Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Ciao Zapa, Trovo il tuo intervento molto suggestivo, tuttavia come in gran parte del pensiero delle moltitudini rilevo difetti di contestualizzazione storica e di prospettiva strategica. Che sono imensioni ineludibili di ogni progetto di trasformazione da quando siamo entrati nell'età della guerra globale (e non è una metafora: i fronti si moltiplicano e attraversano tutte le metropoli occidentali e orientali). In inglese framing vuol dire sia incastrare qualcuno (who framed Roger Rabbit?) sia fornire il quadro in cui avviene una scelta, una proposizione ecc (vedi Kahneman). I don't wanna frame you, but I wish you'd frame yourself;) Una sola obiezione: ma sei così sicuro che nei prossimi decenni ci sarà ancora un mondo su cui discutere ? Perché io vedo solo accelerazioni distopiche ed entropiche a destra mentre la sinistra manca o il rifugiarsi in futuri radiosi alquanto improbabili. Non sono solo i diritti fondamentali a essere a repentaglio, è la specie umana stessa che rischia di essere cancellata. Dispero che si possa costruire alcunché sul deserto che avanza, tanto meno un altro mondo. Certamente non è possibile in assenza di un'identità progettuale che esprima la possibilità di coagulare visioni/esperienze di mondi diversi in potenza mediatica, sociale, culturale dispiegabile contro l'impero del necrocapitale e il suo doppelganger sunnita. La definizione di un sé collettivo è capace di infrangere le barriere geografiche e i monopoli mediatici più temibili. Se non sappiamo chi siamo, non abbiamo futuro. Chi siamo? Quando un@ diceva che era un leveller, un giacobino, una cartista, un anarchico, una comunista, un partigiano, bastava quella parola a farl@ sentire parte di un mondo in costruzione che né le perquisizioni, né le torture, né le trincee potevano arrestare. Le identità cambiano il mondo. Che cosa siamo noi? Ciao, lx At 02.35 05/09/03 +0200, you wrote: Rispondo a tutto il tread su Europa minore e possibilità di trasformazione, per mettere in luce quello che, secondo me, vi è trascurato. Cambiare il mondo è innanzi tutto cambiare quello che si intende per mondo. Se per mondo si intende l'insieme delle rappresentazioni condivise intorno a ciò che accade sul globo terrestre, allora cambiare il mondo è fuori dalle nostre possibilità. Tutto l'insieme di queste rappresentazioni, di queste notizie e informazioni, il mondo intellegibile, è creato e governato a immagine e somiglianza del capitalismo mediatico globale. Qualunque cosa noi facciamo in questo mondo è perfettamente interno alla dialettica interna del sistema, movimenti radicali e terrorismo islamico compresi. Questo mondo, la rappresentazione condivisa del mondo, è il nucleo centrale della falsificazione biopolitica operata dal sistema spettacolare. Questo mondo è ciò che separa ogni essere vivente della nostra specie dal suo proprio mondo sensoriale e dalla potenza di agirvi gioiosamente e liberamente. Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere statuto di realtà a quel mondo palesemente irreale, costituito da immagini e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e ricontestualizzata in un contesto inesistente. Col concentrare l'attenzione collettiva su ciò che, nel suo insieme, non esiste, se non nei palinsesti televisivi, esso la distoglie metodicamente da quanto, per ognuno, esiste nel suo insieme, innanzi ai suoi occhi e alle sue orecchie, e cioè la sua vita sensibile, degradata alla mera insignificanza dell'occasionalità individuale. Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel condividere quest'altro mondo, che è il mondo sensibile di ogni singolo organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che un altro mondo è possibile). Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente può ricomporsi in unità e in potenza: se in testa e sulla lingua ha ciò che ha negli occhi e nelle orecchie, esso si libera ad un livello cognitivo superiore. Ed è solo se si libera a un livello cognitivo superiore, che la sua potenza diviene paragonabile con quella del sistema finanziario e mediatico del capitalismo globale. In caso contrario, ogni preteso antagonismo è semplicemente ridicolo. Esiste un solo movimento di liberazione reale, ed è il movimento di ogni singolo organismo verso la sua immediata presenza nel mondo fisico, verso il contatto con le leggi naturali che operano in lui e che ne producono la coscienza soggettiva. Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte biopolitico del comunismo. Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se ne esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo. Ecco la dimensione per me trascurata nel tread estivo su Europa minore e possibilità di trasformazione. Tanti bacetti. Z. ___ http://rekombinant.org
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Mi lascio scappare un'impressione che mi tengo dentro da tempo: la recezione italiana di Deleuze e Foucault in materia di categorie politiche dalla metà degli anni '90 -da quando l'estetica, il cui uso intensivo è stato determinato dall'esplosione dei temi legati ai new media, ha preso completamente il sopravvento sulla ricerca empirica, sui problemi di metodo ad essa connessi e sul metodo critico d'analisi- ha contribuito ad impoverire il cervello politico collettivo dei movimenti. E questo proprio nel momento in cui le rielaborazione della categoria di general intellect sono state usate come una carta matta per far tornare ragionamenti ed analisi che invece avrebbero avuto bisogno di un altro profilo conoscitivo. Ancora nel '90 Paolo Virno scriveva che sul Frammento sulle macchine marxiano si doveva procedere con cautela: il rischio di fargli rappresentare il pensiero marxiano tout court era pari a quello di scambiare l'opera postuma di Kant come sintesi del pensiero dell'autore delle tre critiche. Dalla seconda metà degli anni '90 queste cautele sono pressocchè scomparse: la differenziazione dei media, il ruolo dell'informatica in quella fase capitalistica più che essere analizzati sono stati affrontati da un modo di pensare che probabilmente ha travisato l'antico concetto di autovalorizzazione ovvero con l'affermazione di un movimento che invece di disporsi nell'analisi di questi fenomeni si afferma e si vuole di per sè immediatamente globale, desiderante, molteplice e, ça va sans dire, immanente a un dispositivo ontologico; invece di porre all'ordine del giorno la reticolarità del lavoro politico la da per risolta.E questo in contemporanea al deperimento di qualsiasi problema di metodo, organizzazione, analisi politica ai quali ogni tanto viene dato riconoscimento postumo con l'elogio dell'inchiesta (che finisce poi per essere fatta solo per motivi professionali). Non vorrei che in questo ragionamento ci fosse un frainteso: non vedo alcun nuovo che avanza in questo modo di procedere ma una frettolosa rielaborazione del vecchio: l'autovalorizzazione meno procede nel corpo sociale più la si riafferma sulla carta come potente dispositivo ontologico, l'orizzonte messianico della rivoluzione viene sostituito dal messianismo debole del nuovo mondo possibile digeribile e personalizzabile da ogni consumatore critico, la compomente massimalista e utopistico-chiliastica dei movimenti un tempo rivoluzionari rimane sotto le vesti della contestazione ai potenti della terra che non riesce che a riprodurre che se stessa. un paio di impressioni: Tutta l'opera del potere, a livello cognitivo, consiste nel riconoscere statuto di realtà a quel mondo palesemente irreale, costituito da immagini e suoni, parole e fatti, grumi di informazione decontestualizzata e ricontestualizzata in un contesto inesistente. Mah..direi che una caratteristica di quello che chiami il potere è quella di dare realtà a ciò che ne difetta. Questo non significa far diventare reale ciò che sarebbe irreale ma proporre e imporre un modello di mondo il che è un potente meccanismo di legittimazione del potere. Tutto il problema del contropotere, e insieme della potenza vivente della moltitudine, consiste nel riconoscere realtà, nel descrivere e nel condividere quest'altro mondo, che è il mondo sensibile di ogni singolo organismo (l'inconscio collettivo sogna questo quando dice che un altro mondo è possibile). Uno dei difetti del concetto di moltitudine, tra i tanti essere intriso di un messianismo del quale se ne fa volentieri a meno se si vuol marxiananamente eliminare l'ideologia dai movimenti, è quello di dar vita ad equivoci come questo: la moltitudine la si vuole come composta da differenze e la si usa per concetti organicistici -che con la differenza han poco a che vedere- come quello di inconscio collettivo Solo nella condivisione del proprio mondo sensibile il vivente [..] esso si libera ad un livello cognitivo superiore. Secondo me in una nuova Fenomenologia dello spirito tradotta in italiano deleuzo-postoperaista ti troveresti alla grande. Questa gradazione verso l'alto dei livelli di complessità non si libera mai di una tradizione che va da Plotino a Hegel. Divenire animali. Divenire bambini. Divenire oggettivi. Questo è l'orizzonte biopolitico del comunismo. sarà..a me questo divenire animali sembrava l'orizzonte biopolitico del cannibalismo :-) Non si esce dal mondo attuale con parole e concetti di questo mondo. Se ne esce soltanto con parole e concetti dell'altro mondo. facciamo una bella seduta medianica allora :-) buone vibrazioni e felici intuizioni a tutti mcs ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
[1] Se il potere costituente e' un fattore omeostatico, allora tutte le istituzioni sociali dovrebbere apparire in quanto contro-reazione a dinamiche sociali che tendono ad allontanare la societa' dallo stato di equilibrio, ammettendo che esso esista. Quindi sono in un certo senso sempre conservatrici, cosa che non mi sembra si possa dire di ogni istituzione sociale. L'istituzione del libro mercato, ad esempio, non mi sembra il risultato di un processo omeostatico. O forse ho un concetto troppo ampio di potere costituente? Il potere costituente è un potere eccezionale nelle società e non solo nelle contemporanee: sottintende alla capacità, da parte di un blocco storico di esercitare il potere dei poteri ovvero quello di definire, in modo temporalmente durevole, l'assetto istituzionale e giuridico di una società. E qui mi permetto di dire che pensare che questo potere costituente sia immediatamente in mano alle moltitudini è sia argomentare la notte in cui tutte le vacche sono nere (ogni soggetto collettivo in astratto ha potere costituente) oppure scambiare come permanente una facoltà esercitabile solo in momenti eccezionali. Ma, tornando a noi,eviterei di avere una nozione troppo conservativa dei processi omeostatici. Vanno presi anche alla lettera: come processi di stabilizzazione delle dinamiche di interazione sociele,del resto necessari in una qualsiasi società si voglia erogare dei diritti che devono essere, appunto, stabilmente esigibili ed esercitabili. [2] Mc, ti rispondo dicendoti: Levellers. E un sì: oggi c'è bisogno di regolazione omeostatica eccome (vedi mio synopticon). :-) ? Voglio proprio sentire la tua teoria delle società contemporanee, perché per me stai dicendo cose senza prospettiva alcuna. Eddai..com'è che te la prendi ? Di fronte a una affermazione simile sia a) risponderti seriamente che b) risponderti alla Vernacoliere rischiano di fartela prendere ancora di più quindi ti dedico il Malcom McLaren d'annata che sto ascoltando e non se ne parli più :-PP mcs --- Outgoing mail is certified Virus Free. Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com). Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003 ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Mc, ti rispondo dicendoti: Levellers. E un sì: oggi c'è bisogno di regolazione omeostatica eccome (vedi mio synopticon). Voglio proprio sentire la tua teoria delle società contemporanee, perché per me stai dicendo cose senza prospettiva alcuna. At 14.47 27/08/03 +0200, you wrote: Certo che abbiamo perso, ma non siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto ti sto dicendo che sono poco convinto del potere costituente dei movimenti. Più ci penso e più credo proprio che si tratti di una contraddizione in termini: il potere costituente appartiene ai fattori omeostatici di una società, anzi è un fattore omeostatico primario. I movimenti sono un fattore dinamico, che muta -senza garanzia stabile di cambiamento- i termini dell'omeostasi sociale ma non sono un fattore omeostatico. Pensa che il concetto di società civile Aristotele, Hobbes, Rousseau, Kant Hegel, Gramsci per fermarsi ai superclassici è -nelle differenti coniugazioni- è un concetto omeostatico o propedeutico all'omestasi. Marx arriva al punto di definire la società civile come talmente autoregolata che lo stato le si presenta come mera sovrastruttura (è un errore di Marx marxianamente confutabile secondo me ma questa è un'altra storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come funzionano le nostre società. Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano proprio altri tempi -erano altri tempi quelli di Americanismo e fordismo non quelli di americanismo e postfordismo. Tant'è che la forte mobilità di grandi masse di popolazione all'interno e verso gli Us, capitalisticamente regolata, è una caratteristica del postfordismo americano. Merito gramsciano sta nell'aver isolato il fenomeno storico dell'americanismo e di averci fornito gli strumenti per collocarlo oltre il fordismo. Mi dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse -dispiacere che ti verrà facilmente risparmiato :-P saluti mca --- Outgoing mail is certified Virus Free. Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com). Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003 ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
On Wed, 2003-08-27 at 14:47, mcsilvan wrote: storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come funzionano le nostre società. Non capisco. Se il potere costituente e' un fattore omeostatico, allora tutte le istituzioni sociali dovrebbere apparire in quanto contro-reazione a dinamiche sociali che tendono ad allontanare la societa' dallo stato di equilibrio, ammettendo che esso esista. Quindi sono in un certo senso sempre conservatrici, cosa che non mi sembra si possa dire di ogni istituzione sociale. L'istituzione del libro mercato, ad esempio, non mi sembra il risultato di un processo omeostatico. O forse ho un concetto troppo ampio di potere costituente? -- Curzio Basso [EMAIL PROTECTED] ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
caro uncerto, un analisi di un movimento e' l'analisi della sua composizione sociale e delle sue cause. Chi ci sta dentro e perche'.Un movimento nasce su questioni specifiche, la riforma dell'universita' come la pantera o la guerra come il 15F. Si organizza e si espande. In questo processo si costituiscono al suo interno le fazioni politche, che spesso e volentieri esistono indipendentemente ed hanno un obiettivo pregresso. Tali fazioni sviluppano conflitto su obiettivi e metodo. Da questa lotta dipende la capacita' del movimento di darsi uno sbocco politico, cioe' di riuscire ad ottenerre quei cambiamenti nell'ordine politico-istituzionale che ha nella pancia. Ora, questo mi sembra abbastanza lineare e non assume quella inversione di soggetto e predicato, quel camminare con la testa in giu' che tu mi attribuisci. E dunque semplicemente ribadisco. I movimenti producono un nuovo stato di cose, una nuova sensibilita'. La politica o le fazioni politiche interpretano questo stato di cose lavorando alla trasformazione dell'ordine di diritto e della sovrastruttura politico-istituzionale. La dialettica, in quanto svolge il rapporto fra metodi ed obiettivi, appartiene a questo ordine del discorso, non a quello dell'analisi del movimento. Cosi' e' chiaro sin dai tempi di Aristotele che defini' la politica, nonla metafisica cosi' comePlatone-Hegel,come il suo ambito di applicazione adeguato (Marx fa caso a se'. Basti ricordare a questo proposito come il concetto di materialismo dialettico sia al centro della revisione critica del suo oensiero da un bel pezzo). Dunque i movimenti spostano i riferimenti della politica, tanto di quella politica che ne vuole rappresentare le istanze, quanto di quella politica che le vuole negare. Non per niente si parladi reazione in questoultimo caso cercnado di mostrare la natura seconda, ad esempio, di fascismo e nazismo rispetto ai movimenti che hanno contrastato.Questo e' chiaro nel caso del fasismo fin dall'origine della carriera politica di Mussolini nel partito socialista, dalla sua retorica populista e da quella oscenita' che fu lo stato corporativo. Il movimento del biennio rosso fu tanto potente da spostarei termini della politicadella destra come quelli della sinistra. Il fascismo nonci sarebbe stato senza queste premesse. Appartiene all'ordine delle conseguenze di tai premesse. Tutto cio' mi sembra semplice e chiaro come la luce del sole. Ed e' per questo che mi trovo a disagio quando qualcuno dice che i movimenti perdono (o vincono se e' per questo, e l'uso di tale espressione nel mio precedente contributo era chiaramente paradossale). In altri termini, mi pare un atteggiamento disfattista che riflette una sotanziale incapacita' di pensare in senso materialista e radicale. Invece di lavore politicamente su un sentimento diffuso come il rifiuto dei fini e dei metodi della guerra in Iraq, sentimento che il movimento ha dimostrato essere inequivocabilmente maggioritario nelle societa' occidentali (gli USA a parte, ma questo e' ancora da vedersi caro uncerto, perche' la guerra, come lo stesso bush ha ammesso, e' lontana dalla sua conclusione -- ricordi il vietnam e cio' ne segui' ?), certi danno tutto per finito, anzi sconfitto, distruggendo con cio' le basi di una possibile politica alternativa. Quanto al resto del tuo contributo mi sembra confuso e massimalista. E' ben verso che esiste una segmentazione verticale ed orizzontale dello spazio politico-istituzionale. Di fronte a questa segmentazione mi sembra che la risposta adeguata venga dal movimento no-global di Seattle-Genova. Lavorare all'interno di questa segmentazione portando in luce a livello locale gli effetti delle globalizzazione capitalistica, quindi organizzare in rete le soggettivita' locali nel rispetto delle loro autonomia politico-culturali e dei loro interessi oggettivi. Il punto della politica radicale e' qui' quello di cercare punti di convergenza e sinergie, e di esprimere su questa base una piattaforma globale. Assumere invece, come mi pare tu faccia, il punto di vista di uno spazio completamente linearizzato, significa fornire alla reazione le armi di sempre, quelle della divisione e dell'esclusione. Se mi sbaglio, fammi capire perche'. v uncerto [EMAIL PROTECTED] wrote: Il Tue, 26 Aug 2003 13:59:58 -0700 (PDT)vittorio marchi <[EMAIL PROTECTED]>ha scritto: I movimenti possono essere progressivi o regressivi. Essi vincono sempre, semplicemente perche_ spostano i riferimenti e pro-ducono nuova identita'. I movimenti cosi_ come le rivoluzioni sono linee di fuga ricombinanti dove le vecchie distinzioni vengono sovvertite e le identita' vengono scomposte e riaggregate in una nuova prospettiva. Essi sono eventi che fanno differenza e definiscono nuove basi del discorso politico. Sta alla poltica saper leggere ed interpretare la proiezione di tendenza che essi pro-ducono.Scusami, ma non mi pare un'affermazione politica, ma meta-politica. Inche senso vincono SEMPRE? Anche la controrivoluzione è un
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
ma si, facciamoci pure un panino al prosciutto e du' spaghetti al sugo. Sugo ricco mi ci ficco. I movimenti possono essere progressivi o regressivi. Essi vincono sempre, semplicemente perche spostano i riferimenti e pro-ducono nuova identita'. I movimenti cosi come le rivoluzioni sono linee di fuga ricombinanti dove le vecchie distinzioni vengono sovvertite e le identita' vengono scomposte e riaggregate in una nuova prospettiva. Essi sono eventi che fanno differenza e definiscono nuove basi del discorso politico. Sta alla poltica saper leggere ed interpretare la proiezione di tendenza che essi pro-ducono. I movimenti sono un dato di realta', la critica (dialettica) un fatto della ragione politica. I movimenti esprimono un disagio o un desiderio, non fanno politica. Ed e' piuttosto vero lopposto, e cioe che la politica si fa sulla testa dei movimenti. E la politica puo vincere e perdere. La critica (dialettica) pertanto si applica alla politica, ai movimenti lanalisi della loro natura e forma. Scambiare I due ruoli significa voler portare la storia inietro e fare il gioco della reazione. Burke, ad esempio, faceva la critica della rivoluzione francese. E Burke lavorava per la reazione. Io sento e capisco la frustrazione di lx di fronte a questi argomentimcsilvan [EMAIL PROTECTED] wrote: Non ci crederete, ma è da due mesi che 'sta roba dell'identità europeami tormenta.-personalmente mi sento tormentato dal non sapere in quale serie Bgiocheremo a pochi giorni dall'inizio ufficiale del campionato ..poispero che acquistiamo un centrale dal Brescia e che riapra un pasticcereche conosco per spararmi un maritozzo come si deve. Sono decisamentecorrotto, mi perdoni :-))) ?Prima di liquidare il suddetto trio, teniamo bene a mente una cosa.Quegli interventi postulano il 15 febbraio come data di nascita dellasocietà civile europea -non mi sembra gran cosa aggiungere un errore teorico sopra un altro. Ilprimo è l'uso del concetto di società civile dalla quale francamente noncapisco dove se ne ricavi non dico il primato ma pure l'esistenza. Ilsecondo, tacendo sul fake dell'identità europea, è quello del 15febbraio come data costitutiva di chissàcchè. Nel migliore, ma propriomigliore, dei casi se acquista una parvenza di materializzazione è unaidentità costruita su una sconfitta clamorosa di fronte alla guerra(basti dire che gli irakeni resistono mentre la società civile europea èsottol'ombrellone). E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle deiserbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità dinutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il chepuò andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò meno perun pensiero politicoIl loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti. Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morsoInsomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci sitrova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo-un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su Indy di ieridi ritorno dalle feriehttp://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.phpE poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfasull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressioneche tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc.Allora risponde e si sprecano thread interessantiSalutone one oneMcsPs. Giulio ho visto che ti sei iscritto. Fatti vedè: dal due settembresono tre volte a settimana a Pisa e due a Firenze, vai che ci siribecca. Ciao !---Outgoing mail is certified Virus Free.Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com).Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism Do you Yahoo!? Yahoo! SiteBuilder - Free, easy-to-use web site design software
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle dei serbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità di nutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il che può andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò meno per un pensiero politico Questa è una panzana grossa come una casa. Certo che abbiamo perso, ma non siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto e che solo la pallosissima pedata, un po' di surrealismo e i maritozzi ti stanno tenendo a galla? Il loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti. Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morso Niente ciappi per te, allora;) Insomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci si trova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo -un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su Indy di ieri di ritorno dalle ferie http://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.php America è per me: alternative comix, garage punk, wobblies, libertarismo, soul food, ragazze ebree. Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano proprio altri tempi, quando gli States erano una forza progressiva nella storia dell'umanità. Da Reagan in poi, cercano di esportare darwinismo sociale e distruzione ecologica, non partecipazione democratica di massa. Comunque la red army che ti può venire a salvare esiste ancora: si chiama PLA, People's Liberation Army, sta in Cina ed è l'unica che potrà forse un giorno fare il culo allo Zio Sam. Per il resto che su indy si debba intervenire sull'antiamericanismo becero di parte del movimento, si commenta da solo. E poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfa sull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressione che tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc. Allora risponde e si sprecano thread interessanti Be' fintanto che la menate con 'sta favola del comunismo come strategia politica... Per il resto, sono per la libertà di religione. Mi dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse, così come il buddismo tibetano, l'unitarismo protestante okessoio. Dopo il 1989-1991, comunista è colui (è più spesso un lui che una lei) che professa una religione che annuncia la fine del capitalismo sulla terra. Nel frattempo, elaborato il lutto per il ground zero del comunismo storico (sì lo sappiamo, non era quello vero, e comunque almeno teneva il capitalismo a bada) visto che la realtà è riottosa a confermare l'avvento della profezia, si consola col sandinismo, il castrismo, lo zapatismo o qualunque altro movimento di liberazione esibisca un stella rossa e sia passibile di proiezione romantica. Proprio non si può praticare in privato questa come altre fedi? In ogni caso, ti sfido a trovare qualcun@ che oggi in Italia sia davvero comunista... Più ci penso e meno riesco a trovarne. Oppure siete tutti in Toscana e non lo sapevo? Cmq OK, la smetto, se non altro per rispetto dei milioni di morti dell'Armata Rossa che ci hanno salvato da nazismo certo. ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Il Wed, 27 Aug 2003 10:44:07 +0200 Alex Foti [EMAIL PROTECTED] ha scritto: Be' fintanto che la menate con 'sta favola del comunismo come strategia politica... Per il resto, sono per la libertà di religione. Mi dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse, così come il buddismo tibetano, l'unitarismo protestante okessoio. Dopo il 1989-1991, comunista è colui (è più spesso un lui che una lei) che professa una religione che annuncia la fine del capitalismo sulla terra. Nel frattempo, elaborato il lutto per il ground zero del comunismo storico (sì lo sappiamo, non era quello vero, e comunque almeno teneva il capitalismo a bada) visto che la realtà è riottosa a confermare l'avvento della profezia, si consola col sandinismo, il castrismo, lo zapatismo o qualunque altro movimento di liberazione esibisca un stella rossa e sia passibile di proiezione romantica. Proprio non si può praticare in privato questa come altre fedi? In ogni caso, ti sfido a trovare qualcun@ che oggi in Italia sia davvero comunista... Più ci penso e meno riesco a trovarne. Oppure siete tutti in Toscana e non lo sapevo? Cmq OK, la smetto, se non altro per rispetto dei milioni di morti dell'Armata Rossa che ci hanno salvato da nazismo certo. ..molto pacatamente, e senza polemica alcuna, volevo consigliarti di leggere la prima parte della 'Questione ebraica' di Karl Marx. Fallo un pò come ti guardi Pazienza, ascolti Lou Reed, leggi Platone, vedi Bellocchio. Così, come uno di cui non sai nulla. Che parla di religione e analizza proprio la maniera come ne parli tu (anche se quello che dici sia riferito alla religione 'comunismo') Sarebe come guardarti allo specchio, ma davvero, e scoprire che un pò di quel liberismo di cui tu parli, a livello profondo, ognuno di noi l'ha ormai assunto, anche solo sul piano dei modi di dire Emilio ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Certo che abbiamo perso, ma non siamo ancora stati sconfitti. Oppure stai dicendo che ti dai per vinto ti sto dicendo che sono poco convinto del potere costituente dei movimenti. Più ci penso e più credo proprio che si tratti di una contraddizione in termini: il potere costituente appartiene ai fattori omeostatici di una società, anzi è un fattore omeostatico primario. I movimenti sono un fattore dinamico, che muta -senza garanzia stabile di cambiamento- i termini dell'omeostasi sociale ma non sono un fattore omeostatico. Pensa che il concetto di società civile Aristotele, Hobbes, Rousseau, Kant Hegel, Gramsci per fermarsi ai superclassici è -nelle differenti coniugazioni- è un concetto omeostatico o propedeutico all'omestasi. Marx arriva al punto di definire la società civile come talmente autoregolata che lo stato le si presenta come mera sovrastruttura (è un errore di Marx marxianamente confutabile secondo me ma questa è un'altra storia). Ora pensare che i movimenti -che sfuggono e confliggono per definizione all'omeostasi e ai processi sociali di regolazione- siano anche potere costituente è -a mio avviso- non aver chiaro come funzionano le nostre società. Quanto all'americanismo di Gramsci, quelli erano proprio altri tempi -erano altri tempi quelli di Americanismo e fordismo non quelli di americanismo e postfordismo. Tant'è che la forte mobilità di grandi masse di popolazione all'interno e verso gli Us, capitalisticamente regolata, è una caratteristica del postfordismo americano. Merito gramsciano sta nell'aver isolato il fenomeno storico dell'americanismo e di averci fornito gli strumenti per collocarlo oltre il fordismo. Mi dispiacerebbe che il comunismo si estinguesse -dispiacere che ti verrà facilmente risparmiato :-P saluti mca --- Outgoing mail is certified Virus Free. Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com). Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003 ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
RE: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Non ci crederete, ma è da due mesi che 'sta roba dell'identità europea mi tormenta. -personalmente mi sento tormentato dal non sapere in quale serie B giocheremo a pochi giorni dall'inizio ufficiale del campionato ..poi spero che acquistiamo un centrale dal Brescia e che riapra un pasticcere che conosco per spararmi un maritozzo come si deve. Sono decisamente corrotto, mi perdoni :-))) ? Prima di liquidare il suddetto trio, teniamo bene a mente una cosa. Quegli interventi postulano il 15 febbraio come data di nascita della società civile europea -non mi sembra gran cosa aggiungere un errore teorico sopra un altro. Il primo è l'uso del concetto di società civile dalla quale francamente non capisco dove se ne ricavi non dico il primato ma pure l'esistenza. Il secondo, tacendo sul fake dell'identità europea, è quello del 15 febbraio come data costitutiva di chissàcchè. Nel migliore, ma proprio migliore, dei casi se acquista una parvenza di materializzazione è una identità costruita su una sconfitta clamorosa di fronte alla guerra (basti dire che gli irakeni resistono mentre la società civile europea è sotto l'ombrellone). E le indentità costruite sulla sconfitta, come quelle dei serbi sulla battaglia del Kosovo del 1389, hanno la necessità di nutrirsi di continue immissioni di mitologie per stare a galla. Il che può andar bene per alimentare la schiera dei creduloni un pò meno per un pensiero politico Il loro manifesto è una mano tesa nei nostri confronti. Alla quale credo sia cosa buona e giusta rispondere con un bel morso Insomma Alex visto che sei un simpatico guaglione ma proprio non ci si trova mai d'accordo ti posto una cosa sulla necessità dell'americanismo -un tipico inno all'ìdentità europea ne converrai :-) - su Indy di ieri di ritorno dalle ferie http://www.italy.indymedia.org/news/2003/08/358471.php E poi ti chiedo un favore: non attaccà tutte le volte la solfa sull'identità comunista resistenziale e arroccata. Uno ha l'impressione che tu pensi che i comunisti coincidono con il PMLI, Voce Peraia etc. Allora risponde e si sprecano thread interessanti Salutone one one Mcs Ps. Giulio ho visto che ti sei iscritto. Fatti vedè: dal due settembre sono tre volte a settimana a Pisa e due a Firenze, vai che ci si ribecca. Ciao ! --- Outgoing mail is certified Virus Free. Checked by AVG anti-virus system (http://www.grisoft.com). Version: 6.0.512 / Virus Database: 309 - Release Date: 19/08/2003 ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Giulio, grazie delle precisazioni. Ed è giusto dire che il counterbalancing ha a che fare prima facie con la politica degli stati che non con il potere delle identità. Lo dico anch'io che il progetto europeo è finora stato top-down. Ma Vittorio ha ben mostrato che non tutto di esso è da gettare al vento. Oggi la costruzione comunitaria sta impantanandosi forse irrimediabilmente nelle sabbie mobili delle sue contraddizioni: prime fra tutti il deficit democratico e la relazione atlantica, per non parlare del tolemaismo monetarista che rischia di stritolarci tutti e di dare nuovo fiato alle destre. Che facciamo? F15 ha espresso un'identità europea, composita, magmatica, spuria, che va dalla sinistra sociale all'ambientalismo riformista, dall'attivismo cattolico al transgenderismo laico, ma che appartiene potenzialmente a tutte e tutti coloro che vivono o decidono di venire a vivere in questa ex penisola dell'Asia. Tanto per essere più espliciti: riforma di Schengen e affossamento della polizia antimmigrazione europea, cittadinanza europea per chiunque nasca sul suolo dell'Unione e diritto di voto per chiunque vi sia residente, estensione del diritto d'asilo e abolizione di centri di detenzione e misure di deportazione; sono tutte rivendicazioni centrali per costruire un'identità europea che osteggi il nazionalitarismo xenofobo in agguato e si opponga all'identità cosmoliberista espressa dalle élite europee, ma che sia in grado di discernere e salvaguardare ciò che oggi della costruzione europea è foriero di sviluppi progressivi. E' una sfida immane, ma forse preferisci la stolida reiterazione di simboli e parole d'ordine consunti che solo il massimalismo ideologico riesce ad ammantare di più alta radicalità (per inciso: com'è che la situazione è peggiorata in italya e in europa nonostante la crescita del movimento?). At 18.29 23/08/03 +0200, you wrote: tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto. Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione, scambio, articolazione (non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione fra due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da due identita'. Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'. Una precisazione. Non ho scrtto contro le identita' tout court e non credo di essermi contraddetto esibendo unidentita' comunista. Quando ho scritto unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto, in effetti ha ragione VM, l'affermazione dove essere completata: questo conflitto non e' di per se' male, perche' apre la possbilita' del cambiamento. Nel mio intervento, il problema non era il concetto di identita' in se' , a meno che questa non sia intesa in termini culturalistici, organicisti o naturalistici. L'identita' non e' qualcosa di gia' dato, ma e' possibilita' della differenza, qiundi anche possibilita' del conflitto - non necessariamente buono: dipende da quali identita' e differenze sono in gioco. E' a parire dalle identita' che si pongono le differenze, e' a partire dall'esperienza di una differenza che si coagulano identita'. Invece, il problema del bilanciamento (fra politiche internazionali, interessi economici, principi etici o giuridici) e' sempre quello rawlsiano e habermasiano della mediazione e del consenso: come dice Alex, si tratta di creare una ipotesi credibile di futuro. Ma e' di questo che parliamo quando diciamo identita' europea? Si tratta di un'identita' che nasce dal conflitto, per produrre conflitto e cambiamento? O si tratta di un'identita' che gia' riassume in se' e bilancia le differenze, per essere unita' delle differenze - unita' nella diversita', secondo il suo slogan? A me sembra assurdo, pateticamente consolatorio, dire che questo discorso sull'identita' europea nasca dai movimenti sociali, che se mai sono internazionalisti o globali e ora in certi suoi settori recepeiscono passivamente questo discorso. Certo l'integrazione europea nasce anche dai movimenti sociali, per rispondere alle sfide che sollevano (ad es., la sfida sollevata negli anni '50 dal movimento operaio, la sfida sollevata oggi dai movimenti antiliberisti o anticapitalistici), ma il discorso sull'identita' europea no. Questo discorso si sviluppa soprattutto a partire dagli anni 80 e dopo Maastricht, ed e' un modo in cui le istituzioni europee (sovranazionali e intergovernative, non importa: sia la Commissione, sia il Consiglio) tentano di rispondere alla questione del deficit democratico, aggirandola. Il discorso sull'identita' europea nasce dall'alto, non nasce dal conflitto, ma dalla ricerca del consenso. Quando si parla di biopotere ci si riferisce anche a questa
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Si pero' devo dire che non capisco perche' il movimento, per lo meno da quel che vedo su rekombinant, non si occupi di questi temi.Ci si confronta con i massimi sistemi, le grandi prospettive e ci si dimentica cio' che si ha in casa.Ho sentito parlare da piu' parti dell'Europa comunitaria come di un fallimento. Etuttaviacome non meravigliarsi della incredibile complessita' di questo composito mosaico di culture e tradizioni, della loro capacita' di venire assieme e sviluppare dialogo.Anche solo il diritto di muoversi da paese a paese, studiaree lavoraredove meglio si crede sono beni di valore immenso che e' difficile contestare e che hanno significato universale nell'era della globalizzazione. E poi non dobbiamo forse ringraziare l'europa se berlusconie' stato arginato e si e' infine rivelato come un leader debole ? Forse non ti ricordi caro sbancor che rimbaud scriveva nell'800, a cavallo della guerra franco tedesca ? Voglia mo starcene ai margini, semplici spettatori, lasciando che governi prigionieri degli interessi forti facciano di questa architettura una architettura dello sfruttamento e della miseria ? E poi le farfalle a maggio stanno meglio che a settembre. Sbancor Parvus [EMAIL PROTECTED] wrote: Non vorrei proprio che avesse ragione Rimbaud:"Se dedidero un'acqua d'Europa, è la pozzangheranera e fredda dove verso il crepuscolo odorosoun fanciullo inginocchiato e pieno di ristezza, lasciaun fragile battello come una farfalla di maggio"" Le Bateau ivre"From: rossana <[EMAIL PROTECTED]>Reply-To: [EMAIL PROTECTED]To: [EMAIL PROTECTED]Subject: Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-RortyDate: Thu, 21 Aug 2003 20:52:18 +0200mi rifacevo al patto che trovate quihttp://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102e che piace a Gran Bretagna e Spagnaciao___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism_Protect your PC - get McAfee.com VirusScan Online http://clinic.mcafee.com/clinic/ibuy/campaign.asp?cid=3963___http://rekombinant.orghttp://rekombinant.org/media-activism Do you Yahoo!? Yahoo! SiteBuilder - Free, easy-to-use web site design software
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto. Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione, scambio, articolazione (non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione fra due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da due identita'. Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'. Una precisazione. Non ho scrtto contro le identita' tout court e non credo di essermi contraddetto esibendo unidentita' comunista. Quando ho scritto unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto, in effetti ha ragione VM, l'affermazione dove essere completata: questo conflitto non e' di per se' male, perche' apre la possbilita' del cambiamento. Nel mio intervento, il problema non era il concetto di identita' in se' , a meno che questa non sia intesa in termini culturalistici, organicisti o naturalistici. L'identita' non e' qualcosa di gia' dato, ma e' possibilita' della differenza, qiundi anche possibilita' del conflitto - non necessariamente buono: dipende da quali identita' e differenze sono in gioco. E' a parire dalle identita' che si pongono le differenze, e' a partire dall'esperienza di una differenza che si coagulano identita'. Invece, il problema del bilanciamento (fra politiche internazionali, interessi economici, principi etici o giuridici) e' sempre quello rawlsiano e habermasiano della mediazione e del consenso: come dice Alex, si tratta di creare una ipotesi credibile di futuro. Ma e' di questo che parliamo quando diciamo identita' europea? Si tratta di un'identita' che nasce dal conflitto, per produrre conflitto e cambiamento? O si tratta di un'identita' che gia' riassume in se' e bilancia le differenze, per essere unita' delle differenze - unita' nella diversita', secondo il suo slogan? A me sembra assurdo, pateticamente consolatorio, dire che questo discorso sull'identita' europea nasca dai movimenti sociali, che se mai sono internazionalisti o globali e ora in certi suoi settori recepeiscono passivamente questo discorso. Certo l'integrazione europea nasce anche dai movimenti sociali, per rispondere alle sfide che sollevano (ad es., la sfida sollevata negli anni '50 dal movimento operaio, la sfida sollevata oggi dai movimenti antiliberisti o anticapitalistici), ma il discorso sull'identita' europea no. Questo discorso si sviluppa soprattutto a partire dagli anni 80 e dopo Maastricht, ed e' un modo in cui le istituzioni europee (sovranazionali e intergovernative, non importa: sia la Commissione, sia il Consiglio) tentano di rispondere alla questione del deficit democratico, aggirandola. Il discorso sull'identita' europea nasce dall'alto, non nasce dal conflitto, ma dalla ricerca del consenso. Quando si parla di biopotere ci si riferisce anche a questa costruzione di identita' disciplinate e funzionali al loro governo. L'Unione cerca legittimazione politica e la trova in una impolitica identita' europea o in una pangiuridica cittadinanza europea. Dovremmo prestare orecchio e rimasticare questo discorso? La paura di non prestare il nostro contributo costrttivo al nuovo potere europeo deve farci accettare qualsiasi sciocchezza? Io non riesco ad immaginare nessun discorso produttivo in termini politici che assuma a premessa o a conclusione l'identita' europea - se non altro, perche' necessariamente esclude coloro che, non essendo e non volendo essere europei, vivono in Europa o muoiono sulla soglia dellEuropa. ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Non vorrei proprio che avesse ragione Rimbaud: Se dedidero un'acqua d'Europa, è la pozzanghera nera e fredda dove verso il crepuscolo odoroso un fanciullo inginocchiato e pieno di ristezza, lascia un fragile battello come una farfalla di maggio Le Bateau ivre From: rossana [EMAIL PROTECTED] Reply-To: [EMAIL PROTECTED] To: [EMAIL PROTECTED] Subject: Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty Date: Thu, 21 Aug 2003 20:52:18 +0200 mi rifacevo al patto che trovate qui http://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102 e che piace a Gran Bretagna e Spagna ciao ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism _ Protect your PC - get McAfee.com VirusScan Online http://clinic.mcafee.com/clinic/ibuy/campaign.asp?cid=3963 ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Io credo che il movimento non avrà mai la possibilità di incidere sullo stato delle cose presente se non sviluppa un'identità progettuale che possa allargare la partecipazione sociale al movimento in vista di una trasformazione democratica dell'Unione e quindi nel lungo periodo del pianeta (proprio perché siamo nazionalisti, genocidi, coloniali nel bastardo dell'animo, abbiamo sviluppato istituzioni pacifiche e relativamente rispettose dei diritti individuali, sociali, ambientali in misura maggiore che su ogni altra regione del pianeta). Il potere costituente in Europa negli anni 90 lo detenevano i tecnocrati, l'hanno perso a favore degli stati-nazione, anche a causa dell'incapacità di far fronte ai movimenti tettonici della politica globale (in questo ti do ragione). Ci avviciniamo al vuoto costituente, con grande piacere dei neoliberisti che hanno già portato a casa l'euromercato. Il movimento del 15 febbraio si trova di fronte a un carapace europeo esangue: può definitivamente schiacciarlo, facendo un gran favore alla sopravvivenza dello stato-nazione e ai giochi della politica USA, oppure può rianimarlo e riorientarlo in un senso progressista e libertario, globalista e solidale, abbattendo le barriere della xenofobia, che rischiano di diventare, quelle sì, parte integrante di un'identità europea resistenziale intesa come fortezza che si oppone al sud del mondo. Buttare cinquant'anni di sviluppo istituzionale al vento, vuol dire solo riprendere la classica tradizione comunista di ostilità al progetto comunitario, che secondo me è stato uno dei più grandi errori del pensiero critico come dici tu, con espressione un po' sessantottarda. Sono le strategie che trasformano la realtà, non la critica delle strategie, af At 18.26 20/08/03 +0200, you wrote: A proposito di identita europea: trovo un po' inquietante che a sinistra abbiano terreno fertile e siano presi sul serio (se non come segnale di pericolo) questi progetti di creazione di identità tascabili - quasi che non ci fossero oggi abbastanza identita in giro -, progetti di eugenetica istituzionale o di biopolitica per costituzionalisti. Mi sembra assurdo che il pensiero critico aderisca ad unequazione cosi ridicola che nemmeno i funzionari della Commissione hanno il coraggio di formulare chiaramente: esigenza di un ruolo politico internazionale per lEuropa - esigenza di democrazia in Europa - esigenza di sentimenti di appartenenza identitaria e fedeltà al nuovo livello di governo. E chiaro che una questione sono i contenuti dellazione politica europea, i conflitti sociali e le prassi politiche che costituiscono un governo democratico, e anche, perche no?, i meccanismi giuridici formali che tale governo dovrebbero garantire. Una questione del tutto diversa sono i sentimenti di fedeltà a questo dispositivo costituzionale, di identità/alterità entro questa realtà geopolitica. Non è sentendoci meno americani, diversi dagli americani, che contrastiamo il bushismo. Unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto: ma e' comunque un conflitto impolitico, perche' gia' naturalizzato in termini di conflitto fra identita'. Forse puo' dirisi che e' una politica internazionale, non un'identita', che puo bilanciare l'unilateralismo egemonico americano. Ma anche ragionando cosi, si fa geopolitica e si capisce poco: questa geopolitica sfocia, poi, nel folklorismo, quando parla il lessico identiario. Piuttosto, invece di tracciare immaginarie distinzioni identitarie nelle sabbie mobili del costituzionalismo contemporaneo, per una politica radicale si tratta di riconoscere problemi e pericoli comuni, elaborare prassi politiche comuni (comuniste), di contrasto defezione resistenza, cosa che ovviamente è impedita da unidentita presupposta (tanto siamo diversi ), da un sentimento di specificita culturale, da un culturalismo eurocentirco (nel progetto europeo ne andrebbero dei destini non solo dellEuropa, ma dellumanita intera e andiamo, dobbiamo riproporre una missione civilizzatrice dellEuropa per il governo del mondo? Ma se questa Europa non guarda oltre il suo ombelico e si alambicca con i problemi della propria identita, specificita, unità nella diversita, ecc.). E paradossale lidea che questo progetto di costruzione di unidentita europea in vitro (si, mi sento europeo e sono orgoglioso di essere europeo, evidentemente ce una tradizione comune fra, chesso, svedesi e greci, che li distingue da canadesi e turchi ), un progetto che non teme il grottesco ma e' efficace e gia si articola in una pluralita di iniziative istituzionali (un inno europeo, una bandiera europea, una costituzione per lEuropa, ecc.), debba trovare la solidarieta del pensiero radicale. E un paradosso, in realta e' la conseguenza di una impasse politica,
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
Sara che mi sono rovinato il cervello passando anni della mia vita sulla logica di Hegel, ma per me identita e una categoria che appartiene alla sfera della riflessione e non dellessere, una determinazione che assume e risolve in se la differenza, meglio il differire. Lidentita culturale e un differire in se, un processo di reinvenzione creativa del proprio essere nel tempo e nello spazio (lo spazio infatti e depositario del senso dellorigine) e non un dato o una determiazione dessere che non si puo trascendere. Anzi .. proprio lessere, il dato valgono nel sistema delle relazioni riflessive identitarie solo come un posto, un essere tolto. Per cui nellessere identitico a se il soggetto, singolare o plurale che sia, differisce in se da se stesso e pone se stesso o lunita con se come un limite, un altro da se lunita con il quale e un compito ed il risultato di un processo. Da cui anche risulta chiaro come la categoria riflessiva di identita sia una categoria chiave della relazione sociale. Nella prospettiva dellidentita il se e laltro da se sono risolti una relazione dialettica in cui lessere altro e integrato e posto come medio della relazione riflessiva di se con se stesso. Ed e cosi in effetti che le culture e gli individui si definiscono le une rispetto alle altre. Giacche esse cosi come questi certo non sorgono in splendido isolamento ma nel tessuto delle relazioni e degli scambi che le uniscono. Pertanto io sono profondamente in disaccordo con l' affermazione che "unidentita non controbilancia unaltra, se mai entrano in conflitto". Poiche' in effetti vale l'opposto, che comunicazione,scambio, articolazione(non bilanciamneto pocihe' non si tratta della relazione fra due misure, due pesi, due cose) non e' possibile se non a partire da due identita'. Dunque, non bisogna avere paura del concetto di identita'. L'identita' e' infatti processo, architettura della comunicazione e del dualogo.Se questa catgoria e' usata dalla destra, dai paranoici e dagli xenofobi io dico: appropriamoci di questa categoria, occupiamo questo spazio, rovesciamola controcoloro che la hanno promossa ed usata per articolare il discorso della destra ! Diamo spazio e voce alle identita' minoritarie, siano esse le comunita' indigene dell'amazonia o le comunita' alternative della metropoli. Sviluppiamo l'architettura politica della loro convergenza. Certamente questo non e' possibile sulla base della determinazione soltanto formale, come dire trascendentale, della categoria. Nella sua determinazione concreta essa risponde alle pratiche biopolitiche, alla capacita' di aggregazione di un progetto politico-culturale che sorge dai movimenti sociali edalconflitto che sanno articolare. Le lotte esprimono, pro-ducono identita'. Esse dipendono dal saper nominare questa identita', dargli un volto ed una faccia. Bah, questi i miei 2 soldi .. vt tu esprimi un'identità resistenziale grande come una casa: l'identità comunista, oggi ridotta alla costante critica di ogni possibilità presente, avendo perso ogni ipotesi credibile di futuro. Io credo che il movimento non avrà mai la possibilità di incidere sullo stato delle cose presente se non sviluppa un'identità progettuale che possa allargare la partecipazione sociale al movimento in vista di una trasformazione democratica dell'Unione e quindi nel lungo periodo del pianeta (proprio perché siamo nazionalisti, genocidi, coloniali nel bastardo dell'animo, abbiamo sviluppato istituzioni pacifiche e relativamente rispettose dei diritti individuali, sociali, ambientali in misura maggiore che su ogni altra regione del pianeta). Il potere costituente in Europa negli anni 90 lo detenevano i tecnocrati, l'hanno perso a favore degli stati-nazione, anche a causa dell'incapacità di far fronte ai movimenti tettonici della politica globale (in questo ti do ragione). Ci avviciniamo al vuoto costituente, con grande piacere dei neoliberisti che hanno già portato a casa l'euromercato. Il movimento del 15 febbraio si trova di fronte a un carapace europeo esangue: può definitivamente schiacciarlo, facendo un gran favore alla sopravvivenza dello stato-nazione e ai giochi della politica USA, oppure può rianimarlo e riorientarlo in un senso progressista e libertario, globalista e solidale, abbattendo le barriere della xenofobia, che rischiano di diventare, quelle sì, parte integrante di un'identità europea resistenziale intesa come fortezza che si oppone al sud del mondo. Buttare cinquant'anni di sviluppo istituzionale al vento, vuol dire solo riprendere la classica tradizione comunista di ostilità al progetto comunitario, che secondo me è stato uno dei più grandi errori del "pensiero critico" come dici tu, con espressione un po' sessantottarda. Sono le strategie che trasformano la realtà, non la critica delle strategie, af At 18.26 20/08/03 +0200, you wrote: A proposito di identita europea: trovo un po' inquietante che a sinistra abbiano terreno fertile e siano presi sul
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
domanda: di quale Europa state parlando? Quella di Francia e Germania che vogliono rivedere il patto di stabilità europeo? Quella che le ha viste entrambe festeggiare il patto firmato da Adenhauer e De Gaulle e che piace anche a Francia e Spagna? Quella della Francia che abbraccia (lei) l'indirizzo dato da Primakov? E con l'allargamento ad Est, di quale Europa parliamo? ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism
Re: [RK] Europa minore: non disdegnamo Habermas-Derrida-Rorty
mi rifacevo al patto che trovate qui http://www.grrg.it/xgrrg/articolo.php?Id=102 e che piace a Gran Bretagna e Spagna ciao ___ http://rekombinant.org http://rekombinant.org/media-activism