu (anche se quello che dici
sia riferito alla religione 'comunismo')
Sarebe come guardarti allo specchio, ma davvero, e scoprire che un pò di
quel liberismo di cui tu parli, a livello profondo, ognuno di noi l'ha
ormai assunto, anche solo sul piano dei modi di dire

Emilio
___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-27 Per discussione mcsilvan



Certo che abbiamo perso, ma non 
siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto 

ti sto dicendo che sono poco convinto del potere costituente dei
movimenti. Più ci penso e più credo proprio che si tratti di una
contraddizione in termini: il potere
costituente appartiene ai fattori omeostatici di una società, anzi è un
fattore omeostatico primario. I movimenti sono un fattore dinamico, che
muta -senza garanzia stabile di cambiamento- i termini dell'omeostasi
sociale ma non sono un fattore omeostatico.
Pensa che il concetto di società civile Aristotele, Hobbes, Rousseau,
Kant Hegel, Gramsci per fermarsi ai superclassici è -nelle differenti
coniugazioni- è un concetto omeostatico o propedeutico all'omestasi.
Marx arriva al punto di definire la società civile come talmente
autoregolata che  lo stato le si presenta come mera sovrastruttura (è un
errore di Marx marxianamente confutabile secondo me ma questa è un'altra
storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per
definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano
anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come
funzionano le nostre società. 

Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano 
proprio altri tempi

-erano altri tempi quelli di Americanismo e fordismo non quelli di
americanismo e postfordismo. Tant'è che la forte mobilità di grandi
masse di popolazione all'interno e verso gli Us, capitalisticamente
regolata, è una
caratteristica del postfordismo americano. Merito gramsciano sta
nell'aver isolato il fenomeno storico dell'americanismo e di averci
fornito gli strumenti per collocarlo oltre il fordismo.



Mi 
dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse

-dispiacere che ti verrà facilmente risparmiato :-P


saluti

mca



---
Outgoing mail is certified Virus Free.
Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).
Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003
 

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-26 Per discussione mcsilvan

Non ci crederete, ma è da due mesi che 'sta roba dell'identità europea
mi tormenta.

-personalmente mi sento tormentato dal non sapere in quale serie B
giocheremo a pochi giorni dall'inizio ufficiale del campionato ..poi
spero che acquistiamo un centrale dal Brescia e che riapra un pasticcere
che conosco per spararmi un maritozzo come si deve. Sono decisamente
corrotto, mi perdoni :-))) ?


Prima di liquidare il suddetto trio, teniamo bene a mente una cosa.
Quegli interventi postulano il 15 febbraio come data di nascita della
società civile europea 

-non mi sembra gran cosa aggiungere un errore teorico sopra un altro. Il
primo è l'uso del concetto di società civile dalla quale francamente non
capisco dove se ne ricavi non dico il primato ma pure l'esistenza. Il
secondo, tacendo sul fake dell'identità europea, è quello del 15
febbraio come data costitutiva di chissàcchè. Nel migliore, ma proprio
migliore, dei casi se acquista una parvenza di materializzazione è una
identità costruita su una sconfitta clamorosa di fronte alla guerra
(basti dire che gli irakeni resistono mentre la società civile europea è
sotto
l'ombrellone). E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle dei
serbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità di
nutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il che
può andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò  meno per
un pensiero politico


Il loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti. 

Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morso

Insomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci si
trova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo
-un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su Indy di ieri
di ritorno dalle ferie

http://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.php


E poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfa
sull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressione
che tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc.
Allora risponde e si sprecano thread interessanti

Salutone one one

Mcs

Ps. Giulio ho visto che ti sei iscritto. Fatti vedè: dal due settembre
sono tre volte a settimana a Pisa e due a Firenze, vai che ci si
ribecca. Ciao !







---
Outgoing mail is certified Virus Free.
Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).
Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003
 

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-25 Per discussione Alex Foti
Giulio, grazie delle precisazioni. Ed è giusto dire che il counterbalancing 
ha a che fare prima facie con la politica degli stati che non con il potere 
delle identità. Lo dico anch'io che il progetto europeo è finora stato 
top-down. Ma Vittorio ha ben mostrato che non tutto di esso è da gettare al 
vento.

Oggi la costruzione comunitaria sta impantanandosi forse irrimediabilmente 
nelle sabbie mobili delle sue contraddizioni: prime fra tutti il deficit 
democratico e la relazione atlantica, per non parlare del tolemaismo 
monetarista che rischia di stritolarci tutti e di dare nuovo fiato alle 
destre. Che facciamo?
F15 ha espresso un'identità europea, composita, magmatica, spuria, che va 
dalla sinistra sociale all'ambientalismo riformista, dall'attivismo 
cattolico al transgenderismo laico, ma che appartiene potenzialmente a 
tutte e tutti coloro che vivono o decidono di venire a vivere in questa ex 
penisola dell'Asia.

Tanto per essere più espliciti: riforma di Schengen e affossamento della 
polizia antimmigrazione europea, cittadinanza europea per chiunque nasca 
sul suolo dell'Unione e diritto di voto per chiunque vi sia residente, 
estensione del diritto d'asilo e abolizione di centri di detenzione e 
misure di deportazione; sono tutte rivendicazioni centrali per costruire 
un'identità europea che osteggi il nazionalitarismo xenofobo in agguato e 
si opponga all'identità cosmoliberista espressa dalle élite europee, ma che 
sia in grado di discernere e salvaguardare ciò che oggi della costruzione 
europea è foriero di sviluppi progressivi. E' una sfida immane, ma forse 
preferisci la stolida reiterazione di simboli e parole d'ordine consunti 
che solo il massimalismo ideologico riesce ad ammantare di più alta 
radicalità (per inciso: com'è che la situazione è peggiorata in italya e in 
europa nonostante la crescita del movimento?).

At 18.29 23/08/03 +0200, you wrote:
tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità 
comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità 
presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro.

Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che 
un’identita’ non controbilancia un’altra, se mai entrano in conflitto. 
Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione, scambio, 
articolazione (non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione 
fra due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da 
due identita'.
Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'.

Una precisazione. Non ho scrtto contro le identita' tout court e non credo 
di essermi contraddetto esibendo un’identita' comunista. Quando ho scritto 
un’identita’ non controbilancia un’altra, se mai entrano in conflitto, 
in effetti ha ragione VM, l'affermazione dove essere completata: questo 
conflitto non e' di per se' male, perche' apre la possbilita' del 
cambiamento. Nel mio intervento, il problema non era il concetto di 
identita' in se' , a meno che questa non sia intesa in termini 
culturalistici, organicisti o naturalistici. L'identita' non e' qualcosa 
di gia' dato, ma e' possibilita' della differenza, qiundi anche 
possibilita' del conflitto - non necessariamente buono: dipende da quali 
identita' e differenze sono in gioco. E' a parire dalle identita' che si 
pongono le differenze, e' a partire dall'esperienza di una differenza che 
si coagulano identita'. Invece, il problema del bilanciamento (fra 
politiche internazionali, interessi economici, principi etici o giuridici) 
e' sempre quello rawlsiano e habermasiano della mediazione e del consenso: 
come dice Alex, si tratta di creare una ipotesi credibile di futuro.
Ma e' di questo che parliamo quando diciamo identita' europea? Si tratta 
di un'identita' che nasce dal conflitto, per produrre conflitto e 
cambiamento? O si tratta di un'identita' che gia' riassume in se' e 
bilancia le differenze, per essere unita' delle differenze - unita' nella 
diversita', secondo il suo slogan? A me sembra assurdo, pateticamente 
consolatorio, dire che questo discorso sull'identita' europea nasca dai 
movimenti sociali, che se mai sono internazionalisti o globali e ora in 
certi suoi settori recepeiscono passivamente questo discorso. Certo 
l'integrazione europea nasce anche dai movimenti sociali, per rispondere 
alle sfide che sollevano (ad es., la sfida sollevata negli anni '50 dal 
movimento operaio, la sfida sollevata oggi dai movimenti antiliberisti o 
anticapitalistici), ma il discorso sull'identita' europea no. Questo 
discorso si sviluppa soprattutto a partire dagli anni 80 e dopo 
Maastricht, ed e' un modo in cui le istituzioni europee (sovranazionali e 
intergovernative, non importa: sia la Commissione, sia il Consiglio) 
tentano di rispondere alla questione del deficit democratico, aggirandola. 
Il discorso sull'identita' europea nasce dall'alto, non nasce dal 
conflitto, ma dalla ricerca del consenso. Quando si parla di biopotere ci 
si riferisce anche a questa 

Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-23 Per discussione vittorio marchi

Si pero' devo dire che non capisco perche' il movimento, per lo meno da quel che vedo su rekombinant, non si occupi di questi temi.Ci si confronta con i massimi sistemi, le grandi prospettive e ci si dimentica cio' che si ha in casa.Ho sentito parlare da piu' parti dell'Europa comunitaria come di un fallimento. Etuttaviacome non meravigliarsi della incredibile complessita' di questo composito mosaico di culture e tradizioni, della loro capacita' di venire assieme e sviluppare dialogo.Anche solo il diritto di muoversi da paese a paese, studiaree lavoraredove meglio si crede sono beni di valore immenso che e' difficile contestare e che hanno significato universale nell'era della globalizzazione. E poi non dobbiamo forse ringraziare l'europa se berlusconie' stato arginato e si e' infine rivelato come un leader debole ? Forse non ti ricordi caro sbancor che rimbaud scriveva nell'800, a cavallo della guerra franco tedesca ? Voglia
 mo
 starcene ai margini, semplici spettatori, lasciando che governi prigionieri degli interessi forti facciano di questa architettura una architettura dello sfruttamento e della miseria ? 
E poi le farfalle a maggio stanno meglio che a settembre. 
Sbancor Parvus [EMAIL PROTECTED] wrote:
Non vorrei proprio che avesse ragione Rimbaud:"Se dedidero un'acqua d'Europa, è la pozzangheranera e fredda dove verso il crepuscolo odorosoun fanciullo inginocchiato e pieno di ristezza, lasciaun fragile battello come una farfalla di maggio"" Le Bateau ivre"From: rossana <[EMAIL PROTECTED]>Reply-To: [EMAIL PROTECTED]To: [EMAIL PROTECTED]Subject: Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-RortyDate: Thu, 21 Aug 2003 20:52:18 +0200mi rifacevo al patto che trovate quihttp://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102e che piace a Gran Bretagna e
 Spagnaciao___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism_Protect your PC - get McAfee.com VirusScan Online http://clinic.mcafee.com/clinic/ibuy/campaign.asp?cid=3963___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism
Do you Yahoo!?
Yahoo! SiteBuilder - Free, easy-to-use web site design software

Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-23 Per discussione Giulio Itzcovich
tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità 
comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, 
avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro.

Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che 
un’identita’ non controbilancia un’altra, se mai entrano in conflitto. 
Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione, scambio, 
articolazione (non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione fra 
due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da due 
identita'.
Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'.

Una precisazione. Non ho scrtto contro le identita' tout court e non credo 
di essermi contraddetto esibendo un’identita' comunista. Quando ho scritto 
un’identita’ non controbilancia un’altra, se mai entrano in conflitto, in 
effetti ha ragione VM, l'affermazione dove essere completata: questo 
conflitto non e' di per se' male, perche' apre la possbilita' del 
cambiamento. Nel mio intervento, il problema non era il concetto di 
identita' in se' , a meno che questa non sia intesa in termini 
culturalistici, organicisti o naturalistici. L'identita' non e' qualcosa di 
gia' dato, ma e' possibilita' della differenza, qiundi anche possibilita' 
del conflitto - non necessariamente buono: dipende da quali identita' e 
differenze sono in gioco. E' a parire dalle identita' che si pongono le 
differenze, e' a partire dall'esperienza di una differenza che si coagulano 
identita'. Invece, il problema del bilanciamento (fra politiche 
internazionali, interessi economici, principi etici o giuridici) e' sempre 
quello rawlsiano e habermasiano della mediazione e del consenso: come dice 
Alex, si tratta di creare una ipotesi credibile di futuro.
Ma e' di questo che parliamo quando diciamo identita' europea? Si tratta di 
un'identita' che nasce dal conflitto, per produrre conflitto e cambiamento? 
O si tratta di un'identita' che gia' riassume in se' e bilancia le 
differenze, per essere unita' delle differenze - unita' nella diversita', 
secondo il suo slogan? A me sembra assurdo, pateticamente consolatorio, 
dire che questo discorso sull'identita' europea nasca dai movimenti 
sociali, che se mai sono internazionalisti o globali e ora in certi suoi 
settori recepeiscono passivamente questo discorso. Certo l'integrazione 
europea nasce anche dai movimenti sociali, per rispondere alle sfide che 
sollevano (ad es., la sfida sollevata negli anni '50 dal movimento operaio, 
la sfida sollevata oggi dai movimenti antiliberisti o anticapitalistici), 
ma il discorso sull'identita' europea no. Questo discorso si sviluppa 
soprattutto a partire dagli anni 80 e dopo Maastricht, ed e' un modo in cui 
le istituzioni europee (sovranazionali e intergovernative, non importa: sia 
la Commissione, sia il Consiglio) tentano di rispondere alla questione del 
deficit democratico, aggirandola. Il discorso sull'identita' europea nasce 
dall'alto, non nasce dal conflitto, ma dalla ricerca del consenso. Quando 
si parla di biopotere ci si riferisce anche a questa costruzione di 
identita' disciplinate e funzionali al loro governo. L'Unione cerca 
legittimazione politica e la trova in una impolitica identita' europea o in 
una pangiuridica cittadinanza europea. Dovremmo prestare orecchio e 
rimasticare questo discorso? La paura di non prestare il nostro contributo 
costrttivo al nuovo potere europeo deve farci accettare qualsiasi 
sciocchezza? Io non riesco ad immaginare nessun discorso produttivo in 
termini politici che assuma a premessa o a conclusione l'identita' europea 
- se non altro, perche' necessariamente esclude coloro che, non essendo e 
non volendo essere europei, vivono in Europa o muoiono sulla soglia 
dell’Europa. 

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-22 Per discussione Sbancor Parvus
Non vorrei proprio che avesse ragione Rimbaud:

Se dedidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera
nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso
un fanciullo inginocchiato e pieno di ristezza, lascia
un fragile battello come una farfalla di maggio
 Le Bateau ivre

From: rossana [EMAIL PROTECTED]
Reply-To: [EMAIL PROTECTED]
To: [EMAIL PROTECTED]
Subject: Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Date: Thu, 21 Aug 2003 20:52:18 +0200
mi rifacevo al patto che trovate qui

http://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102

e che piace a Gran Bretagna e Spagna

ciao

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism
_
Protect your PC - get McAfee.com VirusScan Online 
http://clinic.mcafee.com/clinic/ibuy/campaign.asp?cid=3963

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-21 Per discussione Alex Foti

tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità
comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità
presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Io credo che il
movimento non avrà mai la possibilità di incidere sullo stato delle cose
presente se non sviluppa un'identità progettuale che possa
allargare la partecipazione sociale al movimento in vista di una
trasformazione democratica dell'Unione e quindi nel lungo periodo del
pianeta (proprio perché siamo nazionalisti, genocidi, coloniali nel
bastardo dell'animo, abbiamo sviluppato istituzioni pacifiche e
relativamente rispettose dei diritti individuali, sociali, ambientali in
misura maggiore che su ogni altra regione del pianeta).

Il potere costituente in Europa negli anni 90 lo detenevano i tecnocrati,
l'hanno perso a favore degli stati-nazione, anche a causa dell'incapacità
di far fronte ai movimenti tettonici della politica globale (in questo ti
do ragione). Ci avviciniamo al vuoto costituente, con grande piacere dei
neoliberisti che hanno già portato a casa l'euromercato. Il movimento del
15 febbraio si trova di fronte a un carapace europeo esangue: può
definitivamente schiacciarlo, facendo un gran favore alla sopravvivenza
dello stato-nazione e ai giochi della politica USA, oppure può rianimarlo
e riorientarlo in un senso progressista e libertario, globalista e
solidale, abbattendo le barriere della xenofobia, che rischiano di
diventare, quelle sì, parte integrante di un'identità europea
resistenziale intesa come fortezza che si oppone al sud del mondo.
Buttare cinquant'anni di sviluppo istituzionale al vento, vuol dire solo
riprendere la classica tradizione comunista di ostilità al progetto
comunitario, che secondo me è stato uno dei più grandi errori del
pensiero critico come dici tu, con espressione un po'
sessantottarda.
Sono le strategie che trasformano la realtà, non la critica delle
strategie,
af
At 18.26 20/08/03 +0200, you wrote:
A proposito di identita’ europea:
trovo un po' inquietante che a sinistra abbiano terreno fertile e siano
presi sul serio (se non come segnale di pericolo) questi progetti di
creazione di identità tascabili - quasi che non ci fossero oggi
abbastanza identita’ in giro -, progetti di eugenetica istituzionale o di
biopolitica per costituzionalisti. Mi sembra assurdo che il pensiero
critico aderisca ad un’equazione cosi’ ridicola che nemmeno i funzionari
della Commissione hanno il coraggio di formulare chiaramente: esigenza di
un ruolo politico internazionale per l’Europa - esigenza di democrazia in
Europa - esigenza di sentimenti di appartenenza identitaria e fedeltà al
nuovo livello di governo. E’ chiaro che una questione sono i contenuti
dell’azione politica europea, i conflitti sociali e le prassi politiche
che costituiscono un governo democratico, e anche, perche’ no?, i
meccanismi giuridici formali che tale governo dovrebbero garantire. Una
questione del tutto diversa sono i sentimenti di fedeltà a questo
dispositivo costituzionale, di identità/alterità entro questa realtà
geopolitica. 
Non è sentendoci meno americani, diversi dagli americani, che
contrastiamo il bushismo. Un’identita’ non controbilancia un’altra, se
mai entrano in conflitto: ma e' comunque un conflitto impolitico, perche'
gia' naturalizzato in termini di conflitto fra identita'. Forse puo'
dirisi che e' una politica internazionale, non un'identita', che puo’
bilanciare l'unilateralismo egemonico americano. Ma anche ragionando
cosi’, si fa geopolitica e si capisce poco: questa geopolitica sfocia,
poi, nel folklorismo, quando parla il lessico identiario. Piuttosto,
invece di tracciare immaginarie distinzioni identitarie nelle sabbie
mobili del costituzionalismo contemporaneo, per una politica radicale si
tratta di riconoscere problemi e pericoli comuni, elaborare prassi
politiche comuni (comuniste), di contrasto defezione resistenza, cosa che
ovviamente è impedita da un’identita’ presupposta (tanto siamo diversi…),
da un sentimento di specificita’ culturale, da un culturalismo
eurocentirco (nel progetto europeo ne andrebbero dei destini non solo
dell’Europa, ma dell’umanita’ intera… e andiamo, dobbiamo riproporre una
missione civilizzatrice dell’Europa per il governo del mondo? Ma se
questa Europa non guarda oltre il suo ombelico e si alambicca con i
problemi della propria identita’, specificita’, unità nella diversita’,
ecc.). 
E’ paradossale l’idea che questo progetto di costruzione di un’identita’
europea in vitro (si’, mi sento europeo e sono orgoglioso di essere
europeo, evidentemente c’e’ una tradizione comune fra, chesso’, svedesi e
greci, che li distingue da canadesi e turchi…), un progetto che non teme
il grottesco ma e' efficace e gia’ si articola in una pluralita’ di
iniziative istituzionali (un inno europeo, una bandiera europea, una
costituzione per l’Europa, ecc.), debba trovare la solidarieta’ del
pensiero radicale. E’ un paradosso, in realta’ e' la conseguenza di una
impasse politica, 

Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-21 Per discussione vittorio marchi

Sara’ che mi sono rovinato il cervello passando anni della mia vita sulla logica di Hegel, ma per me identita’ e’ una categoria che appartiene alla sfera della riflessione e non dell’essere, una determinazione che assume e risolve in se’ la differenza, meglio il differire. L’identita’ culturale e’ un differire in se’, un processo di reinvenzione creativa del proprio essere nel tempo e nello spazio (lo spazio infatti e’ depositario del senso dell’origine) e non un dato o una determiazione d’essere che non si puo’ trascendere. Anzi .. proprio l’essere, il dato valgono nel sistema delle relazioni riflessive identitarie solo come un posto, un essere tolto. Per cui nell’essere identitico a se’ il soggetto, singolare o plurale che sia, differisce in se’ da se stesso e pone se stesso o l’unita’ con se’ come un limite, un altro da se’ l’unita’ con il quale e’ un compito ed il risultato di un processo.
Da cui anche risulta chiaro come la categoria riflessiva di identita’ sia una categoria chiave della relazione sociale. Nella prospettiva dell’identita’ il se’ e l’altro da se’ sono risolti una relazione dialettica in cui l’essere altro e’ integrato e posto come medio della relazione riflessiva di se’ con se’ stesso. Ed e’ cosi’ in effetti che le culture e gli individui si definiscono le une rispetto alle altre. Giacche esse cosi’ come questi certo non sorgono in splendido isolamento ma nel tessuto delle relazioni e degli scambi che le uniscono. 
Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che "un’identita’ non controbilancia un’altra, se mai entrano in conflitto". Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione,scambio, articolazione(non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione fra due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da due identita'. 
Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'. L'identita' e' infatti processo, architettura della comunicazione e del dualogo.Se questa catgoria e' usata dalla destra, dai paranoici e dagli xenofobi io dico: appropriamoci di questa categoria, occupiamo questo spazio, rovesciamola controcoloro che la hanno promossa ed usata per articolare il discorso della destra ! Diamo spazio e voce alle identita' minoritarie, siano esse le comunita' indigene dell'amazonia o le comunita' alternative della metropoli. Sviluppiamo l'architettura politica della loro convergenza. 
Certamente questo non e' possibile sulla base della determinazione soltanto formale, come dire trascendentale, della categoria. Nella sua determinazione concreta essa risponde alle pratiche biopolitiche, alla capacita' di aggregazione di un progetto politico-culturale che sorge dai movimenti sociali edalconflitto che sanno articolare. Le lotte esprimono, pro-ducono identita'. Esse dipendono dal saper nominare questa identita', dargli un volto ed una faccia. 
Bah, questi i miei 2 soldi ..
vt

tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Io credo che il movimento non avrà mai la possibilità di incidere sullo stato delle cose presente se non sviluppa un'identità progettuale che possa allargare la partecipazione sociale al movimento in vista di una trasformazione democratica dell'Unione e quindi nel lungo periodo del pianeta (proprio perché siamo nazionalisti, genocidi, coloniali nel bastardo dell'animo, abbiamo sviluppato istituzioni pacifiche e relativamente rispettose dei diritti individuali, sociali, ambientali in misura maggiore che su ogni altra regione del pianeta).
Il potere costituente in Europa negli anni 90 lo detenevano i tecnocrati, l'hanno perso a favore degli stati-nazione, anche a causa dell'incapacità di far fronte ai movimenti tettonici della politica globale (in questo ti do ragione). Ci avviciniamo al vuoto costituente, con grande piacere dei neoliberisti che hanno già portato a casa l'euromercato. Il movimento del 15 febbraio si trova di fronte a un carapace europeo esangue: può definitivamente schiacciarlo, facendo un gran favore alla sopravvivenza dello stato-nazione e ai giochi della politica USA, oppure può rianimarlo e riorientarlo in un senso progressista e libertario, globalista e solidale, abbattendo le barriere della xenofobia, che rischiano di diventare, quelle sì, parte integrante di un'identità europea resistenziale intesa come fortezza che si oppone al sud del mondo. Buttare cinquant'anni di sviluppo istituzionale al vento, vuol dire solo riprendere la classica tradizione comunista di ostilità al progetto
 comunitario, che secondo me è stato uno dei più grandi errori del "pensiero critico" come dici tu, con espressione un po' sessantottarda.
Sono le strategie che trasformano la realtà, non la critica delle strategie,
af At 18.26 20/08/03 +0200, you wrote:
A proposito di identita’ europea: trovo un po' inquietante che a sinistra abbiano terreno fertile e siano presi sul 

Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-21 Per discussione rossana
domanda: di quale Europa state parlando?
Quella di Francia e Germania che vogliono rivedere il patto di stabilità 
europeo?
Quella che le ha viste entrambe festeggiare il patto firmato da Adenhauer e 
De Gaulle e che piace anche a Francia e Spagna?
Quella della Francia che abbraccia (lei) l'indirizzo dato da Primakov?
E con l'allargamento ad Est, di quale Europa parliamo?

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism


Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty

2003-08-21 Per discussione rossana
mi rifacevo al patto che trovate qui

http://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102

e che piace a Gran Bretagna e Spagna

ciao

___

http://rekombinant.org
http://rekombinant.org/media-activism